Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 24-05-2011) 27-05-2011, n. 21391

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con decreto in data 9.3 – 13.4.2010 la Corte d’appello di Reggio Calabria ha rigettato il loro appello avverso il decreto 27.2.2009 del locale Tribunale, di rigetto della richiesta di revoca della confisca di immobile, disposta il 21.11.1996 (ed esecutiva il 18.3.1998) nei confronti anche di P.A., marito di GI.GI., loro sorella e all’epoca donataria del bene, ricorrono G.G., G.D.F. e G.F., a mezzo dell’avv. Lorenzo Gatto, denunciando "violazione dell’art. 606, comma 1, lett. D ed E in relazione all’applicazione della L. n. 575 del 1965, e succ. modifiche".

Secondo i ricorrenti, l’argomentazione della Corte distrettuale – che, riconoscendo la legittimazione dei tre ha tuttavia spiegato che essi riproponevano questioni già disattese negli originari provvedimenti di applicazione della confisca, disattendendo anche una richiesta di consulenza tecnica sul punto della possibilità da parte del defunto padre G.A. di costruire l’immobile de quo, volta a negare la riconducibilità dello stesso al P. ed ai figli di questi – sarebbe basata su clausole di stile ed inaccettabili congetture, con motivazione 1 fragilè laddove escludeva rilevanza all’esito del giudizio civile che aveva confermato rientrare quell’immobile nell’asse ereditario, mentre valorizzava la tardività dell’azione dei tre ricorrenti e l’assenza nell’atto di donazione del richiamo all’avvenuta sopportazione dei soli costi dell’opera.

1.1 II procuratore generale in sede ha presentato conclusioni scritte per l’inammissibilità dei ricorsi, evidenziando come in realtà i ricorrenti non fossero legittimati a richiedere la revoca dell’originaria confisca, in quanto all’epoca dell’adozione di tale provvedimento gli stessi non vantavano alcun diritto sul bene, sicchè tale confisca doveva considerarsi nei loro confronti irrevocabile e prevalente su eventuali acquisti in buona fede o sulla titolarità di diritti reali di garanzia, eventualmente idonei alla tutela risarcitoria in sede civile.

2. I ricorsi sono innanzitutto originariamente inammissibili per la loro intrinseca genericità (il che si manifesta assorbente anche rispetto alle pur fondate prospettazioni della parte pubblica).

Va premesso che nel procedimento di prevenzione il ricorso per cassazione è ammesso soltanto per violazione di legge, secondo il disposto della L. 27 dicembre 1956, n. 1423, art. 4, comma 10, richiamato dalla L. 31 maggio 1965, n. 575, art. 3 ter, comma 2. Ne consegue che, in tema di sindacato sulla motivazione, è esclusa dal novero dei vizi deducibili in sede di legittimità l’ipotesi dell’illogicità manifesta o della contraddittorietà, di cui all’art. 606 c.p.p., lett. E, con il ricorso potendosi denunciare il solo caso di motivazione inesistente o meramente apparente, qualificabile come violazione dell’obbligo di provvedere con decreto motivato imposto al giudice d’appello dalla predetta L. n. 1423 del 1956, art. 4, comma 9, (Sez.6, sent. 28837 del 26.6-26.7.2002; Sez.6, sent. 35044 del 8.3 – 18.9.2007; Sez. 5, sent. 19598 del 8.4 – 24.5.2010).

Orbene, la Corte distrettuale ha la vicenda fin dalle sue origini ricostruito con piena adeguatezza; ha spiegato, con ampio richiamo al contenuto dei provvedimenti precedenti, perchè le deduzioni sulla non riconducibilità dell’immobile al P. fosse questione già approfonditamente valutata e risolta; ha dato conto del perchè la consulenza sollecitata dai ricorrenti non sarebbe stata comunque idonea a modificare quelle argomentazioni e valutazioni; ha spiegato come l’originario procedimento si sia svolto nella pienezza del contraddittorio tra coloro che, all’epoca, vi avevano efficace titolo formale; ha spiegato perchè – ammessa la legittimazione dei ricorrenti nella richiesta di revoca in ragione del loro subentrare, dopo la causa civile, nei diritti della sorella già donataria – mancava comunque alcun elemento di novità nelle loro prospettazioni. il tutto, con apprezzamenti congrui ai dati fattuali richiamati e sorretti da motivazione tutt’altro che apparente.

Le censure difensive sono inammissibili, laddove denunciano pretese insufficienze o inadeguatezze della motivazione (vizi irrilevanti nella procedura dove è deducibile il solo vizio di violazione di legge), e sono apodittiche e quindi generiche, laddove contestano inesistenti omesse motivazioni su punti determinanti delle questioni devolute alla Corte distrettuale, non confrontandosi con l’effettivo articolato contenuto del decreto impugnato.

Consegue la condanna di ciascuno dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma – equa in relazione ai casi – di Euro 1500 alla Cassa delle ammende.
P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno della somma di Euro 1500 alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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