Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 17-02-2011) 26-05-2011, n. 21004

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

S.G., tramite il difensore ricorre per Cassazione avverso la sentenza 8.4.2010 con la quale la Corte d’Appello di Venezia, in riforma della decisione 16.10.2006 del Tribunale di Treviso, riqualificato il fatto ascritto all’imputato in violazione dell’art. 646 c.p. e art. 61 c.p., n. 11, commesso in danno di BA.Gi.Ma., lo ha condannato alla pena di mesi sei di reclusione ed Euro 400,00.

La difesa dell’imputato richiede l’annullamento della sentenza impugnata deducendo:

p.1) la violazione dell’art. 521 c.p.p., ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. c), siccome illegittima la riqualificazione del fatto, trattandosi nella specie di giudizio effettuato per un fatto diverso rispetto a quello originariamente contestato, tanto da essere indicata una diversa parte offesa. Nell’ambito di questo stesso motivo la difesa denuncia altresì la erronea contestazione della aggravante di cui all’art. 61 c.p., n. 11 non ricorrendo, nel caso di specie alcun rapporto di carattere fiduciario tra l’avv.to BA. parte offesa del delitto secondo la ricostruzione dei fatti operata dalla Corte territoriale) e il ricorrente, non avendo il primo, conferito alcun incarico al secondo di procedere alla riscossione delle proprie competenze. p.2) la violazione e la erronea applicazione dell’art. 646 c.p. ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b). In particolare la difesa afferma che il D., consegnando il denaro al S. (odierno imputato) non ha posto alcun vincolo di destinazione ad una parte della somma versata. p.3) la violazione e la erronea applicazione dell’art. 61 c.p., n. 11 ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), perchè non emerge alcuna prova di un conferimento di incarico o mandato alla riscossione da parte del BA. a favore del S..

Ricorre altresì per Cassazione la parte civile D. A., quale socio e legale rappresentante della MOBILCAVASO S.n.c., nonchè i signori AN.Si., B.V., T. G., AN.Gu., R.A., C.P. M.. p.4) lamentano la erronea applicazione degli artt. 646 e 185 c.p. per omessa individuazione delle persone danneggiate dal reato. In particolare il D. rileva come la società MOBILCAVASO debba essere considerata parte danneggiata per effetto della condotta illecita del prevenuto, essendo per contro erronea la individuazione della parte offesa nella persona del l’avv.to BA.. p.5) lamentano inoltre la mancanza e la contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione della sentenza in relazione all’omessa pronuncia in merito alle richieste delle parti civili ( art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e)).

Dalla lettura della sentenza di appello si evince che l’imputato S.G. è stato tratto a giudizio con la seguente accusa:

"del reato di cui all’art. 640 c.p., perchè, con artifici e raggiri consistiti nell’aver falsamente rappresentato a D. A., quale legale rappresentante della Snc MOBILCAVASO, che avrebbe consegnato la somma di Euro 40.000,00 all’avv.to BA.Gi.

M., a titolo di pagamento delle prestazioni professionali, si procurava l’ingiusto profitto, pari all’importo della suddetta somma con pari e conseguente altrui danno essendo risultato che la predetta somma veniva trattenuta dal S.. Con la recidiva infraquinquiennale. In Moreno di Piave il 21.5.2004".

All’esito del giudizio di primo grado il Tribunale di Conigliano assolveva l’imputato dal reato ascritto per insussistenza del fatto, condannava il querelante al pagamento delle spese, ordinava la trasmissione della copia degli atti al Comando Compagnia Tenenza della Guardia di Finanza di Conegliano per quanto di competenza e per il successivo inoltro al Ministero dell’Economia, Dipartimento del Tesoro in merito ai due versamenti di Euro 40.000,00 e di Euro 20.000,00 in contanti, il primo eseguito dal querelante D.A. in favore del S. ed il secondo eseguito da quest’ultimo in favore dell’avv.to Ba.Gi.Ma., trattandosi di illeciti amministrativi di cui al D.L. 3 maggio 1991, n. 143 convertito in L. 5 luglio 1991, n. 143.

