Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 12-05-2011) 27-05-2011, n. 21437

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ordinanza in data 23/12/2010, il Tribunale per il riesame di Trieste, a seguito di appello proposto dal PM nei confronti di R.V., indagato per il reato di ricettazione, avverso l’ordinanza del Gip di Trieste, emessa in data 1/12/2010, con la quale era stata respinta la richiesta di applicazione della misura cautelare della custodia in carcere, in riforma di detta ordinanza, disponeva la custodia cautelare in carcere del prevenuto. Il Tribunale riteneva sussistente il quadro di gravità indiziaria fondato sugli accertamenti della Polizia giudiziaria che aveva fermato una BMW nera guidata da R.V., transitata vicino al luogo di commissione di alcuni furti in abitazione ed aveva sequestrato oggetti di valore di provenienza furtiva.

Quanto alle esigenze cautelari, il Tribunale riteneva sussistente il pericolo di reiterazione del reato, in considerazione della personalità del prevenuto il quale risultava già condannato con due differenti nominativi, per cui la custodia cautelare in carcere appariva l’unica misura adeguata. Avverso tale ordinanza propone ricorso l’indagato, per mezzo del suo difensore di fiducia, sollevando due motivi di gravame con il quali deduce violazione di legge in relazione agli artt. 309 e 310 c.p.p., nonchè violazione di legge in relazione agli artt. 273 e 192 c.p.p. e mancanza e manifesta illogicità della motivazione in tema di gravità indiziaria.
Motivi della decisione

Il ricorso è inammissibile in quanto basato su motivi non consentiti nel giudizio di legittimità e comunque manifestamente infondati.

Per quanto riguarda il primo motivo, in punto di gravità del quadro indiziario, occorre rilevare che il vaglio logico e puntuale delle risultanze processuali operato dal Tribunale per il riesame non consente a questa Corte di legittimità di muovere critiche, nè tantomeno di operare diverse scelte di fatto. Le osservazioni del ricorrente non scalfiscono l’impostazione della motivazione e non fanno emergere profili di manifesta illogicità della stessa; nella sostanza, al di là dei vizi formalmente denunciati, esse svolgono, sul punto dell’accertamento del quadro indiziario, considerazioni in fatto insuscettibili di valutazione in sede di legittimità, risultando intese a provocare un intervento in sovrapposizione di questa Corte rispetto ai contenuti della decisione adottata dal Giudice del merito.

Ugualmente inammissibili risultano le censure in punto di fondatezza delle esigenze cautelari, essendo le relative valutazioni del Tribunale del riesame fondate su una motivazione congrua e priva di vizi logico-giuridici, come tale incensurabile in questa sede.

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende di una somma che, alla luce del dictum della Corte costituzionale nella sentenza n. 186 del 2000, sussistendo profili di colpa, si stima equo determinare in Euro 1.000,00 (mille/00).
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille alla Cassa delle ammende.

Si provveda a norma dell’art. 28 reg. esec. c.p.p..

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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