Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 25-02-2011) 26-05-2011, n. 21013 Reato continuato e concorso formale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

F.L. ha proposto ricorso per cassazione avverso l’ordinanza in data 13 settembre 2010 del Tribunale di Milano – Sezione feriale in funzione di giudice del riesame- con la quale è stata confermata l’ordinanza di custodia cautelare in carcere in data 7 luglio 2010 del G.I.P. del Tribunale di Milano in relazione al reato di cui agli artt. 110 e 81 cpv. c.p. e D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 1.

A sostegno dell’impugnazione il ricorrente ha dedotto:

a) Violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e) in relazione agli art. 309, 292 e 274 c.p.p..

La difesa contesta la nullità dell’ordinanza per la mancata contestazione dell’aggravante di cui al D.L. n. 152 del 1991, art. 7, circostanza che non avrebbe consentito di adottare la misura cautelare della custodia in carcere senza un approfondito vaglio in ordine alla sua opportunità, anche in considerazione del tempo trascorso rispetto alla commissione dei reati;

b) Violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e); manifesta contraddittorietà ed illogicità della motivazione.

Secondo il ricorrente il tribunale del riesame non avrebbe adeguatamente valutato l’incidenza dell’assenza dall’Italia dal 24 dicembre 2006, in ordine alla riferibilità allo stesso delle conversazioni captate, che peraltro sarebbero contraddittorie e non dimostrerebbero il coinvolgimento nel reato contestato. In ogni caso non sarebbero stati dimostrati i legami con altri esponenti di associazioni criminali. Viene contestato altresì il giudizio relativo alla sussistenza del pericolo di fuga, l’assenza dall’Italia per sfuggire al provvedimento restrittivo e la ritenuta inattendibilità dell’assenza del L.F. dall’Italia in relazione alla dedotta necessità di assistenza della madre, residente in (OMISSIS).

Il ricorso è infondato.

Le censure sono prive di fondamento in quanto il Tribunale del riesame da conto in maniera esaustiva degli elementi probatori, testimoniali e documentali da cui desumere la gravità indiziaria delle accuse contestate.

Non vengono sostanzialmente sollevate censure se non relative ad elementi di fatto, tese a contestare l’esistenza del coinvolgimento del ricorrente nei reati contestati; la versione alternativa fornita non può trovare ingresso in questa sede in quanto il ragionamento dei giudici del riesame fa riferimento ad elementi oggettivi, riconosciuti dallo stesso gip con riferimento alla gravità degli indizi di colpevolezza, (il chiaro contenuto delle intercettazioni ambientali relativo a cessioni di consistenti quantità di sostanza stupefacente, il rapporto stretto con altro personaggio di notevole spessore criminale, il M., l’entità delle somme da ricevere in contropartita, si parla di almeno Euro 40.000, l’esatta individuazione della data e del luogo degli incontri, oggetto di diretta osservazione da parte delle forze dell’ordine).

Sotto quest’ultimo profilo il ragionamento del Tribunale del riesame appare esente da censure logico giuridiche, proprio perchè valorizza una analisi saldamente ancorata allo svolgimento dei fatti in esame, in relazione ad una attività investigativa che si inserisce all’interno di una indagine di più ampio spettro.

Il ricorrente lamenta poi la sottovalutazione dell’oggettiva situazione da cui desumere una diversa valutazione del suo coinvolgimento nella fattispecie criminosa. La qualità degli indizi non avrebbe giustificato l’adozione della misura della custodia cautelare in carcere e in ogni caso non sarebbe stata correttamente contestata l’aggravante ex D.L. n. 152 del 1991, art. 7. Anche in questo caso la censura è infondata e il ragionamento del Tribunale del riesame appare esente da censure logico giuridiche, proprio perchè valorizza un’analisi altamente probabilistica, saldamente ancorata allo svolgimento dei fatti in esame. La scelta della misura è spiegata dunque in modo coerente e valutata con un esatto criterio di bilanciamento tra le esigenze di prevenzione e la qualità del soggetto destinatario della medesima, quale emerge dai suoi comportamenti, anche successivi, pure oggetto di indagini penali e dalla gravità dei fatti (traffico di rilevanti quantità di sostanza stupefacente con profili internazionali); nessuna rilevanza, rispetto alle suddette valutazioni, ha la circostanza relativa alla dedotta trasferta in Albania nel periodo natalizio a cavallo tra il 2006 e il 2007. In realtà le intercettazioni da cui si ricava la già avvenuta commissione del reato sono di epoca antecedente, mentre è rimasta priva di assoluto fondamento giustificativo, rispetto all’ipotesi accusatoria formulata, il trasferimento suindicato e le ragioni che, a detta della difesa, impedirebbero il suo rientro in Italia.

Peraltro la circostanza oggettiva è quella relativa allo stato di latitanza successivo alla emissione del provvedimento di custodia cautelare, di cui il ricorrente è perfettamente a conoscenza, secondo il tribunale del riesame, circostanza che correttamente, insieme agli altri elementi, è stata posta a base del ritenuto concreto pericolo di fuga del L.F., anche in considerazione della pericolosità sociale dimostrata, in ragione del coinvolgimento in altre inchieste, circostanze che implicitamente rappresentano una concreta valutazione prognostica negativa, pur in assenza della mancata contestazione formale dell’aggravante del nesso teleologico con l’associazione mafiosa configurata nel provvedimento principale.

Alla luce delle suesposte considerazioni il ricorso deve essere rigettato e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali. Si provveda a norma dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Si provveda a norma dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

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