Il primo giudice, esaminando il patto in forza del quale la Snc MOBILCAVASO, nel definire una vertenza con l’attuale imputato, versava a questi la somma di Euro 80.000,00 per capitale e Euro 40.000,00 per rimborso spese legali, nel valutare l’esecuzione di detto accordo (tradottosi nella consegna da parte della MOBILCAVASO snc della complessiva somma di Euro 120.000,00 al S. che aveva promesso di versare per quanto di spettanza al legale BA.), non ravvisava gli estremi del delitto di truffa, ritenendo la condotta dell’imputato integratrice di un inadempimento civile, non rinvenendo prova che questi avesse agito con "artifici" e "raggiri", nè che avesse conseguentemente "indotto in errore" la parte offesa la quale, poco dopo ha dovuto rimborsare gli onorari dell’avv.to BA. (legale del S.) perchè non soddisfatto dal proprio cliente S..

Avverso la suddetta decisione proponevano impugnazione il Procuratore Generale e la parte civile. La Corte d’Appello, sulla base delle prove in atti, ritenendo che l’imputato avesse agito come mandatario o gestore (anche) degli interessi del proprio avvocato, sia rispetto alle parti offese che rispetto al detto legale, ha ravvisato nella condotta del S. la violazione dell’art. 646 c.p., art. 61 c.p., n. 11 commessa in danno dell’avv.to BA.Gi.Ma..

In tal modo la Corte territoriale ha modificato l’originaria imputazione mossa al S., originariamente tratto giudizio per rispondere del reato di cui all’art. 640 c.p. commesso in danno della società Mobilcavaso s.n.c. Conseguentemente la Corte d’appello ha condannato l’imputato alla pena di mesi sei di reclusione e 400,00 Euro di multa oltre al pagamento delle spese processuali, revocando nel contempo la condanna del querelante al pagamento delle spese.

Dalla motivazione della decisione impugnata si evince che la Corte territoriale ponendosi il problema conseguente ad una diversa valutazione del fatto ascritto, ha ritenuto che nel caso di specie, tratta vasi di mera riqualificazione del reato oggetto di imputazione. La decisione sul punto maturata dalla Corte è oggetto di censura con un primo motivo dedotto dalla difesa dell’imputato. La doglianza della difesa è fondata è va accolta.

Nel caso in esame, sulla base di una premessa storica pienamente sovrapponibile all’interno delle diverse possibili contestazioni (truffa o appropriazione indebita), appare pacifico che il fatto, così come ricostruito dalla Corte territoriale si appalesa del tutto diverso rispetto alla originaria contestazione. La evidenza della diversità del fatto così come ritenuto dalla Corte territoriale, è nell’individuazione nell’avv.to BA. della persona offesa. La diversità del fatto deriva da una differente ricostruzione della vicenda estrinsecata attraverso la analisi rapporti intercorsi fra le parti (Mobilcavaso s.n.c. – S. – Avv.to Ba.):

l’imputato è stato condannato per un’appropriazione indebita commessa in danno dell’avv.to BA., essendo stato tratto a giudizio per il delitto di truffa commesso in danno della Mobilcavaso s.n.c. La circostanza rappresentata dalla identità del presupposto dell’uno e dell’altro illecito, nel caso di specie, non elide la violazione dell’art. 522 c.p.p., proprio perchè viene ritenuto in termini di illiceità un segmento del rapporto trilatere diverso da quello originariamente contestato e per di più per causali giuridiche diverse (esistenza di un rapporto di mandato di fatto) mai prima oggetto di contestazione.

Poichè il fatto ritenuto nel corso del giudizio di appello è diverso rispetto a quello originariamente contestato, è evidente che la Corte territoriale è incorsa nella violazione dell’art. 522 c.p.p. e conseguentemente, in accoglimento del primo motivo di ricorso la sentenza deve essere annullata senza rinvio attesa la maturata prescrizione del reato ritenuto, alla luce della disciplina dell’art. 157 c.p. L. n. 251 del 2005, ex art. 10. Infatti la persistenza dell’interesse dello Stato ad accertare il fatto-reato e ad infliggere la relativa pena va riferita non già al fatto inteso nella sua generica consistenza naturalistica, bensì al fatto identificato in tutte le sue componenti aventi rilevanza nell’ambito della previsione di legge. Pertanto l’efficacia degli atti interruttivi della prescrizione posti in essere in funzione della persecuzione del primo reato non può essere riconosciuta in relazione al secondo (Cass. pen., sez. 3^, 11.3.1994, Vercellin).

La decisione comporta l’assorbimento di ogni diversa ed ulteriore questione dedotta dalle parti.
P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perchè il reato è estinto per prescrizione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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