Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 23-02-2011) 26-05-2011, n. 21042 Bancarotta fraudolenta

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza in data 9 gennaio 2009 la Corte d’Appello di Perugia, in ciò confermando la decisione assunta dal Tribunale di Spoleto (invece riformata in altre parti), ha riconosciuto S. S. e P.I.M. responsabili, in concorso fra loro e con l’imputata non ricorrente A.A., del delitto di bancarotta fraudolenta documentale in relazione al fallimento della società Sogea s.r.l., della quale erano stati componenti del consiglio di amministrazione dall’1 aprile 1993 al 31 marzo 1994;

dopo quest’ultima data la loro responsabilità è stata ravvisata per la qualità di amministratori di fatto. Con la stessa sentenza quel collegio ha confermato la responsabilità degli stessi imputati, nonchè di D.F.C. e V.S., per il delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale per avere, in concorso fra loro, distratto la somma di L. 42.685.508 derivante da un saldo cassa non rinvenuto dal curatore. Nell’imputazione relativa a quest’ultimo reato alla D.F. era attribuita la qualità di amministratore unico della società dall’11 gennaio 1993 al 19 aprile 1993 e, in seguito, di componente del consiglio di amministrazione fino al 31 marzo 1994; a carico del V. era valorizzata la qualità di titolare della società Cosedil s.r.l., avente la medesima sede della Cogea, nonchè di coniuge della S. e genero della D. F..

Hanno proposto congiuntamente ricorso la S. e il P. I., per il tramite del comune difensore, affidandolo a due motivi.

Col primo motivo i ricorrenti appuntano le loro critiche sul capo della sentenza che, per un verso, ha ritenuto sussistente già alla data del 31 marzo 1994 l’inidoneità delle scritture contabili a far ricostruire il patrimonio e il movimento degli affari della Sogea s.r.l., sebbene una precedente sentenza del G.I.P. di Spoleto – di non luogo a procedere nei confronti della D.F. per lo stesso reato – avesse affermato l’esatto contrario e sebbene molteplici risultanze istruttorie, che assumono travisate dalla Corte di merito, deponessero anch’esse in senso opposto; per altro verso, aggiungono, ha valorizzato come indice di attività gestoria dei ricorrenti, posteriore al 31 marzo 1994, l’avere ulteriormente operato sul conto corrente della società per il pagamento di partite debitorie, giustificato invece dal fatto che gli stessi deducenti erano personalmente coobbligati quali fideiussori. Denunciano, in particolare, l’assenza di qualsiasi elemento di prova riconducibile al P.I. quale amministratore di fatto; deducono, con richiamo alla documentazione in atti, la totale autonomia e spregiudicatezza della conduzione dell’impresa dopo la loro cessazione dalla carica di amministratori.

Col secondo motivo, tornando al tema riguardante lo stato della società anteriormente al cambio di gestione, i ricorrenti lamentano che il giudice di merito, oltre ad aver travisato il contenuto della perizia espletata in sede di incidente probatorio, abbia ingiustificatamente rifiutato di dar corso a una perizia contabile suppletiva.

Si sono gravati con ricorso congiunto, per il tramite dello stesso difensore, anche gli imputati D.F. e V..

Col primo dei due motivi dedotti i ricorrenti eccepiscono che l’aver ritenuto la loro corresponsabilità per un fatto distrattivo intervenuto dopo la data del 31 marzo 1994, malgrado l’imputazione facesse esclusivo riferimento alla qualità di amministratore rivestita dalla D.F. fino a tale data, ha comportato un vulnus del principio di correlazione fra contestazione e condanna; a maggior ragione nei confronti del V., al quale la responsabilità è stata attribuita malgrado l’imputazione a suo carico avesse riguardo soltanto alla qualità di amministratore di altra società, assertivamente insediata allo stesso indirizzo (circostanza che, fra l’altro, contestano). Negano, comunque, ogni propria responsabilità, evidenziando che alla data del cambio di gestione il saldo cassa era attivo per la somma di L. 2.581.672.

Col secondo motivo, riferito al solo V., si denuncia contraddittorietà fra l’applicazione dell’attenuante del fatto di speciale tenuità e il diniego delle attenuanti generiche; del pari si impugna, siccome ingiustificata, la mancata concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena.

In accoglimento della concorde richiesta del Procuratore Generale in udienza e del difensore degli imputati, va rilevata l’estinzione dei reati per intervenuta prescrizione.

Ed invero, avuto riguardo alla data di consumazione degli illeciti, che secondo costante giurisprudenza si identifica nella dichiarazione di fallimento ((OMISSIS)), risulta essere maturato in data 17 maggio 2010 il termine prescrizionale massimo, della durata di quindici anni in base al disposto degli artt. 157 e 160 c.p. (nel testo, applicabile ratione temporis, anteriore alle modifiche introdotte con L. 5 dicembre 2005, n. 251).

Stante l’insussistenza di cause di inammissibilità dei ricorsi, s’impone dunque l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata per la ragione anzidetta, non sussistendo altri motivi di proscioglimento che possano prevalere su di essa. Infatti, per quanto le risultanze probatorie utilizzate dalla Corte di merito siano oggetto di contestazione da parte degli imputati qui ricorrenti, non può certamente affermarsi l’esistenza di alcuna prova evidente della loro innocenza, richiesta invece per l’applicabilità dell’art. 129 c.p.p., comma 2.

La dedotta inosservanza del principio di correlazione fra contestazione e condanna è recessiva rispetto alla declaratoria della prescrizione, non potendo essa che tendere a un eventuale annullamento con rinvio, non praticabile a fronte dell’obbligo di immediata declaratoria della causa di estinzione del reato. Restano, nel contempo, assorbite le cen-sure sviluppate nel secondo motivo di ricorso dagli imputati D.F. e V., stante la loro attinenza al trattamento sanzionatorio.
P.Q.M.

La Corte annulla l’impugnata sentenza senza rinvio per essere i reati estinti per prescrizione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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