Cons. Stato Sez. III, Sent., 30-05-2011, n. 3244 Armi da fuoco e da sparo Detenzione abusiva e omessa denuncia Porto abusivo di armi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

ato Palmieri;
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con l’appello in epigrafe il signor A. T. ha chiesto la riforma della sentenza in forma abbreviata 25 maggio 2007 n. 1430 del Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sede di Bari, sezione seconda, non notificata, con la quale è stato respinto il suo ricorso diretto all’annullamento del provvedimento 1° febbraio 2007 n. 6F/2007 del Questore di Bari, recante reiezione, previo preavviso, dell’istanza di rinnovo della licenza di porto di fucile ad uso caccia in relazione all’avvenuta denuncia del richiedente in data 10 dicembre 2005 per esercizio venatorio in aree protette, con sequestro dell’arma, e sulla scorta del parere negativo del locale commissariato; in particolare, le difese dell’interessato, con cui si evidenziava la mancanza di idonea segnaletica non solo di divieto di caccia, ma anche l’individuazione della zona quale area protetta, sono state disattese "in quanto non è ancora intervenuta una pronuncia definitiva dell’A.G.".

A sostegno dell’appello il signor T. ha dedotto:

1.- Ingiustizia della sentenza n. 1430/2007 per difetto assoluto di motivazione, erronea presupposizione di fatto e di diritto ed ingiustizia manifesta.

2.- Ingiustizia della sentenza che non tiene conto della violazione e falsa applicazione degli artt. 10, 11, 42 e 43 del TULPS. Errore nella sentenza della valutazione dei presupposti per l’adozione del decreto che nega il rinnovo del porto d’armi. Difetto assoluto di istruttoria. Ingiustizia della sentenza per erronea presupposizione di fatto.

Il Ministero dell’interno si è costituito in giudizio, ha depositato documenti ma non ha prodotto scritti difensivi.

Con memoria datata 29 aprile 2011 l’appellante, premesso di aver, a seguito dell’accoglimento della domanda cautelare, chiesto alla Questura di Bari di provvedere al riesame del diniego, ma tale istanza è restata senza esito, ha insistito nelle proprie tesi e richieste. Infine, all’odierna udienza pubblica ha dichiarato che la menzionata denuncia è stata archiviata.

Ciò posto, la Sezione osserva che, come affermato dal primo giudice, è ben vero che ai sensi della norma di cui all’art. 43, co. 2, del t.u. delle leggi di pubblica sicurezza, secondo cui "La licenza può essere ricusata… a chi… non dà affidamento di non abusare delle armi", è da ritenersi sufficiente che la valutazione dell’Amministrazione sull’affidabilità dei richiedenti la licenza di porto d’armi sia ancorata anche solo a considerazioni probabilistiche su circostanze di fatto le quali, nell’apprezzamento latamente discrezionale che ne fa appunto l’Amministrazione, possano indurre in quel momento ad ipotizzare un uso improprio dell’arma.

Tuttavia, l’esistenza di potere discrezionale nella formulazione di siffatta prognosi non esime l’Autorità emanante dal dovere di esternare le ragioni del giudizio negativo con sufficiente coerenza e consequenzialità logica, mediante motivazione circa la sussistenza e la rilevanza dei presupposti di fatto di tale valutazione in modo che appaiano adeguate e conseguenti le conclusioni assunte (Cons. Stato, sez. VI, 22 maggio 2007, n. 2589).

Nella specie, l’indicato dovere motivazionale non risulta assolto.

Diversamente da quanto ritenuto dal TAR, non appare infatti sufficiente, al riguardo, il mero riferimento contenuto nel provvedimento impugnato in primo grado al deferimento all’autorità giudiziaria del signor T. in quanto sorpreso a catturare selvaggina nel Parco nazionale dell’Alta Murgia, ossia per un presunto reato – ancorché connesso all’uso delle armi – ancora da accertare, in totale assenza di qualsiasi valutazione autonoma dei relativi fatti e circostanze, in particolare della mancanza di adeguata segnaletica riguardante sia la perimetrazione dell’area protetta, sia il divieto di caccia.

A ben vedere, la determinazione appare sorretta da assoluto automatismo, anziché da un effettivo giudizio prognostico di inaffidabilità, come sarebbe stato indispensabile proprio in ragione del fatto che "non è ancora intervenuta una pronuncia definitiva dell’A.G.".

Alla stregua delle esposte considerazioni, vanno condivise le censure svolte sul punto dall’appellante sicché, in accoglimento dell’appello, la sentenza gravata dev’essere riformata nel senso dell’accoglimento del ricorso di primo grado e, perciò, dell’annullamento del provvedimento impugnato, comportante l’obbligo dell’Amministrazione di rivalutare l’istanza del ricorrente.

Tuttavia, sussistono giustificate ragioni per disporre la compensazione tra le parti delle spese di entrambi i gradi.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata accoglie il ricorso di primo grado ed annulla il provvedimento impugnato.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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