Cons. Stato Sez. III, Sent., 30-05-2011, n. 3240 Stranieri

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

ieri;
Svolgimento del processo

Con l’appello in epigrafe il signor S. L., cittadino curdo iracheno, ha chiesto la riforma della sentenza 21 maggio 2009 n. 1444 del Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte, sezione seconda, con la quale è stato respinto il suo ricorso avverso il provvedimento 1° luglio 2008 n. 81/A12/08/IMM del Questore di Alessandria, recante diniego di rilascio del permesso CE di lungo soggiorno e del rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato.

Premesso che il diniego viene giustificato essenzialmente con la sua pericolosità sociale (che sarebbe emersa nel corso di un’indagine per adesione ad associazione a delinquere di stampo mafioso finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e dalla conseguente applicazione di custodia cautelare), a sostegno dell’appello ha dedotto:

1) Violazione e/o erronea applicazione degli artt. 5, co. 5, e 4, co. 3, d.lgs. n. 286/1998. Violazione e/o erronea applicazione dell’art. 3 l. n. 241/1990. Eccesso di potere per mancata e/o erronea indicazione dei presupposti di legge. Violazione dell’art. 3 l. n. 241/1990 per difetto di motivazione, illogicità.

In primo grado si era rilevato che erroneamente il provvedimento si basa normativamente sul disposto degli artt. 5, co. 5, e 4, co. 3, del d.lgs. n. 286/98. Nel caso di specie, la domanda era stata presentata nel 2006 ai sensi dell’art. 9 dello stesso d.lgs. per il c.d. permesso di soggiorno CE per i soggiornanti di lunga durata, prima carta di soggiorno, quando le modifiche all’art. 9 non erano state ancora apportate ed avrebbero dovuto trovare applicazione le norme transitorie di cui all’art. 2, co. 2, del d.lgs. n. 3 del 2007, che sanciscono l’applicabilità del decreto agli stranieri che abbiano già ottenuto la carta di soggiorno. Il TAR nulla espone sull’errato richiamo normativo.

Inoltre la p.a. ha utilizzato le stesse argomentazioni per giungere anche al diniego di un eventuale permesso di soggiorno per lavoro subordinato, traslando illegittimamente le risultanze istruttorie, acquisite con precipuo riferimento al rilascio della carta di soggiorno, al diverso ed autonomo procedimento di rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di lavoro, di fatto estendendo – illegittimamente – il provvedimento finale ad una diversa istanza mai presentata.

2) Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 9, co. 4, d.lgs. n. 286/98 così come modificato dall’art. 1 d.lgs. n. 3/2007. Violazione dell’art. 3 l. n. 241/1990. Eccesso di potere per mancata e/o erronea valutazione dei presupposti, carenza di istruttoria, difetto di motivazione. Violazione ed erronea applicazione artt. 3, 13 e 27 Costituzione.

2.1) Nella sua nuova formulazione ed in ossequio alla direttiva europea per i soggiornanti di lungo periodo, l’art. 9 del t.u. non prevede più automatismi preclusivi, facendo ora riferimento alla normativa c.d. "antimafia" (peraltro più volte colpita da questione di legittimità costituzionale), che si fonda sulla dedizione costante ed abituale del soggetto alla commissione di reati, dai quali tragga sostentamento. Tale normativa impone un circostanziato e motivato giudizio di prognosi fondato su circostanze di fatto, favorevoli e sfavorevoli, che nella specie non vi è stata. E’ stata valutata la circostanza della revoca (indice di prognosi sfavorevole alla possibilità di reiterazione dei reati, quindi alla pericolosità sociale) della misura cautelare in carcere, ma erroneamente in modo negativo anziché positivo per l’interessato. L’applicazione di una misura cautelare ha infatti una giustificazione squisitamente processuale, in relazione alla sanzione che si ritiene possa essere applicata, mentre il giudizio di pericolosità sociale deve attenere ad un numero ben più ampio di indizi e circostanze, soprattutto se in precedenza v’era una prognosi favorevole dell’organo giudicante sulla base dell’attività lavorativa, l’inserimento sociale, la stabile dimora, la circostanza che non vi fossero elementi delle indagini tali da giustificare una misura più afflittiva. Si fa inoltre riferimento ad episodi risalenti nel tempo e consistenti solo nell’acquisto di due biglietti ferroviari del valore di 270 euro.

