T.R.G.A. Trentino-Alto Adige Trento Sez. Unica, Sent., 26-05-2011, n. 154 Vincoli storici, archeologici, artistici e ambientali

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

bale;
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. L’impresa ricorrente espone in fatto di essere stata proprietaria fino al 28 dicembre 2007 della p.f. 3606/8 sita in località Meano a nord di Trento. Trattavasi di un terreno incolto, urbanisticamente compreso in zona "C3 di espansione di nuovo impianto", che l’interessata aveva acquistato il 23 dicembre 2002 per realizzare una palazzina di civile abitazione destinata alla vendita.

A seguito di accertamenti archeologici compiuti nell’estate dell’anno 2003 sui fondi contigui, ove erano in corso opere di sbancamento, venne alla luce un deposito archeologico che pareva interessare anche il terreno di proprietà dell’impresa L.. Conseguentemente, la Provincia ha inviato alla deducente dapprima la segnalazione dell’alto rischio archeologico con l’invito a segnalare ogni intervento di scavo per permettere il controllo preventivo dello sbancamento (nota del 15.9.2003) e quindi, riscontrata in data 9 ottobre 2003 la presenza di un deposito archeologico sepolto, documentato da due distinte strutture artificiali di pietra interpretabili come tumuli connessi con la sfera del culto, l’ordine di sospendere i lavori di splateamento a scopo edilizio (nota del 14.10.2003).

2. Con nota del 3 novembre 2003 è stato quindi comunicato l’avvio del procedimento e, con la determinazione del Dirigente della Soprintendenza per i beni archeologici n. 7, del 2 marzo 2004, è stato dichiarato l’interesse storicoarcheologico del sottosuolo della p.f. 3606/8, nonché di alcune particelle limitrofe, in quanto contenente "testimonianze di insediamento di epoca tardo antica/altomedioevale e consistenti strutture insediative e di carattere culturale dell’età del Bronzo". Detto vincolo, infine, è stato annotato nel Libro Fondiario.

La Soprintendenza per i beni archeologici ha poi effettuato campagne di ricerca archeologica occupando 817,60 mq. del terreno di causa, la cui estensione totale ammonta a 1.045,00 mq.

3. In data 28 dicembre 2007 la società L. ha venduto il terreno all’impresa Vigolana S.r.l. e le due parti, con atto integrativo datato 23 dicembre 2008, hanno stabilito che eventuali indennità, premi, rimborsi riconosciuti per l’occupazione del terreno sarebbero spettati alla L..

4. Con una nota datata 21.3.2008 la società L. ha chiesto alla Provincia il riconoscimento dell’indennità di occupazione temporanea del terreno per il periodo 15.9.2003 – 28.12.2007, nonché il riconoscimento del premio di ritrovamento archeologico.

L’Amministrazione provinciale ha corrisposto a tale richiesta in data 15 ottobre 2008, specificando che l’indennità di occupazione temporanea era in corso di liquidazione, mentre il premio di ritrovamento sarebbe stato quantificato alla conclusione delle indagini archeologiche sul terreno di causa.

Con determinazioni n. 65 del 31.10.2008, e n. 68 del 18.11.2008, è stata riconosciuta alla ditta ricorrente l’indennità di occupazione temporanea commisurata sul valore agricolo tabellare della coltura in atto, per 51 mesi (dal 9.10.2003 al 31.12.2007), maggiorata del 30% per l’accettazione bonaria, per un totale complessivo pari a 270,99 Euro.

La società L. ha impugnato detto provvedimento davanti alla Giunta provinciale con ricorso gerarchico presentato il 5 dicembre 2008, cui ha fatto seguito la sua reiezione con la deliberazione n. 373 di data 27 febbraio 2009.

4. Con ricorso notificato il 30 aprile 2009 e depositato presso la Segreteria di questo Tribunale il 13 maggio successivo, la società L. ha impugnato le due decisioni, esattamente menzionate in epigrafe, formulando le seguenti censure:

