T.A.R. Lombardia Brescia Sez. I, Sent., 27-05-2011, n. 778 Stranieri

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il ricorrente impugna il provvedimento del 30. 3. 2007 con cui la Questura di Brescia gli ha negato il rinnovo del permesso di soggiorno.

L’amministrazione ha motivato la decisione impugnata rilevando che il soggetto era gravato da condanna per spaccio di stupefacenti, che era sottoposto ad altro procedimento penale per altro fatto sempre di spaccio, nonché che alloggiava presso persona pregiudicata per spaccio di stupefacenti, e che l’istanza di rinnovo d’altronde è intervenuta quattro mesi dopo la scadenza del precedente permesso.

I motivi che sostengono il ricorso sono i seguenti:

1. il provvedimento sarebbe illegittimo perché nell’essere stato condannato dal giudice per spaccio di stupefacenti, il ricorrente non si sarebbe visto applicare il disposto dell’art. 15 d.lgs. 286/98 che consente al giudice di disporne l’espulsione quando socialmente pericoloso, il che a giudizio della difesa del ricorrente avrebbe implicitamente legittimato il soggetto a permanere nel territorio dello Stato.

Si costituiva in giudizio l’Avvocatura dello Stato, che deduceva l’infondatezza dei motivi di ricorso.

Nel ricorso era formulata altresì istanza cautelare di sospensione del provvedimento impugnato.

Con ordinanza del 22. 11. 2007, n. 878 il Tribunale respingeva l’istanza rilevando che nel frattempo era intervenuta anche ulteriore condanna per spaccio, e che la presunzione di pericolosità era quindi insuperabile.

Il ricorso veniva discusso nella pubblica udienza del 25. 5. 2011, all’esito della quale veniva trattenuto in decisione.
Motivi della decisione

Il ricorso è infondato.

La difesa del ricorrente ritiene di trarre argomenti decisivi sulla permanenza dello straniero nel territorio dello Stato dalla circostanza che lo straniero non è stato espulso dal giudice penale a titolo di misura di sicurezza conseguenza della condanna ex art. 15 d.lgs. 286/98. Ma la difesa erra, perché questo argomento non è decisivo.

Lo straniero per permanere nel territorio dello Stato ha bisogno di un titolo amministrativo rilasciato dall’autorità amministrativa in presenza di certi presupposti, e purchè non sussistano circostanze ostative.

Nel caso in esame esisteva una circostanza ostativa al rilascio del titolo costituita dalla condanna per spaccio di stupefacenti (nelle more affiancata da altra ulteriore condanna, sempre per spaccio), e quindi il permesso di soggiorno non poteva essere rinnovato.

La norma attributiva del potere esercitato dall’amministrazione nel caso in esame, che è l’art. 5, co. 5, primo periodo, d.lgs. 286/98, stabilisce, infatti, che "il permesso di soggiorno o il suo rinnovo sono rifiutati e, se il permesso di soggiorno è stato rilasciato, esso è revocato, quando mancano o vengono a mancare i requisiti richiesti per l’ingresso e il soggiorno nel territorio dello Stato, fatto salvo quanto previsto dall’articolo 22, comma 9, e sempre che non siano sopraggiunti nuovi elementi che ne consentano il rilascio e che non si tratti di irregolarità amministrative sanabili"; ed i requisiti richiesti per l’ingresso nel territorio dello Stato sono descritti dal precedente art. 4, co. 3, secondo periodo, d. lgs. 286/98, che, nel testo attuale, stabilisce che "non è ammesso in Italia lo straniero che (…) sia considerato una minaccia per l’ordine pubblico o la sicurezza dello Stato o di uno dei Paesi con i quali l’Italia abbia sottoscritto accordi per la soppressone dei controlli alle frontiere interne e la libera circolazione delle persone o che risulti condannato, anche a seguito di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale, per reati previsti dall’articolo 380, commi 1 e 2, del codice di procedura penale ovvero per reati inerenti gli stupefacenti, la libertà sessuale, il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina verso l’Italia e dell’emigrazione clandestina dall’Italia verso altri Stati o per reati diretti al reclutamento di persone da destinare alla prostituzione o allo sfruttamento della prostituzione o di minori da impiegare in attività illecite". Nel caso di specie, il ricorrente è stato condannato con sentenza passata in giudicato per reati inerenti gli stupefacenti, e, quindi, rientra nella previsione che impone in tali casi il rigetto dell’istanza di rinnovo del permesso di soggiorno.

Una volta accertata l’esistenza della circostanza ostativa, non occorre compiere più nessun accertamento ulteriore sulla pericolosità in concreto del soggetto. Si deve, infatti, ricordare infatti che, come è stato evidenziato da Corte Costituzionale 16. 5. 2008, n. 148, "il cosiddetto automatismo espulsivo altro non è che un riflesso del principio di stretta legalità che permea l’intera disciplina dell’immigrazione e che costituisce, anche per gli stranieri, presidio ineliminabile dei loro diritti, consentendo di scongiurare possibili arbitri da parte dell’autorità amministrativa".

In definitiva, per applicare l’espulsione a titolo di misura di sicurezza ex art. 15 d.lgs. 286/98, occorre l’accertamento in concreto della pericolosità sociale ad opera del giudice penale; per denegare il permesso di soggiorno non serve, invece, un accertamento in concreto perché basta la esistenza di una circostanza ostativa indice in astratto di pericolosità.

In ogni caso, va comunque ricordato che se anche l’autorità amministrativa avesse disposto il diniego di rinnovo del permesso di soggiorno non per una pericolosità astratta, ma per una pericolosità verificata in concreto, ciò non toglie che il suo giudizio potrebbe essere autonomo e diverso rispetto a quello del giudice penale, non fosse altro che perché si svolge su un materiale probatorio molto più ampio (nel processo penale esistono regole di esclusione probatoria che precludono al giudice di conoscere alcune circostanze che potrebbero anche essere decisive ai fini del giudizio di pericolosità).

Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:

RESPINGE il ricorso.

CONDANNA il ricorrente al pagamento in favore dell’amministrazione resistente delle spese di lite, che determina in euro 500, oltre i.v.a. e c.p.a. (se dovute).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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