T.A.R. Sicilia Catania Sez. III, Sent., 26-05-2011, n. 1300 Edilizia popolare ed economica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con il ricorso in epigrafe si espone:

Il ricorrente è assegnatario di un alloggio popolare sito a Giarre, via Trieste, Palazzina A, quarto piano, interno 7.

L’immobile, di proprietà dell’Istituto Autonomo Case Popolari di Catania, è stato assegnato ad ricorrente nel 1995, che da allora l’avrebbbe stabilmente abitato.

Il Comune di Giarre, con nota del 10 aprile 2000 prot. 1720, ha invitato il ricorrente a presentare proprie deduzioni in merito al presunto abbandono dell’alloggio assegnatogli, come rilevato da accertamenti effettuati dai vigili urbani.

Detta nota sarebbe stata notificata e personalmente ricevuta dallo stesso ricorrente, presso l’immobile che il Comune presumeva abbandonato.

Il ricorrente, nell’aprile del 2000 avrebbe presentato all’amministrazione le controdeduzioni richieste, precisando che "… occupa stabilmente l’alloggio popolare sito nella I traversa di via Trieste, lato sud, n. 2, piano 4, interno 7, raramente e per motivi di lavoro o di salute mi sono assentato dalla mia abitazione per qualche giorno". Assumeva a tal fine di essere, da tempo, sofferente, e che, pertanto, si sarebbe sottoposto ad un delicato intervento chirurgico alla colonna vertebrale (laminectomia ed erniectomia), che lo avrebbe costretto prima al ricovero e poi ad una lunga terapia di riabilitazione, a seguito di ciò egli, non potendo deambulare correttamente sia in esito all’intervento chirurgico sia, per il riacutizzarsi delle crisi della patologia che lo affligge, sarebbe stato saltuariamente ospitato da conoscenti che dispongono di un appartamento nei pressi della propria abitazione ed accessibile con ascensore (al contrario dell’alloggio assegnato, privo di ascensore).

Il Comune tuttavia proseguiva nel suo iter: così, a seguito di ulteriori accertamenti effettuati dai vigili urbani il 29 dicembre 2000, che avrebbero confermato le precedenti risultanze, il Dirigente del servizio Lavori Pubblici con provvedimento adottato il 19 ottobre 2001, sulla base del parere favorevole espresso dalla Commissione Provinciale assegnazione alloggi dello I.A.C.P. di Catania, ha disposto la revoca dell’assegnazione dell’alloggio popolare occupato dal ricorrente.

Avverso i predetti provvedimenti, il sig. Di Mauro propone i seguenti motivi di gravame:

1) Violazione e falsa applicazione dell’articolo 17 del d.p.r. 30.12.72 n. 1035 – violazione del giusto procedimento e del principio di buon andamento — eccesso di potere per difetto di presupposto, travisamento, illogicità" manifesta, carenza istruttoria.

2) Violazione dell’articolo 3 della legge 241/9o come recepita dalla l.r. 10/91 – carenza di motivazione.

Per avversare il ricorso si sono costituiti il Comune di Giarre e l’Istituto Autonomo Case Popolari di Catania.

Le due amministrazioni intimate hanno preliminarmente eccepito il difetto di giurisdizione del Giudice Amministrativo. Nel merito hanno chiesto il rigetto del ricorso per infondatezza, atteso che l’Amministrazione, nel caso di specie, avrebbe proceduto nel pieno rispetto di tutte le procedure previste dell’art.17 del DPR n.1035 del 1972.

Inoltre, l’Amministrazione avrebbe adottato i provvedimenti impugnati a seguito di ripetuti accertamenti dei Vigili Urbani dai quali sarebbero emersi i fatti che giustificherebbero il provvedimento di revoca.

In particolare, sarebbe emerso che il ricorrente avrebbe abbandonato l’alloggio per oltre tre mesi senza richiedere l’apposita autorizzazione da parte dell’IACP.

Il ricorrente ha controdedotto alle memorie dell’Amministrazione.

In data 6/4/2011 il ricorso è passato in decisione.
Motivi della decisione

L’eccezione di carenza di giurisdizione di questo Giudice Amministrativo, formulata dal Comune e dall’Istituto intimati non è meritevole di positiva valutazione, alla luce della consolidata e risalente giurisprudenza formatasi sulla materia (vedasi tra le tante: Consiglio di Stato Ad. Plenaria, 5 settembre 1995, n. 28), che peraltro ha oggi trovato un (ulteriore) supporto normativo decisivo nell’art. 133, comma 6 bis, del Codice del Processo Amministrativo che attribuisce alla giurisdizione del Giudice Amministrativo le controversie aventi ad oggetto atti e provvedimenti relativi a rapporti di concessione di beni pubblici tra le quali vanno annoverate anche le controversie relative alla revoca del rapporto di concessione su alloggi di edilizia residenziale.

Il Codice sul punto non ha peraltro modificato l’assetto del riparto di giurisdizione in materia, avuto riguardo a quanto disposto dell’art. 5 della Legge 1034/1971 che stabiliva "…sono devoluti alla competenza dei tribunali amministrativi regionali i ricorsi contro atti e provvedimenti relativi a rapporti di concessione di beni pubblici…".

