Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 23-02-2011) 26-05-2011, n. 21058 Associazione per delinquere

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ordinanza in data 29 novembre 2010 il Tribunale del riesame di Bologna, confermando il provvedimento del locale giudice per le indagini preliminari, ha disposto che L.P. rimanesse sottoposto alla misura della custodia cautelare in carcere, quale indagato per il delitto di associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti e per due reati-fine.

Il procedimento era nato da un’indagine più ampia, conseguita alle propalazioni del collaboratore di giustizia C.A. S., donde era emersa l’esistenza di un gruppo criminale di origine albanese diretto da L.M., fratello dell’attuale indagato. A riscontro delle dichiarazioni del Cortese il Tribunale ha valorizzato alcune conversazioni telefoniche intercettate, nelle quali è stata riconosciuta la partecipazione di L.P..

Ha aggiunto quel collegio che il cambiamento del nome di battesimo dell’indagato in quello di M. per nulla ha influito sulla sua individuazione, atteso che gli interlocutori gli si rivolgevano chiamandolo col nome P. o riferendosi a lui come al fratello di M.: donde l’irrilevanza dei documenti belgi uniti, come allegato 59, all’informativa dei carabinieri.

Ha proposto ricorso per cassazione l’indagato, per il tramite del difensore, affidandolo a due motivi.

Col primo motivo, articolato in tre censure, il ricorrente eccepisce l’inutilizzabilità dei documenti di provenienza belga, identificati come allegati da 59 a 59 quater negli atti investigativi. Sotto altro profilo rinnova l’eccezione di inutilizzabilità delle intercettazioni telefoniche, siccome effettuate con impianti della Procura della Repubblica di Ferrara, anzichè dell’ufficio procedente, avente sede a Bologna. Contesta, infine, la consistenza indiziaria, denunciando violazione dei criteri di valutazione della prova.

Col secondo motivo il L. deduce carenza motivazionale in ordine alla propria partecipazione all’associazione criminosa, nonchè in ordine all’esistenza stessa di questa.
Motivi della decisione

Il ricorso è privo di fondamento e va disatteso.

Non coglie nel segno la rinnovata eccezione di inutilizzabilità dei documenti di provenienza belga, atteso che il Tribunale del riesame ne ha espressamente escluso la rilevanza, osservando che tali documenti non spiegano alcuna utilità ai fini dell’individuazione di L.P. quale interlocutore nelle telefonate intercettate che lo riguardano; ciò esime, al contempo, dalla sollecitata valutazione circa l’ulteriore rilievo svolto da quel collegio col rimarcare che i risultati dell’indagine esperita dalla polizia belga erano stati legittimamente acquisiti per altra via, e cioè attraverso l’informativa redatta dai carabinieri di Ferrara, pienamente utilizzabile in quanto redatta in lingua italiana.

Per quanto si riferisce all’eccezione di inutiiizzabilità delle conversazioni intercettate, il ricorrente ha precisato di non voler contestare la ritualità delle captazioni sotto il profilo della "remotizzazione" delle operazioni di ascolto: ha infatti chiarito che la denunciata violazione delle norme processuali concerne l’avvenuto impiego di impianti di registrazione localizzati presso la Procura della Repubblica di Ferrara, anzichè presso quella di Bologna; In quest’ultima infatti, il deducente ritiene doversi identificare l’unico organo a ciò legittimato, in quanto titolare del procedimento in corso.

La tesi difensiva non ha fondamento, in quanto contrastata dal principio giurisprudenziale già enunciato da questa Corte Suprema con la sentenza n. 28736 in data 20 aprile 2010, secondo cui "le intercettazioni telefoniche sono utilizzabili anche quando le operazioni di ascolto siano state eseguite presso una Procura della Repubblica diversa da quella che le ha disposte".

Immeritevoli di accoglimento, infine, sono le censure dirette a contrastare il convincimento espresso dal giudice del riesame in ordine alla consistenza del compendio indiziario: sia con riferimento all’esistenza dell’associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti; sia in ordine alla partecipazione organica di L.P. a tale organizzazione; sia, infine, quanto ai reati satelliti a lui contestati.

L’ordinanza impugnata da conto dell’esito degli atti investigativi, valorizzando innanzi tutto le dichiarazioni rese dal collaboratore di giustizia Angelo Salvatore Cortese; da esse è stato possibile apprendere l’esistenza di un gruppo criminale di origine albanese, inseritosi – sotto la guida di L.M., fratello dell’odierno ricorrente – nell’attività di gestione del narcotraffico già in precedenza curato dalla ‘ndrangheta calabrese. Le propalazioni del collaborante hanno poi trovato riscontro – è ancora il giudice del riesame a rilevarlo – nell’esito delle intercettazioni, dalle quali è stato possibile trarre, attraverso una lettura organica e connettiva tra le varie conversazioni, gli elementi indiziari riguardanti l’attività illecita svolta dall’organizzazione criminale oggetto delle indagini. Ancora attraverso la captazione di conversazioni fra i sodali si sono individuate le modalità del contributo prestato da L.P. all’associazione, ora occupandosi delle operazioni di consegna di una partita di droga, ora garantendo con la sua presenza la regolare consegna di una quantitativo di sostanza conforme al pattuito e proporzionato al prezzo stabilito. Dalle stesse fonti indiziarie si è tratta la dimostrazione del particolare grado di considerazione di cui l’odierno ricorrente godeva all’interno del sodalizio, quale uomo di fiducia del fratello L.M., pacificamente riconosciuto come capo.

La linea argomentativa così sviluppata nell’ordinanza fatta segno ad impugnazione risponde pienamente ai canoni della consequenzialità logica ed è conforme ai precetti contenuti nell’art. 192 c.p.p., onde resiste alle critiche mossele dal ricorrente; va aggiunto poi che, nella parte in cui s’indirizza a contestare la capacità dimostrativa degli elementi valorizzati, il gravame propone implicitamente una lettura alternativa del compendio indiziario, non consentita nel giudizio di legittimità.

Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

La cancelleria curerà gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.
P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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