Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 21-04-2011) 27-05-2011, n. 21343 Riparazione per ingiusta detenzione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

ehaye Enrico che ha chiesto il rigetto del ricorso.
Svolgimento del processo

La Corte di Appello di Roma, con ordinanza resa all’udienza camerale del giorno 8.07.2010 liquidava a M.S. la somma di Euro 39.600,00 a titolo di riparazione per l’ingiusta detenzione sofferta in regime di custodia in carcere dal 14.02.2007 al 17.03.2008 per i delitti di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 e artt. 586 e 589 c.p., da cui era stato assolto per non aver commesso il fatto dalla Corte di appello di Roma con sentenza del 17.03.2008, divenuta irrevocabile il 2.06.2008.

Avverso la sopra indicata ordinanza proponeva ricorso per Cassazione il M.S. e concludeva chiedendone l’annullamento.

L’Avvocatura Generale dello Stato in rappresentanza del Ministero dell’Economia e delle Finanze produceva tempestiva memoria.
Motivi della decisione

Il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione di legge e mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in relazione agli artt. 314 e 315 c.p.p. e art. 3 Cost., perchè la somma indicata pari ad Euro 39.600 a titolo di riparazione per l’ingiusta detenzione subita è stata fissata senza alcuna motivazione reale, senza indicare alcun parametro per fissare il valore degli elementi ritenuti indennizzabili, senza tenere in considerazione le ulteriori sofferenze personali e professionali patite dal ricorrente a causa della privazione della libertà personale durante il lungo periodo di carcerazione dal 14.02.2007 al 17.03.2008. Si contestavano poi le considerazioni espresse nell’ordinanza impugnata a proposito delle diverse carcerazioni e delle numerose condanne, anche per violazione della legge sugli stupefacenti, subite dal ricorrente, in quanto venivano diversamente valutati i giorni di carcerazione, a seconda che si trattasse di un incensurato ovvero di un pregiudicato. Si lamentava in sostanza il difetto di motivazione in ordine ai criteri e all’iter logico seguiti per giungere alla valutazione finale dell’indennità liquidata.

Il ricorso è fondato nei limiti di cui in motivazione. Nella fattispecie di cui è causa è pacifico che tra le parti ricorrano tutti gli elementi richiesti dall’art. 314 c.p.p. perchè sia riconosciuto il diritto di M.S. ad ottenere un’equa riparazione per la custodia cautelare subita e che il richiedente non vi ha in alcun modo dato causa per dolo o colpa grave. Si discute quindi solamente dell’entità della somma da corrispondere e delle varie voci che possono essere riconosciute.

La giurisprudenza di legittimità ha fornito in proposito una indicazione di massima ed ha affermato che la liquidazione dell’indennizzo previsto a titolo di riparazione per l’ingiusta detenzione va disancorata da criteri o parametri rigidi e deve al riguardo procedersi con equità.

I richiamati criteri di equità riguardano ovviamente non la prova dei danni patiti, ma la mera quantificazione dell’indennizzo spettante a fronte della loro variegata natura.

In definitiva la liquidazione dell’indennizzo previsto a titolo di riparazione per l’ingiusta detenzione va disancorata da criteri o parametri rigidi e deve, al riguardo, procedersi con equità, valutandosi la durata della custodia cautelare e, non marginalmente, le conseguenze personali, familiari, patrimoniali, morali, dirette o mediate, che siano derivate dalla privazione della libertà. A tal riguardo, dato di partenza della valutazione indennitaria, che va necessariamente tenuto presente quantomeno come dato di partenza, è costituito dal parametro aritmetico costituito dal rapporto tra il tetto massimo dell’indennizzo di cui all’art. 315 c.p.p., comma 2 e il termine massimo della custodia cautelare di cui all’art. 303 c.p.p., comma 4, espresso in giorni, moltiplicato per il periodo, anch’esso espresso in giorni, di ingiusta detenzione subita, dovendosi poi procedere alla liquidazione dell’indennizzo, entro il tetto massimo del quantum liquidabile, con apprezzamento di tutte le conseguenze pregiudizievoli che la durata della custodia cautelare ingiustamente subita ha determinato per l’interessato (Cass. Sez. 4A sent. N. 30317 del 21/06/2005, Rv. 232025).

Tanto premesso si osserva che, secondo la prevalente giurisprudenza di questa Corte (cfr., tra le altre, Cass., Sez.4, Sent. n.34673 del 22.06.2010, Rv.248083), "è legittima la riduzione della somma giornaliera computata come frazione aritmetica di quella massima liquidabile per legge, dell’indennizzo dovuto a titolo di riparazione per l’ingiusta detenzione a soggetto pregiudicato, data, per esso, la minore afflittività della privazione della libertà personale, riconducibile sia al minore discredito che l’evento comporta per una persona la cui immagine sociale è già compromessa, sia al fatto che la sua dimestichezza con l’ambiente carcerario rende meno traumatica l’ingiusta privazione della libertà".

Pertanto, premesso che in linea di massima il giudice deve adottare il criterio matematico, pur tuttavia, dovendosi accertare la misura dell’afflittività della detenzione nel caso concreto, qualora egli decida di andare al di sotto della somma di Euro 232,00 per ogni giorno di detenzione carceraria, dovrà enunciare i motivi per cui intende discostarsi da tale criterio, non già adottando una motivazione di stile, ma enunciando specificatamente le ragioni, non essendo sufficiente richiamarsi asetticamente a pregresse carcerazioni.

Nella fattispecie di cui è causa invece la Corte territoriale si limita ad evidenziare quali circostanze che hanno determinato la forte riduzione dell’indennizzo da Euro 232 a Euro 100 per ogni giorno di detenzione carceraria la circostanza che il M., all’epoca della detenzione, aveva già subito diverse carcerazioni ed era stato già condannato per violazione della legge sugli stupefacenti, senza fornire in merito alcuna chiarificazione sulla durata di tali carcerazioni e sulle condanne sopra indicate. Nella fattispecie di cui è processo il provvedimento impugnato non ha in conclusione esplicitato i motivi che l’hanno portato a liquidare una somma tanto inferiore al criterio aritmetico nella sua massima estensione.

L’ordinanza impugnata deve essere pertanto annullata con rinvio alla Corte di Appello di Roma cui demanda anche il regolamento delle spese tra le parti per questo giudizio.
P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio alla Corte di Appello di Roma, cui demanda anche il regolamento delle spese fra le parti per questo giudizio.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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