Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 08-02-2011) 26-05-2011, n. 20998

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte di Appello di Bari, con sentenza in data 9 aprile 2010, riformava la condanna pronunciata il 23 aprile 2009 dal Tribunale di Bari – Sezione distaccata di Bitonto nei confronti di A. S., riconoscendolo colpevole dell’ipotesi attenuata di ricettazione di cover per telefoni cellulari con il falso marchio Nokia e riducendo la pena inflitta dal primo giudice alla misura di mesi tre di reclusione ed Euro 300 di multa. Propone ricorso per cassazione il difensore dell’imputato, deducendo carenza ed illogicità della motivazione.

Il ricorrente rileva che l’unico atto di indagine presente nel fascicolo dibattimentale è il verbale di sequestro di n. 920 cover per telefoni cellulari, essendo stati questi distrutti prima della conclusione delle indagini preliminari; il verbale, inoltre, sarebbe privo della descrizione del materiale sottoposto a sequestro. La impossibilità di visionare il corpo del reato costituirebbe una grave lesione del diritto di difesa.
Motivi della decisione

Il motivo di ricorso è manifestamente infondato e deve essere dichiarato inammissibile. I giudici di merito, le cui valutazioni, non essendovi difformità sul punto denunciato, si integrano vicendevolmente, formando un tutto organico e inscindibile, hanno chiarito che la responsabilità dell’imputato è desumibile da una serie di elementi: non è stato in grado di giustificare il possesso delle cover dei telefonini, l’esperienza in materia di contraffazione dei militari intervenuti, l’anomala circostanza di un marchio di livello internazionale posto in vendita sulle bancarelle piuttosto che presso esercizi commerciali concessionari del marchio. Qualsiasi diversa valutazione degli elementi logico – fattuali evidenziati dai giudici di merito esula dall’ambito di cognizione di questo giudice di legittimità.

Occorre anche ricordare il costante insegnamento giurisprudenziale di questa Corte Suprema, espresso nello specifico della deposizione testimoniale sulla contraffazione di marchi, in virtù del quale "il divieto di apprezzamenti personali, previsto dall’art. 194 cod. proc. pen., non è riferibile ai fatti che siano stati direttamente percepiti dal teste, al quale, a causa della speciale condizione di soggetto qualificato, per le conoscenze che gli derivano dalla sua abituale e specifica attività, non può essere precluso di esprimere apprezzamenti, se questi sono inscindibili dalla deposizione sui fatti stessi. (Nella specie la Corte ha ritenuto non vietati gli apprezzamenti di un ispettore della ditta distributrice del marchio del bene presunto contraffatto)". (Cass. Sez. 3A n. 11939 del 1.10.98, dep. 18.11.98, rv. 212173; conf. Cass. Sez. 5A n. 38221 del 12.6.2008, dep. 7.10.2008, rv. 241312; Cass. Sez. 2A n. 2322 del 12.12.95, dep. 2.3.96, rv. 204031). Logico corollario di tale giurisprudenza è che la contraffazione di marchi, modelli e segni distintivi ben può essere accertata in via testimoniale mediante escussione di soggetti qualificati, in virtù delle conoscenze acquisite nel corso di abituale e specifica attività.

Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità emergenti dal ricorso, al versamento della somma, che si ritiene equa, di Euro 1000,00 a favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000,00 alla cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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