2.2) Questione di legittimità costituzionale dell’art. 9, co. 4, del t.u., come modificato dal d.lgs. 286/98 (rectius: 3/07) in riferimento agli artt. 2, 3, 13 e 27 Cost., in quanto, diversamente opinando, il richiamo alla normativa antimafia si risolve in un nuovo e diverso automatismo, anche in violazione del principio del favor rei.

Il Ministero dell’interno si è costituito in giudizio ed ha svolto controdeduzioni.

All’odierna udienza pubblica, nel corso della quale il difensore dell’appellante ha depositato sentenza di assoluzione per i reati ascrittigli, l’appello è stato introitato in decisione.
Motivi della decisione

1.- Si controverte del diniego di rilascio del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo a tempo indeterminato per motivi di lavoro, richiesto al signor S. L., nonché del rinnovo del permesso di soggiorno; diniego al quale ha fatto seguito l’ordine di lasciare il territorio nazionale, pure oggetto di impugnativa.

In particolare, col provvedimento 1° luglio 2008 n. 81/A12/08/Imm. del Questore di Alessandria, impugnato in primo grado, è stato ritenuto che nel periodo di permanenza sul territorio nazionale il signor L. abbia manifestato pericolosità sociale, emersa nel corso di un’indagine della Direzione distrettuale antimafia di Trento, per aver aderito ad un’associazione per delinquere di stampo mafioso operante in medioriente ed in Europa, finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, essendo altresì stato sottoposto all’applicazione della custodia cautelare; è stato ritenuto, inoltre, che il medesimo rientri nell’elenco delle categorie indicate dall’art. 1 della legge n. 1423 del 1956 in quanto si avrebbe motivo di ritenere che viva in tutto o in parte dei proventi di attività illecite, da cui tragga i mezzi di sostentamento, "così da costituire motivo di pericolo per l’ordine e la sicurezza pubblica".

Con riguardo alle osservazioni prodotte a seguito del preavviso di rigetto, è stato poi osservato che il giudizio di pericolosità sociale "appare congruo alle gravi violazioni contestate previo accertamento di gravi indizi di colpevolezza, ex art. 272 c.p.p., emersi in occasione dell’applicazione della custodia, la cui esigenza cautelare non è venuta meno neppure a seguito dell’intervento del Tribunale del riesame, il quale ha sostituito la misura restrittiva della custodia in carcere con l’obbligo di dimora rilevando che l’interessato… ha offerto in modo stabile la sua collaborazione all’associazione, dall’inizio del 2003 alla metà del 2004 e ciò induce a ritenere che questi, in completa libertà, possa continuare a coadiuvare l’organizzazione nel passaggio dei clandestini attraverso le frontiere del nord Italia, come già fatto…". In relazione a tanto, è stata esclusa la sussistenza dei requisiti di cui all’art. 9, co. 4, del d.lgs. n. 286 del 1998, quanto al permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo, nonché di cui all’art. 4, co. 3, dello stesso decreto legislativo, quanto al permesso di soggiorno, e delle condizioni previste dal testo unico sull’immigrazione; di qui l’affermazione di atto dovuto del rifiuto del rinnovo permesso di soggiorno ai sensi dell’art. 5, co. 5, nella considerazione della "pericolosità sociale manifestata dal cittadino straniero ritenuto una minaccia concreta e attuale per l’ordine pubblico, la cui valutazione è fondata su elementi concreti, attuali ed oggettivi".

