Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 14-04-2011) 27-05-2011, n. 21314 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

na del PG Dott. DE SANTIS Fausto, che ha chiesto il rigetto dei ricorsi.
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza in data 26.04.2010 la Corte d’Appello di Genova, in parziale riforma della sentenza di primo grado, applicava a B. Y. l’aumento per la contestata recidiva determinando la pena inflittagli in anni 10 di reclusione Euro 40.000,00 di multa e confermava la condanna alla pena di anni 4 di reclusione Euro 18.000,00 inflitta nel giudizio di primo grado D.A.S., essendo stati i predetti ritenuti colpevoli del reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 illegale detenzione di grammi 350,512 di eroina (grammi 18,569 di principio attivo) e di grammi 13,486 di hashish con grammi 0,868 di THC).

In particolare, in data 18.08.2008 era stato arrestato C.M. A. colto nell’atto di prelevare in un anfratto del muretto dei giardini di via del (OMISSIS) un involucro, originariamente avvolgente circa 350 grammi di eroina, il cui contenuto gli agenti avevano sostituito con un sasso.

C. aveva indicato un altro nascondiglio in cui erano riposti circa 500 grammi di eroina e nella coppia degli imputati i proprietari dello stupefacente.

In seguito alla perquisizione operata nell’alloggio ove costoro dimoravano, erano stati reperiti circa 14 grammi di hashish, un bilancino di precisione, nastri per pacchi identici a quello utilizzato per il confezionamento dei due involucri di stupefacente e banconote di piccolo taglio per Euro 1.285,00 mentre la perquisizione estesa all’abitazione personale della D.A. aveva portato al rinvenimento di grammi 8,29 di eroina.

All’udienza del 27.03.2009, C. giudicato separatamente per tali fatti si avvaleva della facoltà di non rispondere.

Veniva acquisito come prova di fatto storico, ex art. 234 c.p.p., il verbale dell’interrogatorio reso da C. in sede di convalida dell’arresto.

All’udienza del 15.05.2009, il Tribunale, costatato che era divenuta irrevocabile la sentenza emessa nei confronti di C. per i fatti oggetto del presente procedimento, ne disponeva l’esame assistito ex art. 197 bis c.p.p..

Lo stesso tribunale negava la riduzione ex art. 442 c.p.p. condividendo la decisione del GIP che aveva respinto la richiesta di giudizio abbreviato condizionata all’audizione di C. "essendo le dichiarazioni da costui rese nell’interrogatorio di convalida dell’arresto utilizzabili in sede di giudizio abbreviato senza necessità di ulteriore attività istruttoria al riguardo".

Proponevano ricorsi per cassazione gli imputati.

D.A. denunciava:

violazione di legge laddove la corte territoriale "aveva ritenuto legittimamente assunto l’interrogatorio del teste C., prima imputato connesso, poi teste assistito, dopo la chiusura del dibattimento da parte del giudice di primo grado".

Ciò contrastava con il dettato degli artt. 525 e 507 c.p.p. essendo stata l’assunzione della nuova prova disposta dopo la chiusura formale dell’istruttoria dibattimentale;

mancanza di motivazione sull’affermazione di responsabilità essendo emerso dall’istruttoria che i fatti criminosi erano da ascrivere ai due coimputati donde la sua estraneità dal nascondimento dello stupefacente e dalla cessione dello stesso.

Il rinvenimento di una modica quantità di eroina nella sua abitazione non era sanzionabile essendo la stessa destinata al suo personale consumo;

vizio di motivazione sul diniego dell’attenuante di cui all’art. 73, comma 5 del citato decreto;

mancanza e illogicità della motivazione sulla mancata riduzione della pena per la ritualità della richiesta di procedere col rito abbreviato, condizionato all’esame del C., presentata al GIP e poi al tribunale stante che quest’ultimo aveva ritenuto necessario disporre, al termine dell’istruzione dibattimentale, l’esame del teste.

B. denunciava la violazione dell’art. 525 c.p.p. perchè era stata illegittimamente disposta l’acquisizione al fascicolo del dibattimento del verbale delle dichiarazioni rese dal C. al GIP, nonchè la testimonianza assistita del predetto dopo la chiusura dell’istruzione dibattimentale costituente reiterazione di una prova già acquisita.

Chiedevano entrambi l’annullamento della sentenza.

Sono infondate le eccezioni di rito dedotte dai ricorrenti per denunciare la nullità e l’inutilizzabilità delle dichiarazioni rese dal coimputato C. poste a base della dichiarazione della loro responsabilità penale.

Non è ravvisabile, anzitutto, alcuna violazione di norme processuali nel fatto che l’esame testimoniale sia stato ammesso dopo la chiusura dell’istruttoria dibattimentale perchè "il potere del giudice di disporre d’ufficio l’assunzione di nuovi mezzi di prova, previsto dall’art. 507 c.p.p. può essere esercitato anche a conclusione del dibattimento, terminata la discussione, dal momento che non sussiste alcuna preclusione in relazione alla possibilità di riaprire il dibattimento per assumere nuove prove, se queste sono decisive" Cassazione Sezione 5^, n. 10819/1993 RV. 196307; Sezione 1^, n. 5549/1999 RV. 215016: "Le parole "terminata l’acquisizione delle prove" con le quali esordisce il citato art. 907 indicano il momento dell’istruzione dibattimentale in cui può avvenire l’ammissione delle nuove prove, e non invece il presupposto per l’esercizio del potere del giudice (Conf. Corte Cost., 26 marzo 1993 n. 111)";

Sezione 3^, n. 35868/2002 RV. 222513.

