Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 05-05-2011) 27-05-2011, n. 21377

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

volgimento del processo

1. La difesa di P.J.C. ha proposto ricorso avverso la sentenza con la quale il Tribunale di Catanzaro il 26/7/2010 ha applicato la pena di mesi tre e giorni dieci di reclusione per il delitto di evasione.

Si eccepisce con il primo motivo vizio di cui all’art. 606 c.p.p., lett. a) e b) per violazione dell’art. 111 Cost., artt. 97, 391 e 558 cod. proc. pen. e art. 385 cod. pen., per non essere stata garantita la presenza del sostituto del difensore di fiducia al giudizio direttissimo, del quale non era stata data comunicazione neppure al difensore d’ufficio nominato dal P.m.. Si assume che ai due professionisti non sia stato comunicato il decreto completo dell’indicazione di data ed ora dell’udienza.

Si contesta inoltre che dinanzi al magistrato si era proceduto seguendo il procedimento di cui all’art. 391 cod. proc. pen. non quello previsto dall’art. 558 cod. proc. pen.. Malgrado la richiesta comunicata telefonicamente, di attendere per la celebrazione dell’udienza il sostituto del difensore di fiducia, si procedeva alla nomina di un difensore di ufficio, ed a seguito di ciò si accedeva all’applicazione della pena, senza che fosse disposta una perizia per accertare le condizioni mentali del P., malgrado ciò fosse stato fatto nel processo che aveva causato l’applicazione della misura.

2. Con il secondo motivo, eccependo i medesimi vizi in relazione all’art. 111 Cost. e art. 129 cod. proc. pen., art. 385 cod. pen. si contesta la mancata applicazione di formule di proscioglimento in fatto segnalando che l’allontanamento dalla comunità era stato preannunciato da P. che intendeva sottoporre il caso della sua presenza, in luogo lontano da casa, all’attenzione degli inquirenti, presso i quali stava andando a costituirsi, in tal modo dimostrandosi l’insussistenza dell’elemento psicologico del reato.

3. Da ultimo si rileva l’erroneo calcolo della pena eseguito, che ha condotto alla riduzione della sanzione in misura inferiore al terzo, senza concessione della sospensione condizionale.
Motivi della decisione

1. Il ricorso è inammissibile. I profili in rito non risultano fondati, in quanto, da un canto, l’esame degli atti consente di accertare che si è provveduto alla rituale comunicazione della data di fissazione dell’udienza per il giudizio direttissimo, come è dato anche implicitamente ricavare dalla pretesa richiesta telefonica intervenuta per ritardare la chiamata del processo, impossibile da formulare ove non fosse chiaro il luogo e l’ora della convocazione.

In ogni caso di tale richiesta non v’è traccia nel processo, e d’altro canto, anche ove formulata, non vincolava il giudice alla concessione del termine, stante i ristretti ambiti temporali nei quali deve si procedere a giudizio.

A fronte della regolare convocazione del difensore di fiducia, correttamente non è stata data comunicazione a quello di ufficio, nominato in precedenza dal P.m. per il caso di assenza del professionista indicato all’interessato, e, per contro, si è provveduto a far assistere quest’ultimo dal difensore d’ufficio, una volta accertata la mancata comparizione del difensore di fiducia all’udienza.

2. Incomprensibile è poi la contestazione dell’applicazione della disposizione di cui all’art. 558 cod. proc. pen. di cui non si nega la sussistenza dei presupposti legittimanti, e la cui accettazione, in ogni caso avvenuta sia con la mancata richiesta di concessione di termini a difesa, sia con la proposizione dell’istanza di applicazione pena, esclude la possibilità di eccepire ipotizza bili motivi di nullità, neppure indicati con chiarezza in questa sede; i relativi rilievi quindi non superano il difetto della genericità. 3. Quanto all’art. 129 cod. proc. pen. il primo giudice risulta aver adeguatamente motivato la mancanza di elementi che permettevano di giungere al proscioglimento in fatto dell’imputato; per contro la mera allegazione di una accertata incapacità in altro contesto non poteva per ciò solo far sorgere la necessità di accertamento specifico nel presente procedimento, avendo l’interessato lucidamente motivato la sua scelta di abbandonare gli arresti domiciliari, poichè da eseguire in luogo troppo lontano dalla sua famiglia, circostanza di fatto che permette di escludere l’assenza di coscienza e volontà dell’azione, e che, sul piano fattuale, non può giustificare l’allontanamento dalla struttura al fine di prospettare le proprie esigenze all’autorità di controllo, dovendo al più l’interessato manifestare tale sua esigenza tramite ordinaria istanza da proporre alle autorità competenti.

4. Infondato in diritto è il rilievo sollevato con riferimento all’illegittimità della pena applicata, poichè l’art. 444 cod. proc. pen. nel prevedere la determinazione della pena concordata, consente che la sanzione sia ridotta fino ad un terzo, lasciando alle parti la libertà di convenire una riduzione anche di misura inferiore, come avvenuto nella specie, sulla base dell’accordo dei contraenti. Analogamente l’esame degli atti ha permesso di accertare che la sospensione condizionale della pena non rientrava negli estremi dell’accordo, il che ne escludeva l’applicazione, dovendo limitarsi il giudice a controllare la rispondenza a legalità di quanto convenuto e non potendo applicare benefici ex officio, pur ove astrattamente concedibili.

5. Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile; il ricorrente è tenuto ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese processuali, nonchè al versamento in favore della Cassa delle ammende di una somma determinata nella misura indicata in dispositivo, in ragione della natura del procedimento.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.500 in favore della cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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