Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 05-05-2011) 27-05-2011, n. 21407 Reato continuato

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza in data 18 giugno 2010, la Corte d’Appello di Catania, 3A sezione penale, confermava la sentenza del GUP del Tribunale in sede, con la quale l’appellante P.G. era stato dichiarato colpevole di due rapine aggravate, una in danno del supermercato MAR e l’altra del supermercato A&O di Catania, fatti commessi rispettivamente il 14 maggio e il 26 giugno 2009 nonchè di resistenza e lesioni personali volontarie in danno del pubblico ufficiale intervenuto in occasione della seconda rapina e condannato, riconosciuta l’attenuante di cui all’art. 62 c.p., n. 6 subvalente rispetto alle contestate aggravanti, tenuto conto della continuazione e della diminuente del rito, alla pena di sette anni quattro mesi di reclusione ed Euro 1800,00 di multa, con interdizione perpetua dai pubblici uffici e dichiarazione di abitualità nel delitto con confisca degli oggetti sequestrati.

La Corte territoriale riteneva, in relazione ai delitti di lesioni e resistenza, sussistenti i requisiti della violenza e della minaccia al pubblico ufficiale con conseguente causazione delle lesioni;

quanto alla rapina nel supermercato A&O e alla tesi difensiva per la quale si sarebbe trattato di tentativo, era condivisibile la conclusione cui era giunto il primo giudice perchè la sottrazione e l’impossessamento si erano già verificati al momento dell’intervento del poliziotto; quanto agli altri motivi di appello dovevano esser condivise le motivazioni della sentenza di primo grado perchè a sostegno dell’appello non è stato portato alcun elemento concreto tale da poterne determinare l’accoglimento.

Contro tale decisione ha proposto tempestivo ricorso l’imputato, a mezzo del difensore, che ne ha chiesto l’annullamento per i seguenti motivi: – mancanza di motivazione e violazione di legge in ordine alla mancata declaratoria di improcedibilità per mancanza di querela in ordine al delitto di lesioni; – mancanza di motivazione e travisamento della prova in relazione agli artt. 56 e 628 c.p. per omessa qualificazione nelle forme del tentativo della rapina nel supermercato A&O; – mancanza di motivazione e violazione di legge in ordine alla mancata concessione dell’attenuante della lieve entità del danno in relazione al delitto nel supermercato A&O; – mancanza di motivazione e violazione della legge penale in relazione agli artt. 132, 133 e 62-bis c.p.; – mancanza di motivazione e violazione della legge penale in ordine alla valutazione e comparazione dell’attenuante del risarcimento del danno sulle ritenute aggravanti;

– mancanza di motivazione e violazione di legge con riferimento agli artt. 517 e 522 c.p.p. in relazione agli artt. 103 e 216 c.p. mancando la specifica contestazione dell’abitualità; – mancanza di motivazione e violazione di legge con riferimento alla confisca e alla distruzione della felpa e della maglietta in sequestro.
Motivi della decisione

1. Il primo motivo di ricorso è infondato. Il delitto di lesioni lievi è perseguibile d’ufficio ove sia contestata e ritenuta l’aggravante del nesso teleologico, aggravante che è stata contestata sia formalmente ( artt. 582-585 c.p.) sia in fatto (allorchè nel capo di imputazione si richiama "il contesto del fatti di cui al capo B, capo che espressamente menziona l’aggravante del nesso teleologico).

2. Il secondo motivo di ricorso è infondato, perchè la sentenza impugnata ha congruamente risposto alle doglianze mosse con l’appello con le quali, al fine di sollecitare la tesi difensiva, si era evidenziato il diverso convincimento del mancato impossessamento del danaro attraverso il risultato probatorio rinvenibile nei fotogrammi estrapolati dalla videoregistrazione tramite il circuito interno.

Solo in questa sede si sono richiamate le dichiarazioni dei cassieri A. e D.. E’ pacifico che quest’ ultimo, sebbene minacciato, non ha subito sottrazione di danaro, mentre il primo ha solo dichiarato di non essersene avveduto ma di avere poi appreso dalla Polizia che gli erano stati sottratti Euro 220,00. 3. Il terzo motivo di ricorso, che attiene al mancato riconoscimento dell’attenuante di cui all’art. 62 c.p., n. 4, è infondato.