Sicchè appartengono al giudice amministrativo le controversie relative a provvedimenti incidenti sul rapporto concessorio di alloggi di edilizia residenziale pubblica, in quanto sono attribuite alla giurisdizione amministrativa, in via generale e salvo i casi espressamente indicati (indennità, canoni ed atti corrispettivi), tutte le controversie, anche se involgenti diritti soggettivi, derivanti da rapporti di concessione di beni.

Le controversie afferenti la diversa ipotesi della decadenza prevista dall’art. 11, D.P.R. n. 1035/1972, rientrano per contro, in forza della previsione espressa dalla norma, nella giurisdizione del Giudice Ordinario.

Nella fattispecie la controversia sottoposta al Collegio concerne una ipotesi di cessazione del rapporto derivante dall’assegnazione di alloggi di edilizia economica e popolare, e cioè la revoca o la decadenza dell’assegnazione per le circostanze sopravvenute indicate dall’art. 17 dello stesso decreto, e, quindi, rientra alla giurisdizione esclusiva del Giudice amministrativo (vedasi tra le tante Cons. Stato, Sez. IV, 22 marzo 2007 n. 1382).

Nel merito le deduzioni del ricorrente sono meritevoli di positiva valutazione, in relazione alle censure formulate con i due motivi di gravame, avuto riguardo a quanto disposto dall’articolo 17 del d.p.r. 1035/72, contenente la disciplina della revoca dell’assegnazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica.

La norma, alla lettera "b", stabilisce che la revoca può essere disposta laddove l’assegnatario "..abbia abbandonato l’alloggio per un periodo superiore a tre mesi, salva la preventiva autorizzazione dell’istituto autonomo case popolari giustificata da gravi motivi".

In proposito, la giurisprudenza ha da tempo chiarito che la situazione di abbandono che giustifica la revoca dell’assegnazione ai sensi dell’art. 17 lett. b), D.P.R. cit., deve essere accertata con adeguate e puntuali indagini (cfr., ex multis, T.A.R. Sicilia Palermo, sez. II, 7 aprile 2004, n. 639, con richiami a C.g.a. 2 febbraio 1999, n. 15, Cons. St., IV, 18 gennaio 1997, n. 19) e ciò mediante ripetuti accessi (ed in ore diversificate) e la raccolta di complete informazioni di varia natura (dai vicini, dai fornitori di servizi c.d. a rete, ecc.).

Secondo il Consiglio Stato (cfr. sez. IV, 23 gennaio 1998, n. 46), l’Amministrazione non deve limitarsi a verificare l’elemento oggettivo, rappresentato dalla circostanza che l’alloggio non risulti abitato, ma deve, altresì accertare la sussistenza dell’elemento soggettivo, consistente nella effettiva volontà di abbandono dello stesso da parte dell’assegnatario.

Nel caso di specie tali esiziali principi, afferenti comunque all’esigenza di una esaustiva istruttoria, non sembra siano stati rispettati dato che:

– i primi accertamenti dei VV.UU. risultano dal verbale dell’ 8.3.2000 in cui si dice solamente che l’alloggio è stato trovato chiuso;

– a tali accertamenti, richiamati nella contestazione di abbandono, il ricorrente ha puntualmente replicato con nota del 27.4.2000;

– con altra nota del 19/7/2000, il ricorrente ha precisato di occupare stabilmente l’alloggio popolare sito nella 1° traversa di Via Trieste lato Sud n. 2 piano quarto, e di essersi allontanato raramente per motivi di salute o di lavoro da detta abitazione;

– la Commissione IACP il 14.8.2000 ha richiesto ulteriori accertamenti (accreditando – in tal modo – la prospettazione del ricorrente);

– ma, a fronte di tale esigenza istruttoria, la Polizia Municipale si è limitata a rispondere di avere acclarato, genericamente, che "di fatto" il ricorrente dimorerebbe in via s. Pellico 103.

Ciò posto è evidente che:

– il Comune non ha posto in essere quegli adeguati e differenziati accertamenti volti ad accertare l’effettivo e volontario abbandono dell’alloggio per un periodo continuativo superiore a tre mesi.

– i dati raccolti ben potrebbero riferirsi (come postulato dal ricorrente) ad mero e temporaneo allontanamento dall’alloggio.

In base alle considerazioni che precedono i due dedotti motivi di gravame, unitariamente valutati attesa la loro intrinseca connessione, vanno accolti appalesandosi condivisibili le censure di carenza di motivazione e difetto di istruttoria, in considerazione del fatto che nella motivazione del provvedimento non si indica quante volte ed in quale arco di tempo il ricorrente sia stato cercato nell’alloggio di cui in causa.

In considerazione della peculiarità della fattispecie e del fatto che gli atti impugnati vengono annullati esclusivamente per violazione di legge sotto il profilo dell’insufficienza della motivazione si compensano le spese tra le parti.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia sezione staccata di Catania (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie, e per l’effetto, annulla i provvedimenti impugnati ivi indicati.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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