Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 13-05-2011) 27-05-2011, n. 21414

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza del 25 settembre 2010, la Corte di appello di Cagliari ha confermato la sentenza emessa il 15 luglio 2005 dal Tribunale della medesima città, con la quale M.C. è stato condannato alla pena di anni uno di reclusione ed Euro 300,00 di multa e D.S. alla pena di mesi dieci di reclusione ed Euro 200,00 di multa, quali imputati di ricettazione sostituzione di persona e falso in quanto utilizzavano una carta di identità provento di furto, sulla quale apponevano la fotografia della donna, per indurre in errore gli addetti alle vendite di un negozio di computer e ottenere un finanziamento necessario per l’acquisto dello strumento.

Avverso la sentenza di appello hanno proposto ricorso per cassazione con unico atto entrambi gli imputati, i quali prospettando le medesime questioni di fatto già dedotte in appello, lamentano che alla stregua delle dichiarazioni rese da un agente operante, non sarebbe emersa con certezza la loro identificazione.

Il ricorso è palesemente inammissibile, in quanto i ricorrenti, non soltanto si sono limitati a riproporre le medesime tematiche già dedotte in appello ed ampiamente sviscerate dai giudici di quel grado con puntuale e logica motivazione, del tutto negletta dai ricorrenti, ma hanno articolato i rilievi impugnatori esclusivamente in forza di una rilettura dei fatti,al di fuori di una specifica critica e di un diretto riferimento alla logica che ha sostenuto l’impianto argomentativo su cui si è saldamente ancorata la delibazione operata dai giudici del gravame. Il ricorso risulta pertanto proposto in forza di motivi non consentiti, in quanto le censure dedotte risultano solo formalmente evocative dei prospettati vizi di legittimità, ma in concreto sono articolate esclusivamente sulla base di rilievi di merito, tendenti ad una rivalutazione delle relative statuizioni adottate dalla Corte territoriale. Statuizioni, per di più, sviluppate, come si è già accennato, sulla base di un esauriente corredo argomentativo, proprio sui punti – ricostruzione della dinamica dei fatti, certa identificazione dei due imputati, concordi dichiarazioni testimoniali, e obiettiva acquisizione del falso documento di identità, con la fotografia della donna – in relazione ai quali i ricorrenti hanno svolto le proprie doglianze, evidentemente tese ad un improprio riesame del fatto, estraneo al perimetro entro il quale può svolgersi il sindacato riservato a questa Corte.

Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali ed al versamento alla Cassa delle ammende di una somma che si stima equo determinare in Euro 1.000,00 ciascuno, alla luce dei principi affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 186 del 2000.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno della somma di Euro mille in favore della Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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