Vero è che "in tema di continuazione, la circostanza attenuante dell’integrale riparazione del danno va valutata e applicata in relazione a ogni singolo reato unificato nel medesimo disegno criminoso". (cfr. Cass. SU 23.1.2009 n. 3286, che così argomenta:

"Può allora concludersi – e in tale senso è altresì orientata l’unanime dottrina – che il reato continuato si configura quale particolare ipotesi di concorso di reati che va considerato unitariamente solo per gli effetti espressamente previsti dalla legge, come quelli relativi alla determinazione della pena, mentre, per tutti gli altri effetti non espressamente previsti, la considerazione unitaria può essere ammessa esclusivamente a condizione che garantisca un risultato favorevole al reo. Va affermato, conseguentemente, il principio secondo il quale i reati uniti dal vincolo della continuazione, con riferimento alle circostanze attenuanti ed aggravanti, conservano la loro autonomia e si considerano come reati distinti.

Ne consegue che – rispetto all’aggravante della rilevanza economica del pregiudizio patrimoniale ( art. 61 c.p., n. 7) ed alle attenuanti della speciale tenuità ( art. 62 c.p., n. 4) e dell’intervenuto risarcimento ( art. 62 c.p., n. 6) – l’entità del danno e l’efficacia della condotta riparatoria devono essere valutate in relazione ad ogni singolo reato e non al complesso di tutti i fatti illeciti avvinti dal vincolo della continuazione. Ciò incide, ad evidenza:

sulla individuazione del reato più grave; sulla determinazione della pena-base, nel caso in cui la sussistenza della circostanza riguardi la violazione ritenuta più grave; sulla determinazione del "quantum" dei rispettivi aumenti di pena, in caso di circostanza inerente ad uno ovvero a più tra gli altri reati posti in continuazione." Tuttavia il ricorrente si è limitato a mettere in rilievo l’importo della somma compendio della rapina in danno del supermercato A&O. Non ha tenuto conto del danno subito dalla vittima della minaccia. Va ribadito che "ai fini della configurabilità dell’attenuante del danno di speciale tenuità con riferimento al delitto di rapina, non è sufficiente che il bene mobile sottratto sia di modestissimo valore economico, ma occorre valutare anche gli effetti dannosi connessi alla lesione della persona contro la quale è stata esercitata la violenza o la minaccia, attesa la natura plurioffensiva del delitto "de quo", il quale lede non solo il patrimonio, ma anche la libertà e l’integrità fisica e morale della persona aggredita per la realizzazione del profitto. Ne consegue che, solo ove la valutazione complessiva del pregiudizio sia di speciale tenuità può farsi luogo all’applicazione dell’attenuante, sulla base di un apprezzamento riservato al giudice di merito e non censurabile in sede di legittimità, se immune da vizi logico-giuridici" (Cass. Sez. 2, 20.1-20.5-2010 n. 19308).

5. Il quinto motivo di ricorso, che attiene al mancato riconoscimento delle attenuanti generiche è infondato perchè la sentenza di primo grado aveva diffusamente giustificato il convincimento di non meritevolezza delle dette attenuanti e con l’appello nessuna critica era stata formulata alle rammentate argomentazioni.

6. Il sesto motivo di ricorso, che attiene al giudizio di valenza della riconosciuta attenuante del risarcimento del danno, è inammissibile, perchè con l’appello tale richiesta era connessa all’accoglimento dei motivi attinenti l’esclusione dell’aggravante del travisamento e del riconoscimento dell’attenuante della particolare tenuità del danno.