I – "violazione e falsa applicazione dell’art. 16 bis della l.p. 19.2.2003, n. 1, dell’art. 3 della legge 7.8.1990, n. 241, e della normativa provinciale di recepimento, dell’art. 97 della Costituzione; falsa applicazione dell’art. 88 del D.Lgs. 22.1.2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137), per motivazione erronea e travista sui presupposti di fatto e di diritto dell’impugnata determinazione n. 65 del 2008, ove si sostiene la retroattività della dichiarazione di interesse culturale di cui alla determinazione n. 7 del 2004 alla data della misura cautelare di sospensione dei lavori impartita dal Soprintendente in data 14.10.2003; eccesso di potere per sviamento, travisamento e carenza motivazionale". Dopo aver denunciato il recepimento acritico da parte della Giunta provinciale delle argomentazioni proposte dal Sottocomitato beni archeologici della Provincia autonoma di Trento, la ricorrente lamenta che il ristoro per l’occupazione temporanea del terreno non sia stato riconosciuto anche per il periodo dal 15 settembre al 9 ottobre 2003, quando il cantiere in essere sarebbe stato asservito alle esigenze archeologiche; che la superficie occupata dovrebbe essere pari all’intera estensione del terreno, per il quale era già stata rilasciata la concessione edilizia, e non per i soli 817,60 mq. oggetto di scavo; che il vincolo archeologico decorrerebbe dal formale provvedimento datato 2 marzo 2004, prima del quale il valore del terreno, sul quale calcolare l’indennità di occupazione temporanea, sarebbe pari al valore di mercato del lotto edificabile;

II – "violazione e falsa applicazione dell’art. 16 bis della l.p. 19.2.2003, n. 1, dell’art. 3 della legge 7.8.1990, n. 241, e della normativa provinciale di recepimento, dell’art. 97 della Costituzione; falsa applicazione dell’art. 88 del D.Lgs. 22.1.2004, n. 42, e dell’art. 154 della l.p. 4.3.2008, n. 1 (modalità di calcolo dell’indennità di occupazione secondo i criteri dello jus supervenians), nonché falsa ed immotivata reiezione del richiesto rimborso delle spese di progettazione, relazione geologica, frazionamenti, lavori di urbanizzazione e spese notarili; eccesso di potere per sviamento, travisamento e carenza motivazionale"; atteso che non sarebbe stato riconosciuto il danno subito a causa delle spese affrontate per l’acquisto del terreno, l’apprestamento del cantiere poi messo a disposizione della Soprintendenza; la relazione geologica, i frazionamenti, i lavori di urbanizzazione, le spese notarili;

III – "violazione e falsa applicazione dell’art. 16 bis della l.p. 19.2.2003, n. 1, dell’art. 3 della legge 7.8.1990, n. 241, e della normativa provinciale di recepimento, dell’art. 97 della Costituzione; falsa applicazione dell’art. 92 del D.Lgs. 22.1.2004, n. 42, per omessa cognizione della domanda volta al conseguimento del premio in misura non superiore ad 1/5 del valore delle cose ritrovate ai sensi dell’art. 93 del Codice dei beni culturali, e per omesso e tardivo nonché sviato accoglimento dell’istanza di quantificazione monetaria del giacimento archeologico dichiarato eccezionale ed unico; eccesso di potere per sviamento, travisamento e difetto di motivazione";

IV – "violazione e falsa applicazione degli artt. 4 e 16 bis della l.p. 19.2.2003, n. 1 e dell’art. 37 della l.p. 30.11.1992, n. 23, per nullità del parere di data 20.1.2009, verbale della seduta n. 1, del Sottocomitato Beni Archeologici, risultando presidente della seduta e sottoscrittore del verbale il dott. Diego Loner, Dirigente generale del dipartimento beni ed attività culturali, dichiarato "assente" nel verbale di seduta; invalidità derivata della delibera giuntale".

5. La Provincia intimata non si costituita in giudizio.

6. In prossimità dell’udienza di discussione la parte ricorrente ha presentato ulteriore documentazione e una memoria riepilogativa della sua posizione.

7a. Passando all’esame del merito, il Collegio rileva che con il primo motivo di ricorso si contestano i criteri in base ai quali l’Amministrazione provinciale ha riconosciuto e quindi liquidato l’indennità per occupazione temporanea.

7b. Vale precisare, al riguardo, che l’art. 12 della l.p. 19.2.2003, n. 1, in materia di beni culturali, dispone che per le ricerche archeologiche possa essere disposta l’occupazione temporanea secondo quanto previsto dal capo I del titolo III della l.p. 19.2.1993, n. 6, sull’espropriazione per pubblica utilità, la quale, al comma 2 dell’art. 28, prevede che sia corrisposta un’indennità, per ogni anno nella misura del 12 per cento dell’indennità di espropriazione calcolata secondo indicate modalità, e, per ogni mese, o frazione di mese, nella misura di un dodicesimo dell’importo annuo.

