Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 08-02-2011) 26-05-2011, n. 20996

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte di Appello di Roma, con sentenza in data 22 dicembre 2009, riformava la sentenza del Tribunale di Roma del 22 novembre 2006, che aveva condannato C.A. con riferimento al delitto di truffa aggravata, dichiarando l’estinzione del reato per prescrizione e confermando le statuizioni civili del primo giudice, che aveva condannato l’imputato a corrispondere alla parte civile C. M. la somma di Euro 13.000.

Il C., secondo l’imputazione, quale incaricato tecnico della società International Games s.r.l., con artifizi e raggiri, consistiti nell’assicurare la disponibilità, in realtà mai concessa, da parte di due esercizi pubblici di Reggio Emilia a fare funzionare presso i rispettivi locali un apparecchio slot machine, traendo in tal modo in errore C.M. sulla proficuità dell’operazione commerciale, si procurava in danno di quest’ultimo un ingiusto profitto, convincendolo a versare, oltre all’acconto già versato di L. 7.000.000 sul prezzo pattuito, anche il saldo di L. 9.000.000.

Propone ricorso per cassazione il difensore dell’imputato, deducendo il difetto di legittimazione passiva del C., in quanto costui era un tecnico installatore che lavorava per la International Games s.r.l. e interveniva dopo che fosse stato stipulato il contratto di vendita, provvedendo alla installazione della macchina, facendo firmare un accordo di deposito al proprietario del locale, e poi si recava dall’acquirente a riscuotere la somma dovuta quale saldo tramite assegni intestati alla suddetta società.

Il ricorrente denuncia, altresì, l’errore che avrebbero compiuto i giudici di merito, calcolando a carico del C. l’importo totale del contratto concluso tra 1’International Games e il C., mentre egli aveva ricevuto dall’acquirente, per conto della suddetta società, soltanto L. 9.000.000. Inoltre, non sarebbe stata data alcuna prova del danno morale per il quale il C. era stato risarcito.
Motivi della decisione

I motivi di ricorso sono manifestamente infondati ovvero non consentiti nel giudizio di legittimità e devono essere dichiarati inammissibili.

Per quanto concerne la legittimazione passiva del C., il relativo motivo di ricorso è manifestamente infondato, in quanto, come esattamente rilevato dalla sentenza impugnata "il profitto ingiusto non deve necessariamente essere conseguito dal soggetto che pone in essere la condotta fraudolenta, atteso che la norma esige soltanto il nesso causale tra tale condotta e il profitto, restando indifferente che sia un terzo – consapevole – a trarre il beneficio illecito del raggiro".

Il motivo di ricorso concernente l’entità del risarcimento non è consentito, perchè non proposto con i motivi di appello.

Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità emergenti dal ricorso, al versamento della somma, che si ritiene equa, di Euro 1000,00 a favore della cassa delle ammende.

Il ricorrente deve essere, altresì, condannato alla rifusione delle spese sostenute nel presente grado di giudizio dalla parte civile C.M., liquidate in Euro 2480,00 oltre spese forfettarie, IVA e CPA.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000,00 alla cassa delle ammende, nonchè alla rifusione delle spese sostenute nel presente grado di giudizio dalla parte civile C.M., liquidate in Euro 2480,00 oltre spese forfettarie, IVA e CPA. Così deciso in Roma, il 8 febbraio 2011.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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