7. Il settimo motivo di ricorso, che attiene alla mancanza di motivazione in ordine alla declaratoria di abitualità, secondo quanto già statuito da questa Corte (Cass. Sez. 5, 15.4-16.7.2010 n. 27765) è fondato. Secondo un condivisibile orientamento interpretativo, la due ipotesi di abitualità nel reato hanno autonome caratteristiche che, secondo il rigoroso rispetto del dovere di motivazione e del principio del contraddittorio, sono incompatibili con una loro automatica fungibilità. Pertanto, il mutamento del tipo di abitualità ritenuto in sentenza, rispetto a quello contestato, correlato all’impedimento per la difesa dell’effettiva esplicazione delle sue prerogative e quindi alla violazione del principio del contraddittorio, determina un vizio della doverosa correlazione tra pronuncia e contestazione. Posto che la abitualità ex art. 102 c.p. – contestata al P. – è stata sostituita dai giudici di merito con quella ex art. 103 c.p. senza il rispetto delle garanzie diritto di difesa e del principio del contraddittorio, va dichiarato l’annullamento senza rinvio della relativa declaratoria di abitualità che va, quindi, eliminata. Si tratta di insegnamento consolidato (cfr. Cass. Sez. 6, 2-29.4.2009 n. 17884 la quale ha stabilito che: "in presenza di due diverse tipologie di abitualità che, comuni nelle conseguenze giuridiche, divergono per le fonti e ragioni della corrispondente dichiarazione – la presunzione di legge per l’una ( art. 102 c.p.) e l’apprezzamento del giudice per l’altra ( art. 103 c.p.) – nonchè per i presupposti di fatto e diritto – i precedenti qualificati per la prima ( art. 102 c.p.), la dedizione al delitto desunta, per il recidivo reiterato che riporti altra condanna, dalla specie e gravita dei delitti, dal tempo della loro commissione, da condotta e genere di vita, e dalle altre circostanze indicate dal capoverso dell’art. 133 c.p. per la seconda – deve ritenersi senz’altro generica, e quindi nulla ai sensi dell’art. 429 c.p.p., comma 1, lett. c) e comma 2, la contestazione che si limiti, come nella fattispecie, all’indicazione dell’essere l’imputato "recidivo reiterato specifico nel quinquennio" e "nella condizione per essere dichiarato delinquente abituale", senza contestualmente fare espresso riferimento all’art. 102 o all’ art. 103 c.p. e indicare le ragioni di fatto che collocherebbero l’imputato in una delle due fattispecie (Sez. 1, sent. 22696 del 3.3 – 12.5.2004 in proc. Vandi e altri; Sez. 2, sent. 1839 del 31.1 – 16.2.2000 in proc. Franzoi). Deve in particolare ed infatti escludersi che possa ritenersi, con tale generica locuzione, adempiuto l’obbligo di contestare con sufficiente chiarezza e precisione, sul presupposto che sarebbe poi onere dell’imputato una difesa nel merito su entrambe le ipotesi astrattamente configurabili ed eventualmente possibili nonchè, nell’ambito della seconda, su tutti i possibili elementi a lui pregiudizievoli che emergano dal fascicolo processuale. Nessun onere in proposito è invece riconducibile all’imputato, che deve per contro esser posto nelle condizioni – per la dichiarazione di abitualità come per le circostante aggravanti e per il fatto per cui si procede – di conoscere preventivamente gli elementi su cui poggia l’accusa che gli è rivolta, per poter svolgere adeguata difesa, ove lo ritenga, sui vari punti della contestazione.

Nel caso di specie per il delitto di rapina in danno del supermercato MAR l’abitualità non era contestata, mentre per gli altri reati era contestata, ma ex art. 102 c.p. e senza alcuna specificazione in fatto delle ragioni idonee – secondo l’accusa – a fondare il giudizio di dedizione al delitto; risulta altresì tempestivamente proposta l’eccezione. In accoglimento del motivo, pertanto, la sentenza va annullata senza rinvio limitatamente all’intervenuta dichiarazione di delinquenza abituale, che va eliminata, trattandosi di punto della decisione del tutto autonomo, privo di rilievo alcuno sulla determinazione della pena ed insuscettibile di rivisitazione.

8. L’ottavo motivo di ricorso, che attiene ad omessa motivazione sulla richiesta di restituzione di quanto in sequestro (due capi di abbigliamento e un telefono cellulare), è fondato. Con l’appello la questione era stata ritualmente posta e la sentenza ha omesso di statuire. Si impone pertanto l’annullamento con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Catania perchè, nella piena libertà di decisione propria del giudice di merito, colmi il rilevato vuoto motivazionale.

9. A norma dell’art. 624 c.p.p., poichè l’annullamento riguarda parti della sentenza prive di connessione essenziale con la condanna alla pena detentiva e a quella pecuniaria, essa acquista autorità di cosa giudicata.
P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata senza rinvio limitatamente alla dichiarazione di abitualità nel delitto, che elimina, e con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Catania limitatamente alla disposta confisca della felpa e della maglietta nonchè all’omessa pronuncia relativa alla restituzione di un telefono cellulare in sequestro. Rigetta nel resto il ricorso e dichiara irrevocabile la sentenza relativamente alla pena inflitta.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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