7c. Su questo punto, il Collegio reputa che sussista il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo (questione peraltro adombrata dalla Società ricorrente nell’atto introduttivo – cfr., pag. 10), posto che le controversie concernenti indennità, ricollegandosi a posizioni di diritto soggettivo, sono riservate alla giurisdizione del giudice ordinario.

Al momento dell’introduzione del presente giudizio, tanto era chiaramente disposto dall’art. 34, comma 3, lett. b), del D.Lgs. 31.3.1998, n. 80, ora abrogato dal n. 20) del comma 1 dell’art. 4 dell’allegato 4 al D.Lgs. 2 luglio 2010, n. 104, recante il nuovo codice del processo amministrativo. Peraltro, il comma 9 dell’art. 3 dello stesso allegato 4 al c.p.a., ha contestualmente sostituito l’art. 53 del D.Lgs. 8.6.2001, n. 325, il cui comma 2 testualmente ora recita: "resta ferma la giurisdizione del giudice ordinario per le controversie riguardanti la determinazione e la corresponsione delle indennità in conseguenza dell’adozione di atti di natura espropriativa o ablativa".

A ciò consegue che, vertendo le contestazioni della ricorrente sulle modalità per la determinazione dell’indennità per occupazione temporanea, il motivo deve essere dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione, spettando essa al giudice ordinario (cfr., da ultimo, in termini, Cass. Civ., sez. unite, 25.6.2010, n. 15327).

In virtù dell’art. 59 della legge 18.6.2009, n. 69, e dell’art. 11 del c.p.a., il processo potrà essere riassunto davanti al giudice ordinario, restando salvi gli effetti processuali e sostanziali della domanda in questa sede avanzata, ove la stessa sia riproposta entro il termine perentorio di tre mesi dal passaggio in giudicato della presente sentenza.

8a. Con il secondo motivo si lamenta il mancato accoglimento della richiesta di risarcimento dei danni asseritamente subiti a causa dell’occupazione temporanea, costituiti da spese notarili per l’acquisto del terreno, spese per la progettazione di un edificio, per la relazione geologica e per la direzione dei lavori di lottizzazione, di frazionamento, per le opere di urbanizzazione, per i lavori di scavo, il tutto per un totale di 53.165,73 Euro (cfr., documenti da n. 8 a n. 14). Si tratterebbe, a detta della ricorrente, di lavori e opere che sarebbero stati utilizzati dall’Amministrazione archeologica nell’occupazione dell’area in questione.

8b. La controversia, a parere del Collegio, è dunque riconducibile all’esplicazione di un pubblico potere, e non già ad un mero comportamento non assistito da un titolo, che avrebbe suscitato lesioni al patrimonio della ricorrente, provocate dall’esecuzione del provvedimento autoritativo di occupazione temporanea del terreno, la cui legittimità non è stata contestata.

In tal senso, l’avanzata pretesa risarcitoria non è fondata.

Per un primo profilo, si osserva che il comma 2 dell’art. 28 della l.p. n. 6 del 1993, richiamato dalla l.p. sui beni culturali, prevede che oltre all’indennità per l’occupazione temporanea del terreno, siano altresì "quantificati eventuali danni derivati dalla medesima" occupazione.

Sotto un diverso, ma non secondario, aspetto, non si può non osservare, in punto di fatto, che la Società L., che aveva acquistato la p.f. 3606/8, di 1045 mq., quale terreno edificabile all’interno del perimetro di un piano di lottizzazione, in data 23.12.2002 al prezzo di 400.000,00 Euro, ha ceduto la proprietà della stessa, assoggettata a vincolo diretto di tutela storicoarcheologica, dopo 5 anni, esattamente il 28.12.2007, alla società Vigolana al prezzo di 800.000,00 Euro.

8c. In termini generali occorre ora rammentare che il risarcimento del danno per fatto illecito richiede la positiva verifica di tutti i presupposti di cui all’art. 2043 cod. civ. e, in tema di valutazione del danno, all’art. 2056 cod. civ.: ciò significa che, oltre alla lesione della situazione soggettiva di interesse tutelata dall’ordinamento, ossia il cosiddetto danno ingiusto, sono necessari il positivo accertamento della colpa dell’Amministrazione, la dimostrazione di un effettivo danno arrecato al patrimonio del richiedente e la sussistenza del nesso di causalità tra l’evento dannoso e la condotta (positiva o omissiva) della Pubblica amministrazione.

