Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 24-05-2011) 27-05-2011, n. 21367 Poteri della Cassazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

volgimento del processo – Motivi della decisione

1. La Corte d’appello di Torino il 9.10.2009 ha confermato la sentenza con cui in data 31.10.2008 il locale Tribunale aveva condannato il carabiniere A.G. alla pena di giustizia, per il delitto di peculato (secondo l’imputazione, si era appropriato della somma di 70 o 80 Euro, contenuta in un portafogli smarrito e consegnatogli, quale piantone di una caserma dell’Arma, per la restituzione, fatto del 12 agosto 2006). Risulta dalla sentenza della Corte distrettuale che il portafogli, smarrito da una donna, era stato rinvenuto da un uomo che lo aveva portato in caserma, consegnandolo al piantone. Al momento del rinvenimento e della consegna conteneva la somma sopra ricordata. Al momento della concreta restituzione del portafogli alla donna, la somma mancava.

Questa, che aveva avuto dal "piantone" il recapito del rinvenitore, lo aveva chiamato per ringraziarlo, apprendendo così che all’atto della consegna il denaro era ancora presente. Risultava dalla stessa sentenza che l’ A. non aveva compilato il verbale di ricezione, chiedendo poi al commilitone che doveva subentrargli nel turno di servizio di essere aiutato alla compilazione del verbale di restituzione, riferendogli di non aver guardato ancora cosa ci fosse nel portafogli, circostanza che oltre che intrinsecamente inverosimile era pure valutata come significativamente contraddittoria con il contenuto della telefonata che l’imputato aveva, a quel momento, già fatto alla donna, riferendole della presenza di solo qualche moneta.

2. Il ricorso proposto nell’interesse dell’imputato deduce, con unico motivo, illogicità e carenza di motivazione in relazione all’affermazione di responsabilità, emergente dal testo del provvedimento impugnato e dalla deposizione del teste carabiniere Z. (il collega subentrante) – il cui integrale verbale viene allegato -. Secondo il ricorrente la Corte distrettuale avrebbe basato la conferma della condanna di A. solo sulla deposizione del carabiniere subentrante: la Corte avrebbe travisato la prova (il ricorso indica nell’epigrafe la carenza di motivazione e l’illogicità, ma la deduzione concretamente svolta è riconducibile a tale vizio), perchè la risposta dell’imputato di non aver guardato dentro il portafoglio avrebbe dovuto essere riferita non ancora al momento del contatto con il teste, ma solo al momento iniziale della ricezione del portafoglio. In sostanza, A. avrebbe riferito al collega di non avere, ma all’atto della ricezione, nè compilato il verbale nè guardato nel portafoglio: da qui l’assenza della contraddizione/inveridicità valutata invece essenziale dal Giudice d’appello, e la permanente incertezza probatoria, non potendosi escludere che, tenuto conto dello stato dei luoghi e della natura delle incombenze del "piantone", altri si fosse concretamente impossessato della somma lasciata incustodita.

3. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

La sentenza d’appello ha confermato l’apprezzamento probatorio del primo Giudice, dopo aver risposto alle critiche che la difesa aveva portato alla ricostruzione del fatto. Dalla lettura della sentenza d’appello emerge che i motivi di doglianza afferivano in particolare:

alla valorizzazione della deposizione di altro carabiniere – che aveva riferito di aver visto le banconote uscire dal portafogli e sollecitato l’imputato alla custodia, prospettandosi invece che proprio quel soggetto potesse essere autore dell’impossessamento;

alla possibilità che chiunque fosse stato anche occasionalmente presente in caserma nell’ora in cui si è sviluppata la vicenda, in relazione ai movimenti inevitabili propri del servizio di piantone, potesse essersi impossessato della somma; all’incompatibilità logica tra l’aver fornito alla donna i recapiti del rinvenitore e l’essersi impossessato di somma consegnatagli. Questa elencazione non è stata oggetto di censura nel ricorso, in particolare sotto il profilo dell’omessa motivazione rispetto ad altra argomentazione determinante.

Non vi è, pertanto e in particolare, tra le deduzioni di merito devolute al Giudice d’appello alcuna censura sull’interpretazione della deposizione del teste carabiniere Z., che viene quindi introdotta per la prima volta in sede di ricorso. Si tratta allora di una censura in realtà di stretto merito e nuova, incompatibile con la sede di legittimità, a fronte di una doppia conforme pronuncia dei Giudici del merito.

Nè può dirsi che ricorra il vizio di travisamento della prova testimoniale del teste Z. sul punto – affermato dai due Giudici del merito – che secondo questo teste ancora al momento dell’invito alla redazione comune del verbale di restituzione A. gli riferiva di non essere a conoscenza del contenuto effettivo del portafogli.

Ricordato l’insegnamento di questa Corte di legittimità, secondo il quale in tema di travisamento della prova dichiarativa la Corte di cassazione deve limitarsi a verificare se il senso probatorio attribuito dal ricorrente alla prova orale, in contrasto con quello invece ritenuto nel provvedimento impugnato, presenti una verosimiglianza non immediatamente smentibile e non necessitante di ulteriori valutazioni in relazione al contenuto complessivo dell’esame del dichiarante (Sez. 6, sent. 18491 del 24.2 – 14.5.2010), è agevole constatare l’insussistenza di tali requisiti, nel caso di specie. Infatti, l’assunto difensivo è che dalla deposizione del teste Z. risulterebbe palese che quando questi richiama la risposta di A. di non aver ancora guardato nel portafogli, il riferimento sarebbe a condotta dell’ A. risalente al momento della ricezione del portafogli e non ad una situazione protrattasi fino al contatto con lo Z.. Ma è sufficiente leggere l’ultima domanda e risposta dell’esame condotto dal pubblico ministero (pag. 49 del verbale – atto diligentemente prodotto dal ricorrente in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso) per escludere che lo Z. abbia indiscutibilmente fatto riferimento ad un momento diverso da quello del proprio contatto, sicchè l’assunto difensivo del ricorso si risolve – e conferma – come doglianza di stretto merito, preclusa in questa sede.

Consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al pagamento della somma di Euro 1000 alla Cassa delle ammende.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000 alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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