Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 08-02-2011) 26-05-2011, n. 21002

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte di Appello di Ancona, con sentenza in data 19 gennaio 2010, confermava la condanna pronunciata dal Tribunale di Urbino il 15 giugno 2005 alla pena di anni quattro di reclusione ed Euro 3.000 di multa nei confronti di C.F., dichiarato colpevole di molteplici delitti di riciclaggio e ricettazione, per avere compiuto su autovetture operazioni atte ad ostacolare l’identificazione della loro provenienza delittuosa e per avere acquistato o comunque ricevuto polizze assicurative e relativi contrassegni falsi.

Propone ricorso per cassazione il difensore dell’imputato, deducendo:

1) assenza e manifesta illogicità della motivazione, con riferimento ai delitti di riciclaggio, in quanto, pur non contestando i fatti, il ricorrente afferma che la sentenza impugnata non avrebbe adeguatamente argomentato in ordine alla insussistenza della prova logica che il C. abbia commesso i reati presupposti di furto e falso, con la conseguente applicazione della clausola di riserva di cui all’art. 648 bis. Il ricorrente indica indizi, che ritiene gravi, precisi e concordanti, i quali, secondo le comuni massime di esperienza, avrebbero dovuto portare alla conclusione, non l’unica possibile ma "soltanto la più ragionevolmente plausibile" che C. abbia commesso i reati presupposti, poichè è altamente plausibile che colui che in ben quattro occasioni acquista rottami, ne estrae le targhe e i numeri di telaio e che successivamente viene in possesso di autovetture rubate dello stesso tipo, colore e marca dei rottami abbia commissionato i furti. La mancata confessione e la contumacia dell’imputato, evocate dalla sentenza impugnata, non avrebbero alcun pregio giuridico, poichè il giudice non può valorizzare comportamenti dell’imputato che sono manifestazioni di diritti soggettivi e facoltà processuali.

2) violazione dell’art. 192 c.p.p., comma 2, e manifesta illogicità della motivazione, con riferimento ai delitti di riciclaggio, poichè il delitto di riciclaggio è assoggettato alla clausola di riserva e, per i motivi, esposti, il C. dovrà rispondere solo dei reati di furto e falso.

3) manifesta illogicità e assenza di motivazione, con riferimento ai delitti di ricettazione, poichè dalla ricostruzione dei fatti e della loro tempistica, risulterebbe altamente plausibile che l’imputato abbia commissionato la falsificazione del contrassegno assicurativo al fine di dare una parvenza di legalità all’automobile e la sentenza impugnata nulla direbbe sul punto a confutazione.

4) violazione degli artt. 192 e 530 c.p.p., nonchè vizio di motivazione, in quanto la sentenza impugnata non avrebbe compiutamente valutato le censure contenute nei motivi di appello.
Motivi della decisione

I motivi di ricorso, i quali si basano tutti sulla affermazione della partecipazione dell’imputato ai reati, presupposti del riciclaggio, di furto e falso, sono infondati e devono essere rigettati. Le sentenze dei giudici di merito, che, essendo conformi, si integrano nella motivazione, hanno chiarito che la tesi difensiva non poggia su alcun elemento obiettivo e certo fornito dall’imputato, che è rimasto contumace in entrambi i gradi del giudizio.

La giurisprudenza di questa Suprema Corte ha chiarito che al giudice non è precluso valutare la condotta processuale del giudicando, coniugandola con ogni altra circostanza sintomatica, con la conseguenza che egli, nella formazione del libero convincimento, può ben considerare, in concorso di altre circostanze, la portata significativa del silenzio mantenuto dall’imputato, su circostanze potenzialmente idonee a scagionarlo (Sez. 5, n. 12182 del 14/02/2006, Ferrara, Rv. 233903). Nel caso di specie, inoltre, l’imputato, come risulta dalla sentenza del primo giudice, ha anche parlato, ma per affermare, nel corso di interrogatorio reso al p.m., di non sapersi spiegare come mai un’autovettura, di cui all’imputazione, avesse il contrassegno assicurativo falso e "in tal modo ha implicitamente riconosciuto di avere ricevuto i documenti assicurativi per i quali è processo" (pag. 13 sentenza di primo grado).

D’altro canto qualsiasi diversa valutazione degli elementi di fatto esula dall’ambito di cognizione di questo giudice di legittimità.

Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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