A ciò si deve soggiungere che anche nel processo amministrativo la domanda di risarcimento del danno è regolata dal principio dell’onere della prova di cui all’art. 2697 cod. civ., riguardante tutti gli elementi costitutivi della domanda di risarcimento del danno per fatto illecito, come sopra ricordati (cfr., in termini, C.d.S., sez. V, 15.9.2010, n. 6797).

8d. Ciò posto, il Collegio rileva che non vi è prova della sussistenza degli elementi costitutivi essenziali della fattispecie risarcitoria.

Gli oneri dei quali l’impresa L. chiede il rimborso consistono, all’evidenza, nelle spese che essa aveva sostenuto in previsione dell’edificazione del terreno di causa, a quello scopo acquistato. Tuttavia, considerata la natura risarcitoria della pretesa azionata, quelle spese non rilevano in quanto non sussiste un nesso di causalità sufficientemente diretto tra il danno e il comportamento dell’Amministrazione. Quelle spese, inoltre, non si traducono nemmeno in un danno indiretto e mediato, secondo il principio della cd. regolarità causale (cfr. Cass. Civ., sez. III, 4.7.2006, n. 15274).

Né l’interessata ha evidenziato spese sostenute in via diretta a causa di lesioni o di danneggiamenti subiti a causa della presenza sul terreno, nel periodo ottobre 2003 – dicembre 2007, di funzionari e tecnici della Soprintendenza che effettuavano indagini archeologiche ed in relazione alla negligenza della loro condotta. Né ha fornito alcuna dimostrazione che il prezzo conseguito al momento della vendita del terreno sia stato minore di quello medio di mercato per terreni situati nella stessa zona, o in altra ad essa equiparabile, a causa dell’antecendente causale rappresentato dalla presenza sul terreno, per 51 mesi, degli operatori archeologici della Provincia.

In definitiva, manca la prova (ed anzi appare inverosimile) che le spese sostenute dalla ditta L. e dimostrate in giudizio con l’allegazione delle relative fatture si traducano in un danno ingiusto collegato al fatto causale dell’occupazione. Manca, ancora, la prova che quelle spese siano state definitivamente perse per fatto della P.A.: la ricorrente non ha fornito alcuna dimostrazione che il terreno, nel quinquennio 2002 – 2007, abbia decrementato il suo valore di mercato, risultando anzi un incremento che, verosimilmente, si potrebbe ricollegare ad un maggior valore ascrivibile proprio a quelle stesse spese (cfr., in termini, Cass. civ., sez. III; 30.11.2010, n. 24266).

8e. Anche interpretando la domanda del ricorrente quale richiesta di risarcimento dei danni asseritamente subiti per fatto lecito della Pubblica amministrazione (cfr. art. 21 quinquies della legge 7.8.1990, n. 241; Corte costituzionale 20.5.1999, n. 179; 22.6.1990, n. 307 e 18.4.1996, n. 118), la conclusione non muta posto che, come già osservato, è assente il nesso di causalità fra il comportamento della Soprintendenza ed i pregiudizi asseriti.

La Corte di Giustizia, in proposito, anche recentemente ha affermato che in caso di danno causato da un comportamento dell’Amministrazione la cui illiceità non è dimostrata, può sorgere la responsabilità extracontrattuale solo quando "siano cumulativamente soddisfatte le condizioni relative all’effettività del danno, al nesso di causalità tra il danno e il comportamento delle istituzioni comunitarie e al carattere anormale e speciale del danno in questione" (cfr., Tribunale I grado, 14.12.2005, in causa T69/00).

Il secondo mezzo deve essere pertanto disatteso.

9a. Con il terzo motivo la ricorrente chiede che gli sia liquidato il premio per il ritrovamento archeologico, ai sensi dell’art. 92 del Codice dei beni culturali di cui al D.Lgs. 22.1.2004, n. 42.

In particolare, il comma 1 del citato art. 92 stabilisce che detto premio non possa essere superiore alla percentuale massima corrispondente ad un quarto del valore delle cose ritrovate, mentre il successivo art. 93 prevede che la determinazione avvenga previa stima di dette cose ritrovate. Infine, è previsto che in corso di stima sia corrisposto un acconto del premio in misura non superiore ad un quinto del valore, determinato in via provvisoria, delle stesse cose ritrovate.

