T.A.R. Lombardia Brescia Sez. I, Sent., 27-05-2011, n. 782

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La signora P. impugna il provvedimento del 31. 10. 2007 n. 94121 con cui il Comune di Bergamo ha negato il condono per opere abusive consistenti in ampliamento del piano seminterrato dell’edificio di proprietà.

L’amministrazione aveva motivato la decisione impugnata sostenendo che, trattandosi di area vincolata, sarebbero possibili solo condoni delle opere rientranti nella tipologia 6, mentre quelle in esame rientrano nella tipologia 1.

I motivi che sostengono il ricorso sono i seguenti:

1. il provvedimento sarebbe illegittimo perchè il Comune avrebbe errato a qualificare le opere come categoria 1, perché sarebbe evidente da perizia giurata e da fotografie che le stesse appartengono alla categoria 6, vi sarebbe anche difetto di motivazione e violazione del principio di efficacia ed economicità sempre in relazione allo stesso motivo.

Si costituiva in giudizio il Comune di Bergamo, che deduceva l’infondatezza dei motivi di ricorso.

Il ricorso veniva discusso nella pubblica udienza del 11. 5. 2011, all’esito della quale veniva trattenuto in decisione.
Motivi della decisione

Il ricorso è infondato.

La questione attiene alla possibilità di sussumere le opere abusive realizzate dalla signora P. nella categoria 6 della tabella allegata al d.l. 269/03 in punto di condono edilizio. La categoria 6 è quella relativa ad opere che non hanno comportato aumento di volume o di superfici.

Il Comune evidenzia che nella stessa domanda di condono le opere erano qualificate come categoria 2, e non 6, ed era scritto che l’abuso aveva consistenza di circa 96 mq per una cubatura di 326 mc seminterrati, per cui tutto poteva essere tranne che opere prive di volume e superficie.

In giudizio il ricorrente sostiene però di aver errato nel presentare la domanda di condono perché in realtà le opere che contengono l’aumento di volume e di superficie risalirebbero al 1971, epoca di realizzazione del fabbricato, e quindi sarebbero antecedenti alla costituzione del Parco dei Colli di Bergamo (che è la fonte del vincolo che impedisce di sanare opere diverse dalla categoria 6).

La tesi della ricorrente è fondata su perizia giurata redatta in corso di causa da un geometra, che attesterebbe la realizzazione delle opere al 1971 (in realtà, attesta molto meno di questo, come vedremo).

Va detto anzitutto che la perizia giurata del geometra Mandelli avrebbe potuto essere meglio apprezzata se fosse stata prodotta all’amministrazione in corso di procedimento di condono, perché – se redatta il 28. 3. 2011, quando era già stata fissata l’udienza di discussione del ricorso – appare più che altro come un tentativo di fornire argomenti ad una tesi difensiva che si trova in oggettiva difficoltà a giustificare il comportamento della ricorrente che, dopo aver chiesto il condono per aver realizzato delle opere abusive consistenti in aumenti di volume, chiede al Tribunale di accertare che esse non costituivano affatto aumento di volume.

Su merito della perizia, va in ogni caso rilevato che il geometra Mandelli (nato nel 1959, come fa notare la difesa del Comune), si limita a datare le strutture, in quanto non può raccontare per ragioni di età fatti a sua conoscenza, e sostiene che "le opere riconducibili alla formazione della porzione di edificio a piano seminterrato" erano opere di fondazione e sostegno dell’edificio principale dichiarato abitabile nel 1971, e quindi sono per forza di cosa coeve ad esso.

Adesso, che i pilastri del seminterrato siano stati realizzati insieme all’edificio principale che vi poggia lo si può anche comprendere, ma ciò che ha la ricorrente ha chiesto di condonare non sono i pilastri del seminterrato, ma l’ampliamento ad uso residenziale dello stesso. E tale opera era talmente recente che nella domanda di condono veniva definita ancora allo stato di rustico (si sono tratti i dati dalla memoria dell’Avvocatura comunale, visto che non sembra esservi contestazione su l punto).

In definitiva, la tesi su cui è fondato il ricorso non si ritiene essere stata adeguatamente provata in giudizio, fermo restando che essa andava in realtà provata nel corso del procedimento amministrativo dove invece la parte aveva presentato un realtà difforme da quella introdotta poi in sede giurisdizionale.

Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto,

RESPINGE il ricorso.

CONDANNA la ricorrente al pagamento in favore dell’amministrazione resistente delle spese di lite, che determina in euro 1.500, oltre i.v.a. e c.p.a. (se dovute).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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