Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 22-02-2011) 26-05-2011, n. 21005

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Gli imputatati nei cui confronti è stato proposto ricorso sono stati prosciolti nei due gradi di merito dal reato di cui all’art. 416 bis per avere partecipato ad una associazione di stampo mafioso analiticamente descritta a pagg. 13 e 14 della sentenza impugnata ed in rubrica, incentrata, attraverso appositi accordi con cosche mafiose locali (dei P., dei M., dei Ca., degli A.) attorno l’attività svolta dal c.f. quale gestore effettivo della Società Case di cura riunite srl, attività concretatasi anche nell’assunzione di svariati personaggi legati ad associazioni malavitose nell’ambito della clinica, pur senza svolgere alcuna attività lavorativa, nell’assumere di fatto il controllo della situazione nelle cliniche gestire dal c. intimorendo la P.A., i sindacati, gli esponenti politici locali etc..

Il Tribunale e poi la Corte di appello hanno ritenuto che gli elementi raccolti non consentissero di accertare che fosse intervenuto uno specifico accordo in ordine alla costituzione di un sodalizio criminale ontologicamente diverso da quelli già operanti in Bari. Le dichiarazioni rese dal teste Ca.Ma., collaboratore di giustizia, erano troppo generiche ed anche contraddittorie e riguardavano prevalentemente l’assunzione di alcuni dipendenti da parte del c. e quindi difettavano delle precisione e della coerenza richieste dalla giurisprudenza della Suprema Corte in materia e, comunque, erano prive sostanzialmente di riscontri.

Venivano esaminate le dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia che però non confermavano la tesi di uno specifico accordo tra il c. e le cosche sopracitate avente ad oggetto in particolare un programma criminoso ulteriore rispetto a quelli indipendentemente ed autonomamente perseguiti. Non emergeva neppure che fosse intervenuto alcun accordo circa il voto di scambio in favore di P.G.. Anche le dichiarazioni del c. che aveva patteggiato la pena mostravano solo che lo stesso si era dimostrato disponibile all’assunzione di soggetti legati alla malavita locale, solo per evitare complicazioni e su pressione di queste. Si erano peraltro verificati seri tentativi di intimidazione nei confronti del c.. Nè una prova del preteso accordo poteva desumersi dal rinvenimento, per le medesime ragioni, di elenchi informatici di assunti con relativi sponsor costituiti dalle associazioni cui gli stessi risultavano legati.

Venivano esaminati anche gli atti di intimidazione commessi ai danni di sindacalisti e si rilevava come il c. fosse rimasto estraneo agli stessi e che alcuni lavoratori avevano effettivamente interesse a contrastare l’azione sindacale in quanto contraria alla loro intenzione di firmare un accordo di solidarietà, onde salvare i posti di lavoro. Molti lavoratori avevano promosso controversie di varia natura nei confronti del c., in tal modo mostrando di non avere alcun soggezione e di non essere stati affatto intimoriti.

Irrilevante veniva giudicato l’episodio dei disordini per l’area di parcheggio davanti la Clinica e l’occupazione della clinica Villa Anthea, non riportarle per regia ed organizzazione al c..

Venivano analiticamente esaminati gli episodi delle aggressioni verbali alla ca. ed alla G., e giudicate autentiche le manifestazioni promosse dopo l’arresto del c., effettivamente mosse dalla paura di perdere il posto di lavoro.

L’esclusione di un accordo specifico tra il c. e le varie cosche era poi stata affermata dalla stessa Suprema Corte di cassazione in sede penale. La sentenza impugnata si soffermava poi sull’esame delle posizioni individuali mostrando come ai singoli imputati non potessero in specifico ascriversi episodi riconducibili e spiegabili in relazione alla partecipazione all’associazione contestata.

Nel ricorso il P.G. allega la mancanza di motivazione in ordine alla mancata rinnovazione dell’istruttoria in appello con l’escussione dell’avv.to Passaro, del c. e dei collaboratori di giustizia.

Con il secondo motivo si deduce la carenza e manifesta illogicità della motivazione della sentenza impugnata: i vari episodi addotti a riprova dell’accordo relativo ad una specifica associazione a delinquere di stampo mafioso erano stati esaminati non contestualmente ma atomisticamente; l’attendibilità del teste Ca. era stata affermata anche se non oggetto dell’atto di appello. Non era stata motivata la ragione della preferenza accordata alle dichiarazioni del c. su quelle del Ca.Ma..

Il c. aveva interesse a non avallare l’impianto accusatorio.

Emergevano plurimi oggettivi e storici episodi, a cominciare dalle aggressioni ai sindacalisti per desumere il pactum sceleris dell’associazione ruotante sull’attività gestita dal c..

Dalle posizioni degli imputati cui si riferisce il ricorso emergono connessioni strettissime con i clan baresi, gli stessi imputati non avevano lavorato affatto nelle cliniche predette.
Motivi della decisione

Il ricorso, stante la sua manifesta infondatezza, va dichiarato inammissibile.

Il primo motivo appare generico e non circostanziato stante l’imponente massa di elementi probatori esaminati dalla Corte territoriale.

Circa il secondo motivo lo stesso appare meramente di fatto e ripropone questioni già dettagliamene esaminate nelle precedenti fasi del giudizio, la Corte territoriale ha infatti accertato la mancanza di prova di uno specifico accordo concernente la costituzione di una nuova associazione avente un oggetto predeterminato ulteriore rispetto ai sodalizi criminali cui risultano avere aderito (anche con condanne già inflitte) molti degli imputati e ruotante attorno l’attività del c. attraverso la società da questi gestita nei fatti, Case di cura riunite srl. Non vi è dubbio che tra l’attività svolta dal c. e quella dei clan malavitosi operanti nel barese vi sia stata una forte contaminazione emergente anche dall’assunzione di soggetti pregiudicati, ma tale contaminazione di per sè non attesta che non si tratti dell’ordinario programma criminoso dei vari clan locali prima ricordati che notoriamente perseguono il controllo del territorio e l’assoggettamento di ogni iniziativa imprenditoriale ai loro piani.

Le sentenze di merito hanno riferito di come il c. stesso sia stato sottoposto ad atti di intimidazione da parte dei clan ed hanno anche analiticamente ricostruito i singoli episodi che avrebbero, secondo l’accusa, potuto indirettamente spiegare l’esistenza di uno specifico e ulteriore pactum sceleris tra gli imputati e vertente sulle attività connesse al settore della sanità, escludendo la loro significatività in quanto spiegabili in base ad altre ragioni e non riconducibili ad accordi associativi come quelli ipotizzati in rubrica. La doglianza per cui tale esame avrebbe cercato di spiegare gli episodi atomisticamente e non in una ricostruzione unitaria dell’accaduto appare generica ed indimostrata, visto che neppure si contesta, se non genericamente, le spiegazioni addotte nelle sentenze per i vari episodi esaminati. In definitiva la motivazione appare persuasiva e logicamente coerente perchè si è dimostrato con solidi elementi che non vi è alcuna prova nè diretta nè indiretta che sia stata formata una ulteriore associazione rispetto a quelle già operanti avente un programma criminoso predeterminato ed aggiuntivo rispetto a quello perseguito da quest’ultime: le censure sono di merito e si limitano a riproporre elementi o di per sè non risolutivi come la penetrazione dei clan nella sfera di attività della società gestita dal c. o già esaminati dalla Corte di appello che ha escluso, come detto, la loro rilevanza in ordine allo specifico thema decidendum.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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