Cons. Stato Sez. III, Sent., 30-05-2011, n. 3249 Armi da fuoco e da sparo Detenzione abusiva e omessa denuncia Porto abusivo di armi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Il ricorrente esponeva di essere titolare da oltre quaranta anni della licenza di porto d’armi per attività venatoria e di aver presentato nel settembre del 2003 domanda di rinnovo. La Questura di Latina gli comunicava l’avvio del procedimento preannunciando il possibile diniego, poi intervenuto con decreto del 24.10.2003, nel quale si dava rilievo ad una risalente condanna ex artt. 588 e 62 c.p., rappresentata come ostativa nonostante la intervenuta riabilitazione. Il diniego veniva impugnato con ricorso gerarchico definito negativamente dalla Prefettura di Latina con decreto del 17.3.2004. Con atto notificato il 26.5.2004, depositato il 25.6.2004, il ricorrente impugnava gli atti indicati dinanzi al Tar Lazio, Sezione Staccata di Latina, argomentandone l’illegittimità per eccesso di potere per difetto di motivazione, carenza istruttoria, omessa considerazione dei fatti, carenza di attualità dell’interesse all’annullamento, violazione degli artt. 10, 11, 42 e 43 T.U.L.P.S..

Il Tar respingeva il ricorso.

Avverso la sentenza del Tar presenta appello il ricorrente deducendo plurimi profili di erroneità della medesima in particolare per difetto ed erroneità della motivazione.

Si è costituito il Ministero dell’Interno argomentando per la infondatezza dell’appello e la conferma della sentenza.

Alla udienza pubblica del 6 maggio 2011 la causa è stata trattenuta per la decisione.

2. Va premesso che il diniego della Questura di Latina richiama la condanna per il reato di cui agli artt. 588 e 62 bis c.p., alla quale riconnette, quanto all’intervenuta riabilitazione, l’art. 43 co. 1 lett. a) del T.U.L.P.S., nonché il parere sfavorevole espresso al riguardo dagli organi di polizia.

Il rigetto del ricorso gerarchico risulta motivato sulla base della triplice circostanza per la quale:

a) l’omessa considerazione di una causa ab origine ostativa del rilascio, così come dei successivi rinnovi, non esclude che essa possa essere successivamente rilevata e valutata (il decreto richiama la decisione Cons. Stato, V°, n. 6316 del 15.10.2003);

b) nella fattispecie rilevano le ulteriori denunce del 9.6.98, 2.2.99 e 11.7.99, pur essendo intervenuti decreti di archiviazione del GIP di Latina per remissione della querela;

c) la riabilitazione non estingue "gli effetti di altra natura (civile ed amministrativi) e cioè tutte quelle conseguenze pregiudizievoli – diverse dalle pene accessorie – che derivano in via secondaria, ma pur sempre automaticamente, dalla pronuncia penale a carico del condannato e che incidono sui rapporti o situazioni di diritto privato o pubblico. Tra questi effetti va ricompreso quello della incapacità ad ottenere autorizzazioni di polizia".

3. Rileva la Sezione che a norma dell’art. 43 co. 1 lett. a) del R.D. 18.6.1931 n. 773 le condanne irrevocabili per delitti non colposi contro la persona rappresentano una causa ostativa assoluta al rilascio del porto d’armi di talché, in presenza di una condanna penale per delitto contro la persona anche se risalente nel tempo, il diniego di rinnovo del porto d’armi costituisce atto dovuto. Questo Consiglio di Stato infatti ha rilevato, muovendo dal tenore letterale degli artt. 43 ed 11 del T.U.L.P.S. che: "l’art. 43 del t.u. leggi pubblica sicurezza r.d. 18 giugno 1931 n. 773, esclude, in deroga a quanto stabilisce l’art. 11 commi 1 e 2, il rilascio di licenza di porto d’armi per coloro che, indipendentemente dalla pena inflitta, siano stati riconosciuti colpevoli di reati contro la persona, il patrimonio, la p.a., le personalità dello Stato o l’ordine pubblico, senza far salvi gli effetti della riabilitazione" (Cons. Stato, sez. I, 06 aprile 2005, n. 1200; sez. VI n.2343 del 17.4.2009).

Né assume rilievo il fatto che la Questura in passato abbia più volte concesso il rinnovo del titolo di polizia nonostante la intervenuta condanna penale in quanto tale circostanza non può fare nascere, né consolidare, a favore del ricorrente, un interesse giuridicamente tutelato ad ottenere il rinnovo del porto d’armi per il futuro.

La riabilitazione ottenuta dall’appellante in relazione alla sentenza della Corte di appello di Roma per il reato di rissa (art.588 c.p.) non fa quindi venire meno il precedente ostativo al rinnovo del porto d’armi.

L’ articolo 43 sopradetto individua infatti le ipotesi nelle quali la licenza di porto d’armi non può essere concessa e all’ultimo comma stabilisce, poi, che la licenza di portare armi possa essere ricusata a chi non dia affidamento di non abusare delle armi.

A differenza, poi, dell’ipotesi contemplata dall’art. 11 co. 1 in cui la condanna a pena restrittiva della libertà personale superiore a tre anni per delitto non colposo non impedisce il rilascio del titolo se è stata ottenuta la riabilitazione, nei casi previsti dall’art. 43 co. 1 nessun richiamo viene fatto alla eventuale riabilitazione e, pertanto, le condanne ivi indicate, tra le quali i delitti contro la persona commessi con violenza, precludono, senza che residui alcun margine di discrezionalità della p.a., il rilascio di licenze di porto d’armi anche se tali condanne siano seguite da riabilitazione, poiché si tratta di specifiche condotte, caratterizzate da un’elevata e intrinseca pericolosità, alle quali l’ordinamento riconnette un disvalore assoluto.

Con l’effetto che meritano condivisione i rilievi svolti dal Tar poiché, in disparte il giudizio sulla non affidabilità del soggetto in ordine all’uso delle armi in relazione ad ulteriori precedenti dell’istante, la condanna riportata, nonostante la riabilitazione conseguita, non consente il rilascio della licenza di porto d’armi.

4. L’appello pertanto non merita accoglimento e la sentenza del Tar deve essere confermata.

5. Spese ed onorari seguono la soccombenza a carico dell’appellante come in dispositivo.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza) definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna l’appellante alle spese ed onorari del grado che liquida nella misura di euro 5.000,00 (cinquemila/00) a favore del Ministero dell’Interno.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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