Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 28-04-2011) 27-05-2011, n. 21320

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza 9.03.2010 la Corte di Appello di Catania confermava la condanna alla pena dell’arresto e dell’ammenda inflitta nel giudizio di primo grado a L.A. e a G.G. quali colpevoli di avere eseguito in zona sismica e senza permesso di costruire, in sopraelevazione di un edificio preesistente, un manufatto esteso metri 4.64 x 2.65.

Proponevano ricorso per cassazione gli imputati eccependo la nullità della sentenza, degli atti d’indagine preliminare e di quello del giudizio di primo grado perchè:

i VVUU avevano ordinato alla L., quale indagata, di presentarsi sui luoghi senza avviso della facoltà di difendersi, donde l’inutilizzabilità delle sue dichiarazioni;

al difensore di fiducia non era stato dato avviso del rinvio dell’udienza 19.11.1998 ad altra data;

mancava la chiara enunciazione del fatto perchè non era stato individuato il manufatto abusivo con gli indispensabili riferimenti catastali.

Denunciavano inosservanza ed erronea applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche di cui si deve tenere conto nell’applicazione della legge penale e in particolare dell’art. 359 c.p.p.; mancanza e manifesta illogicità della motivazione sull’affermazione di responsabilità perchè non erano stati individuati gli esecutori materiali, nè era stata acquisita la prova della loro partecipazione all’attività edilizia non potendosi dedurre ciò dalla loro qualità di comproprietari ovvero dall’ammissione resa in merito da G., come asserito a pag. 3 della sentenza impugnata.

Sostenevano che il fatto non costituiva reato sia per l’effetto abrogativo del D.P.R. n. 380 del 2001 sia perchè "il rifacimento di un locale preesistente non è penalmente rilevante".

Chiedevano l’annullamento della sentenza.

Non sono puntuali le eccezioni procedurali.

Per il compimento di accertamenti urgenti sui luoghi sulle cose e sulle persone, di cui all’art. 354 c.p.p., compiuti da ufficiali o agenti di polizia giudiziaria, l’omesso avvertimento di cui all’art. 114 disp. att. c.p.p. dà luogo a una nullità a regime intermedio, come ripetutamente stabilito dalla Corte di Cassazione ex multis, Sezione 4^, n. 42715/2003, RV. 227303 e, pertanto, deve essere eccepita immediatamente dopo il compimento dell’atto.

La nullità può essere fatta valere anche con la richiesta di riesame Sezione 3^, n. 33517/2005, RV. 233164; n. 9360/2006, RV. 234041; Sezione 5^, n. 44538/2008, RV. 241904.

Nel caso di specie, i ricorrenti lamentano che l’omissione dell’avviso attiene all’ordine impartito dalla polizia municipale alla L. di presentarsi "sui luoghi" ma non specificano alcunchè in ordine alla tempestività dell’eccezione, sicchè non sussiste la dedotta nullità incongruamente dedotta per ottenere il riconoscimento dell’inutilizzabilità delle dichiarazioni dell’imputata di cui la sentenza impugnata non ha tenuto conto.

Al difensore di fiducia, sostituito in udienza da difensore d’ufficio, non compete l’avviso del rinvio del processo ad altra successiva poichè il diritto alla difesa è tutelato con la nomina del difensore di ufficio che, presente al dibattimento, viene necessariamente edotto dall’avvertimento del giudice dell’udienza alla quale il processo è rinviato Cassazione Sezione 5^, n. 6279/1975, RV. 130190.

Si ha corretta enunciazione del fatto, ai sensi dell’art. 429 c.p.p., comma 1, lett. c), quando siano sufficientemente individuati e specificati i tratti essenziali del fatto attribuito per consentire all’imputato di apprestare la propria difesa.

Non è necessaria una dettagliata imputazione in considerazione della centralità del dibattimento; dei poteri conferiti al giudice sia in materia d’integrazione del materiale probatorio insufficiente o mancante ex art. 507 c.p.p., che in tema d’ammissione di prove, e della possibilità di procedere a contestazione suppletiva e a modificazione dell’imputazione ex art. 516 c.p.p..

Ciò in aderenza col nuovo sistema processuale, disancorato da visioni formalistiche e teso a considerare l’imputazione nel suo complesso e col fondamentale principio iura novit curia.

In altri termini, il requisito dell’enunciazione del fatto in tanto può ritenersi carente in quanto, in concreto, possa affermarsi che l’imputato non abbia potuto conoscere i tratti essenziali della fattispecie di reato, attribuitagli dall’accusa, sì da non potersi adeguatamente difendere cfr. Cassazione Sezione 6^ n. 21953/2003 RV. 226273; Sezione 1^, n. 382,19.11.1999, Piccini RV. 215140.

Nella specie ciò non è riscontrabile essendo stata esattamente indicata l’ubicazione del manufatto abusivo in Noto contrada (OMISSIS), sicchè era superflua la trascrizione dei dati catastali.

Il principio della responsabilità penale comporta che un soggetto può essere ritenuto autore del reato solo se ha dato un contributo causale, a livello ideativo preparatorio o esecutivo, alla commissione del fatto criminoso o anche se ha dato un apporto causale qualificato di ordine psicologico alla commissione del fatto; un contributo che deve tradursi nell’avere istigato altri a commettere il reato o nell’avere assicurato un proprio aiuto o sostegno e, quindi, nell’avere determinato o rafforzato l’altrui proposito criminoso.

Non basta, quindi, per configurare una partecipazione nel reato la mera adesione al progetto criminoso, il semplice consenso o la sola approvazione che non si risolva in un contributo materiale alla realizzazione del fatto.

Pertanto il proprietario, risponde dei reati edilizi non in quanto tale, ma solo se abbia la disponibilità dell’immobile e abbia dato incarico dei lavori o li abbia eseguiti personalmente, mentre, se l’incarico sia stato dato da altro proprietario o da altro detentore, non può essere ritenuto responsabile dell’abuso anche se abbia espresso adesione postuma alla realizzazione dell’opera.

Inoltre, un soggetto, per il mero fatto di essere proprietario dell’area, non ha dovere di controllo dalla cui violazione derivi responsabilità penale per la costruzione abusiva Cassazione Sezione 3^, 24.11.1988 n. 11373.

Alla luce di tali principi correttamente è stato ritenuto che l’imputata L. sia stata committente dell’opera abusiva non soltanto perchè comproprietaria, ma anche perchè abitava la parte dell’edificio abusivamente sopraelevato, donde la prova della sua effettiva e concreta compartecipazione, non già al "rifacimento di un locale preesistente", come asserito in ricorso, ma all’esecuzione di una nuova costruzione che necessitava del previo conseguimento del permesso di costruire.

Ne consegue che è manifestamente infondato il motivo in punto di affermazione di responsabilità, che si fonda sulle stesse argomentazioni proposte in appello e puntualmente confutate dal giudice del gravame con argomentazioni immuni da censure.

Non sono state, invece, segnalate – per G. – circostanze idonee a corroborare l’assunto d’accusa della sua compartecipazione alla realizzazione dell’opera abusiva erroneamente ritenuta dal Tribunale per averne avuto l’imputato la disponibilità giuridica e dalla corte territoriale sulla base di una mera citazione di un frammento di una massima giurisprudenziale.

Pertanto, quanto al G., la sentenza va annullata senza rinvio.

Il motivo sull’abrogazione del reato urbanistico è palesemente erroneo perchè, per costante giurisprudenza di questa Corte, la L. n. 463 del 2001 ha determinato la sospensione dell’efficacia del TU sull’edilizia, sicchè, estendendosi tale sospensione a tutte le sue disposizioni, era congelato anche l’art. 136 che abrogava l’art. 20 della L. n. 47 del 1985, Cassazione Sezione 3^, 20 settembre 2002, n. 1740/2002, Ameli.

L’inammissibilità del ricorso della L. dovuta alla manifesta infondatezza dei motivi non consente il formarsi di un valido rapporto d’impugnazione e preclude la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell’art. 129 c.p.p. Cassazione SU n. 32/2000, De Luca, RV. 217266.

Grava, quindi, sulla predetta l’onere delle spese del procedimento e del versamento alla Cassa delle Ammende di una somma che va equitativamente fissata in Euro 1.000,00.
P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso della ricorrente L. che condanna al pagamento delle spese del procedimento e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata quanto al ricorrente G. per non avere commesso il fatto.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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