C., separatamente giudicato per gli stessi fatti di cui al presente processo con sentenza di patteggiamento non ancora definitiva, si era avvalso della facoltà di non rispondere, ma, intervenuta l’irrevocabilità della sentenza, era stato sentito quale teste assistito confermando quanto aveva dichiarato nell’interrogatorio di convalida.

Era, quindi, rituale la rinnovazione dell’esame del coimputato di reato connesso nella nuova veste di testimone assistito ex art. 197 bis c.p.p. acquisita col passaggio in giudicato della sentenza stante che, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte Sezione 4^ n. 10346/2009 RV. 242981; Sezione 6^, RV. 226081; Sezione 6^, RV. 235709, l’imputato in un procedimento connesso o collegato può sempre essere chiamato a deporre qualora nei suoi confronti sia stata pronunciata sentenza irrevocabile di proscioglimento, di condanna o d’applicazione della pena, dovendosi riconoscere la sua piena capacità a testimoniare a prescindere da ogni considerazione sulle eventuali dichiarazioni rese durante le indagini o sul fatto che non abbia ricevuto gli avvertimenti di cui all’art. 64 c.p.p., comma 2, lett. c), in quanto l’esigenza di non ledere la sua posizione è recessiva una volta che il procedimento si sia già concluso irrevocabilmente, con la conseguenza che la garanzia dell’art. 64 cit. rimane, in questo caso, priva di funzione.

Neanche la disposizione di cui all’art. 525 c.p.p., comma 3, secondo cui la deliberazione può essere sospesa in caso d’assoluta impossibilità, può ritenersi violata potendo la stessa essere applicata anche a quelle ipotesi in cui il giudice in camera di consiglio dopo la discussione finale si trovi nell’impossibilità di formarsi un convincimento a causa di risultanze probatorie irrimediabilmente e insuperabilmente contrastanti emergenti dagli atti e pertanto può disporre un’ulteriore attività dibattimentale, quale l’assunzione di nuove prove riesaminando testi già sentiti Cassazione Sezione 4^, n. 27370/2005; Sezione 6^, n. 28356/2004, Vigna; Sezione 1^, n. 2548/1993; Sezione 2^, n. 35191/2008 RV.2009540.

Sull’affermazione di responsabilità il ricorso si pone al limite dell’inammissibilità perchè basato su doglianze che attengono ad apprezzamenti di merito e valutazioni probatorie non deducibili in sede di legittimità.

Secondo il consolidato orientamento della Corte di Cassazione, il sindacato di legittimità deve essere limitato soltanto a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo senza spingersi a verificare l’adeguatezza delle argomentazioni utilizzate dal giudice del merito per sostanziare il suo convincimento, o la loro rispondenza alle acquisizioni processuali (in tal senso, ex plurimis, Sezione 3^, n. 4115/1996, RV. 203272).

Nel caso di specie le argomentazioni svolte dalla corte distrettuale danno adeguatamente conto del convincimento circa la conferma dell’affermazione di responsabilità fondata sulle dirette osservazioni degli operatori, sul sequestro della sostanza stupefacente e soprattutto sulle accuse del C. e circa l’insussistenza delle condizioni per riconoscere l’attenuante della minima quantità alla stregua del dato ponderale e delle modalità della condotta un quantitativo di eroina è stato rinvenuto in casa della D.A..

E’ fondato, invece, il motivo di ricorso sulla negata diminuzione di pena per essere stato illegittimamente negato l’accesso al rito abbreviato.

Nella specie, infatti, si è proceduto al giudizio ordinario a seguito del reiterato rigetto anche da parte del giudice del dibattimento di una rituale rinnovata richiesta degli imputati di rito abbreviato condizionata ad un’integrazione probatoria necessaria l’esame di C..

Tale integrazione è stata ritenuta necessaria anche dal tribunale che ha disposto d’ufficio l’incombente, donde il chiaro profilo d’illegalità della pena inflitta, posto che gli imputati, a causa dell’erroneo diniego di accesso al rito, non hanno conseguito lo sconto di pena previsto dall’art. 442 c.p.p., comma 2.

Pertanto, alla stregua dei risultati della svolta istruzione probatoria e all’esito del dibattimento di primo grado, sussisteva l’oggettiva necessità dell’integrazione probatoria, sicchè, non essendo possibile il recupero del rito speciale, doveva essere applicata agli imputati condannati la diminuente di cui all’art. 442 c.p.p., comma 2.

L’errore può essere emendato direttamente da questa Corte a sensi dell’art. 620 c.p.p., lett. l), come precisato nel dispositivo, perchè la diminuente per il rito non è discrezionale, ma fissata dalle legge nella misura di un terzo (Sezione 3^, n. 6307/2007 RV. 23882).
P.Q.M.

La Corte annullata sentenza impugnata limitatamente alla determinazione della pena che fissa in anni 2 mesi 8 di reclusione Euro 12.000,00 di multa, per D.A., e in anni 5 mesi 4 di reclusione Euro 20.000,00 di multa per B..

Rigetta nel resto i ricorsi.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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