T.A.R. Lombardia Brescia Sez. I, Sent., 27-05-2011, n. 784

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

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Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1 – Il ricorrente – vice sovrintendente del Corpo di Polizia penitenziaria in servizio presso la casa circondariale di Brescia – lamenta la illegittimità del provvedimento di cui in epigrafe tramite il quale gli viene comminata una sanzione disciplinare di profilo economico con perdita, perciò, del trattamento stipendiale per due giornate lavorative (24/9 e 25/9 del 2008).

2 – Il medesimo – premessa la descrizione di una vicenda che, a suo dire, deporrebbe a suo favore in asserita mancanza di presupposti idonei a giustificare la scelta criticata – introduce le seguenti censure:

a – violazione di legge; art. 3 D.P.R. n. 461/2001; ciò in ragione del fatto che, in ogni caso ed in relazione alla vicenda stessa, l’Amministrazione avrebbe dovuto preventivamente avviare d’ufficio un accertamento sanitario: proprio in ragione del diverso fatto che le condizioni negative di salute sarebbero state causate direttamente da una colluttazione intervenuta con un detenuto;

b – violazione di legge; art. 3 D.P.R. n. 461/2001 sotto altro profilo; ciò alla stregua dell’altrimenti diverso fatto, predicato come necessario, che l’attività diagnostica e di prognosi inerente avrebbe dovuto essere concretamente praticata dalla sola C.M.O.;

c – violazione di legge; art. 5 L. n. 638/1983; si sostiene che i prescritti doveri di reperibilità in dimora riguarderebbero solo le malattie così dette ordinarie e non gli infortuni sul lavoro come quello che si ritiene accaduto secondo la breve descrizione di cui sopra, anche contenuta nelle premesse del ricorso (rif: art. 37 D.Lgv n. 443/1992; art. 16, 3° e 4 comma, D.PR. n. 395/1995);

d – violazione di legge; art. 71 1° comma bis L. n. 133/2008; invero la vicenda descritta, trattandosi di infortunio sul lavoro per ragioni di servizio, non potrebbe determinare giammai una conclusione sanzionatoria;

e – eccesso di potere per ingiustizia manifesta; si sostiene che la formulata giustificazione di cui in atti per l’assenza dalla dimora nel corso della visita fiscale avrebbe carattere oggettivo e dirimente e perciò tale da escludere le conclusioni poste in essere dall’Amministrazione;

f – eccesso di potere per disparità di trattamento; si fa rilevare come il collega coinvolto nella detta colluttazione abbia subito un trattamento ben diverso.

3 – Si è costituita in giudizio l’Avvocatura erariale; la medesima – ex adverso puntualmente e partitamente deducendo – ha concluso per il rigetto del ricorso presente.

4 – all’U.P. dell’11/5/2011, dopo breve discussione, la causa è stata spedita in decisione.

5 – Va in primo luogo osservato, prendendo spunto dalla relazione dall’Amministrazione la cui veridicità sostanziale non è qui (nè in altro luogo) posta in discussione ed intorno ai cui contenuti non si ha ragione di altrimenti dubitare, che le condizioni fisiche del collega del ricorrente, al seguito dell’intervenuta comune colluttazione, appaiono ben diverse e molto più debilitanti di quelle lamentate dallo stesso ricorrente. Tale prospettato termine di paragone di fatto perciò non regge: pur altrimenti non tenendo conto della natura e della portata di un atto sanzionatorio. Di modo che deve concludersi per la mancanza di valore del rilievo di cui sub 2f.

6 – La procedura di verificazione dello stato fisico del ricorrente appare, a questo Collegio, immune da vizi (v. rilievi sub 2a e b). Infatti, nello specifico, l’accadimento debilitante non è risultato tale da poter essere considerato come possibile causa di invalidità o di altra menomazione fisica, psichica o di altro tipo. Del resto un intervento della C.M.O. è richiesto solo qualora siano ragionevolmente rappresentabili una o l’altra di dette circostanze. Inoltre un accertamento sanitario vi è stato e si è dimostrato, con sufficiente ragionevolezza, che non vi era bisogno d’altro: date le minimali conseguenze debilitanti dal punto di vista fisico.

7 – Non miglior sorte merita il richiamo all’art. 5 della L. n. 638/1983 in relazione al contenuto dello stesso, altrimenti essendo inconferenti ed approssimativi gli ulteriori richiami normativi: tutto ciò in modo evidente e palmare non perciò abbisognevole di alcuna dimostrazione più specifica.

8 – Il fatto che possa poi trattarsi di un infortunio lavorativo non è di per sè rilevante. Ed invero sono le conseguenze di esso così come le conseguenze fisiche relative ad una normale malattia che soggiacciono, all’unisono, alla stessa normativa di controllo fiscale – sanitario. Di modo che anche il rilievo sub 2 d è privo di consistenza.

9 – L’avviso di non presenza nell’abitazione, fornito in limine dall’istante, è anch’esso circostanza irrilevante. In primo luogo il medesimo è del tutto tardivo ed altresì occasionale. Inoltre va rilevato che l’assenza dell’interessato, per la giustificazione addotta, durante il periodo nel quale era tenuto a restare nella propria dimora non ha quei caratteri che quest’ultimo le vorrebbe attribuire si da qualificare la medesima come causa oggettivamente esimente e giustificatrice.

10 – Il ricorso è perciò totalmente infondato.

11 – Il Collegio, infine, ritiene che, nel caso di specie, siano intervenute circostanze tali da consigliare la compensazione delle spese di lite tra le parti in causa.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Prima) definitivamente pronunciandosi respinge il ricorso.

Spese di lite compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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