9b. Sul punto, il Collegio osserva che l’Amministrazione provinciale nella nota di risposta alla ricorrente datata 15 ottobre 2008 (cfr., doc. n. 26) aveva specificato la misura percentuale del premio ad essa spettante, tuttavia soggiungendo che la quantificazione sarebbe avvenuta "soltanto al momento della conclusione delle indagini". Successivamente, il Sottocomitato per i beni archeologici della Provincia autonoma di Trento, nella seduta del 20 gennaio 2009, dopo aver esplicitato le modalità con le quali sarebbe stata condotta l’istruttoria relativa alla pratica di pagamento del premio, ha precisato che sarebbe stata "intenzione della Soprintendenza procedere comunque ad una stima provvisoria del premio a favore della L.C. S.r.l." (cfr., doc. n. 3).

Nulla è dato sapere sui successivi sviluppi della vicenda.

9c. Ciò fa ritenere il mezzo meritevole di accoglimento in quanto risulta ampiamente scaduto il termine – anche considerato nella sua natura ordinatoria – stabilito, ai sensi della l.p. 30.11.1992, n. 23, per la conclusione del procedimento come vigente al momento della proposizione della domanda (ai sensi della deliberazione della Giunta provinciale n. 1218, del 4.6.2004, era previsto il termine finale di 120 giorni, decorrenti dal giorno successivo al ricevimento dell’istanza).

Pertanto, il Collegio ritiene di applicare i principi recentissimamente statuiti nella decisione n. 2755, del 10.5.2011, della sezione VI del Consiglio di Stato, che ha riconosciuto che l’accoglimento del ricorso, o di una sua parte, possa comportare "unicamente la produzione di effetti conformativi, in assenza di effetti caducatori e d’annullamento", posto che "la legislazione ordinaria non preclude al giudice amministrativo l’esercizio del potere di determinare gli effetti della propria sentenza di accoglimento", in applicazione dei principi di pienezza ed effettività della tutela giurisdizionale di cui all’art. 1 del nuovo Codice del processo amministrativo. Di conseguenza, occorre addivenire ad una mera statuizione sulla fondatezza della pretesa sostanziale, al contempo precisando che ciò comporta unicamente la produzione di effetti conformativi rinvenibili nell’obbligo dell’Amministrazione provinciale di concludere il procedimento di quantificazione del premio per il ritrovamento archeologico entro il termine di 30 (trenta) giorni, decorrente dalla notificazione o dalla comunicazione in via amministrativa della presente sentenza.

10. Con l’ultimo mezzo di ricorso è stata dedotta la nullità, ai sensi dell’art. 21 septies della legge 7.8.1990, n. 241, della deliberazione giuntale impugnata a causa della nullità dell’atto prodromico, costituto dal verbale del Sottocomitato beni archeologici, che sarebbe stato sottoscritto dal presidente Loner, peraltro dichiarato assente all’inizio della seduta.

L’argomentare è infondato in fatto. Dalla semplice visura del documento emerge infatti che:

– la seduta è iniziata, ed è stata condotta, sotto la presidenza del dirigente arch. F., sostituto del dirigente generale;

– il dott. Loner, Dirigente generale, è stato dichiarato assente;

– il verbale, che riportava prestampato il nominativo del Loner, risulta essere stato sottoscritto con il segno grafico "per" con firma autografa dell’arch. F., come semplicemente si evince confrontando detta firma con quella contenuta nella successiva nota del 30.3.2009, tramite la quale il dirigente F. ha trasmesso al legale della ricorrente il verbale in questione.

11. In definitiva, per tutte le suesposte motivazioni, il ricorso deve essere in parte dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione (per quanto sopra motivato al punto 1); in parte accolto (nei limiti sopra precisati e con le conseguenze conformative sopra determinate al punto 3); per la restante parte respinto.

La peculiarità giuridica della questione dedotta in giudizio, oltre alla parziale reciproca soccombenza, inducono il Collegio a compensare tra le parti le spese di causa.
P.Q.M.

Il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa di Trento (Sezione Unica)

definitivamente pronunciando sul ricorso n. 81 del 2009,

– in parte lo dichiara inammissibile (per quanto motivato al punto 1 in diritto), per difetto di giurisdizione, spettando essa al giudice ordinario, presso il quale la causa potrà essere riassunta nel termine perentorio di tre mesi dal passaggio in giudicato della presente pronuncia;

– in parte lo accoglie (per quanto motivato al punto 3 in diritto), dichiarando il dovere dell’Amministrazione provinciale di concludere il procedimento di quantificazione del premio per il ritrovamento archeologico entro il termine di 30 (trenta) giorni, decorrente dalla notificazione o dalla comunicazione in via amministrativa della presente sentenza;

– per la restante parte lo respinge.

Compensa le spese del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *