Cass. pen., sez. I 27-11-2008 (18-11-2008), n. 44336 Espulsione dello straniero condannato per reati in materia di stupefacenti – Ambito di operatività

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

OSSERVA
In data 20.03.2008 la Corte di Appello di Torino, in funzione di giudice dell’esecuzione, dichiarava inammissibile l’istanza proposta da G.R.G., cittadino rumeno, volta alla declaratoria di inefficacia o di ineseguibilità della misura dell’espulsione disposta in suo danno, ai sensi del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 15 da quella stessa Corte di Appello con la sentenza 12.1.2007.
La Corte distrettuale motivava la sua decisione richiamando la nota sentenza delle sezioni unite di questa Corte (Cass., Sez. un,, 27 sett. 2007, n. 15, ric. Megera) ed i principi ivi affermati in ordine alla irretroattività delle norme extrapenali che hanno modificato lo status comunitario dei cittadini rumeni e la circostanza che la sentenza dispositiva dell’espulsione sarebbe stata pronunciata in epoca successiva a quella dell’ingresso della Romania nella Comunità Europea, con la conseguenza che eventuali violazioni normative connesse al nuovo status assunto dall’imputato, potendo essere fatte valere nel corso del processo, assumevano la veste di error in iudicando, denunciagli attraverso gli ordinari mezzi di impugnazione.
Ricorre avverso detto provvedimento G.R.G., con l’assistenza del suo difensore di fiducia, chiedendone l’annullamento giacchè viziato, secondo prospettazione difensiva, da violazione della legge penale e difetto di motivazione. Lamenta in particolare il ricorrente la mancanza di motivazione da parte del giudice a quo in ordine all’argomento che il provvedimento di espulsione non potrebbe legittimamente essere eseguito in danno di un cittadino rumeno, dappoichè dal 1.1.2007 tali cittadini sono cittadini comunitari, tanto che gli stessi ministeri dell’Interno e della Solidarietà sociale, con una congiunta circolare, hanno disposto la cessazione di ogni provvedimento di espulsione.
Deduceva altresì il ricorrente, che contrariamente a quanto affermato nel provvedimento impugnato, le misure di sicurezza, quale quella oggetto del gravame, non accompagnano la definitività della sentenza che le dispone, restando comunque esse sempre revocabili avendo le stesse natura amministrativa, sottoposte al controllo circa l’attualità dei richiesti requisiti, in primis quello relativo alla pericolosità sociale del destinatario. E nel caso di specie tale revocabilità, sempre ad avviso del ricorrente, sarebbe doverosa, in quanto mutata la disciplina sostanziale che l’aveva resa possibile ed in quanto applicabile, ai sensi dell’art. 200 c.p., comma 2 la normativa in vigore attualmente, in forza della quale il cittadino rumeno non può essere espulso ed in quanto, anche nella dimensione dell’espulsione quale misura di sicurezza, sarebbe doveroso l’accertamento della pericolosità sociale, del tutto assente nel caso di specie.
Con motivata requisitoria scritta il P.G. in sede si pronunciava per la inammissibilità dell’impugnazione.
In data 12.11 u.s. il ricorrente, sempre assistito dal suo difensore di fiducia, depositava memoria di replica ai sensi dell’art. 611 c.p.p. con la quale ribadiva, ulteriormente illustrandole, le ragioni della doglianza.
Il ricorso è manifestamente infondato.
L’espulsione disposta con la sentenza del 12.1.2007 dalla Corte di appello di Torino costituisce una misura di sicurezza, adottata dall’A.G. sulla base di un giudizio di pericolosità sociale del suo destinatario.
Ciò posto privo di rilievo si appalesa la circostanza che il ricorrente sia cittadino comunitario dal 1.1.2007, dappoichè tale misura, disciplinata dal D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, art. 86 legittimamente può essere disposta in danno di un cittadino comunitario (Cass. 3.5.2007, n. 22511, sez. 4) trattandosi di previsione che non contrasta con la normativa comunitaria che disciplina la libertà di circolazione e di soggiorno nel territorio degli Stati membri (artt. 18, 39 e 46 del Trattato istitutivo della Comunità Europea), giacchè questa fa esplicitamente salve le limitazioni giustificate da motivi di ordine pubblico, sicurezza pubblica e sanità pubblica ed essendo all’uopo necessario (come, del resto, statuito più volte dalla Corte di giustizia Europea) solo che la misura di sicurezza non venga adottata in modo automatico, bensì previa valutazione della pericolosità della persona sottopostavi (Cass. 17.9.2004 n. 40808: conformi Cass. 21.2.1996 n. 2544; Cass. 8.2.1999 n. 11167; Cass. 2.10.2002 n. 39648).
Nel caso in esame la Corte territoriale che ha pronunciato la sentenza di condanna e la conseguente espulsione ha ampiamente motivato, ancora di recente, in ordine alla pericolosità del ricorrente, dato peraltro, quest’ultimo, ininfluente rispetto alla cognizione alla quale il Collegio è chiamato dalla impugnazione di legittimità avverso il decreto del giudice distrettuale che ha rigettato, come innanzi premesso, l’istanza volta alla declaratoria di ineseguibilità ovvero di intervenuta inefficacia della misura disposta con la predetta sentenza, ormai passata in giudicato.
Tanto premesso e considerati logicamente assorbiti nella motivazione di cui innanzi ogni altra censura proposta, il ricorso va dichiarato inammissibile ed alla declaratoria di inammissibilità consegue sia la condanna al pagamento delle spese del procedimento, sia quella al pagamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, somma che si stima equo determinare in Euro 1.000.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di Euro 1.000 alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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