2.- Ciò posto, va premesso che il citato quarto comma dell’art. 9 (come sostituito dall’art. 1 del d.lgs. 8 gennaio 2007 n. 3) del t.u., nello stabilire che il permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo non può essere rilasciato agli stranieri pericolosi per l’ordine pubblico o la sicurezza dello Stato, prevede che la valutazione della pericolosità sia condotta, tra l’altro, tenendo anche conto dell’appartenenza dello straniero ad una delle categorie indicate dall’art. 1 della legge 27 dicembre 1956 n. 1423 e ss.mm.ii., ovvero di eventuali condanne, anche non definitive, per determinati reati. Prosegue precisando che ai fini dell’adozione di un provvedimento di diniego di rilascio del particolare permesso di soggiorno in parola "il questore tiene conto altresì della durata del soggiorno nel territorio nazionale e dell’inserimento sociale, familiare e lavorativo dello straniero".

Alla stregua di tali normativa, è evidente che il giudizio di pericolosità sociale possa fondarsi non necessariamente su reati già accertati, ma anche da elementi di fatto pure indiziari, purché tali elementi o indizi siano tali da potersene desumere un giudizio prognostico negativo.

3.- Nella specie, la circostanza che il signor L. sia stato coinvolto nell’indagine menzionata nel provvedimento, ed ancorché sottoposto a misura restrittiva della custodia in carcere, poi convertita in quella dell’obbligo di dimora, non appare elemento di per sé solo sufficiente a fondare legittimamente il reso giudizio di pericolosità sociale ed a giustificare, pertanto, il diniego opposto alla richiesta di rilascio del permesso CE.

Per un verso, infatti, non è stato tenuto conto sia della modestia dei fatti in base ai quali è stata formulata l’accusa, consistenti nell’acquisto di biglietti ferroviari ed in transazioni monetarie, sia del ruolo marginale che, seconda la stessa accusa, avrebbe avuto nell’ambito dell’associazione, sia infine della risalenza degli stessi fatti e dell’assenza di successivi comportamenti rilevanti, tale da far seriamente dubitare dell’attualità dell’assunta pericolosità. Per altro verso, è stato tratto il convincimento che lo straniero tragga mezzi di sussistenza dalle attività illecite, senza considerare l’irrisorietà dell’importo che sarebbe stato rimesso all’attuale appellante, pari a Euro 270,00, oltreché la circostanza dello svolgimento da parte dell’interessato di stabile attività lavorativa.

A tale ultimo proposito, peraltro, il provvedimento appare del tutto sfornito delle valutazioni prescritte dalla parte finale del co. 4 dell’art. 9, ossia appunto in ordine all’inserimento lavorativo dello straniero, nonché all’inserimento sociale e familiare ed alla durata del soggiorno in Italia; elementi, questi, che la norma richiede di bilanciare adeguatamente ai fini del diniego, il quale evidentemente non è configurato dall’innovato art. 9 come discendente in via automatica dal solo giudizio di pericolosità.

In altri termini, come dedotto in primo grado e ribadito dall’appellante in questa sede nell’ambito del secondo motivo, il provvedimento a suo tempo impugnato risulta apodittico ed immotivato già con riferimento al rifiuto di rilascio del permesso CE.

4.- Di tanto il primo giudice non ha tenuto debito conto sicché, in accoglimento dell’appello, con assorbimento di ogni altra doglianza non trattata ed in riforma della sentenza gravata, il ricorso di primo grado va accolto e gli atti impugnati devono essere annullati, con conseguente obbligo dell’Amministrazione di riesaminare l’istanza dell’interessato, sulla base dei criteri sopra enunciati.

Peraltro, incidentalmente va notato, circa l’indagine a cui si fatto cenno, che con sentenza 9 agosto 2010 n. 430 del Tribunale penale di Trento il signor L. è stato assolto "per non aver commesso il fatto".

5.- Infine, la particolarità del caso sottoposto all’esame della Sezione consiglia la compensazione tra le parti delle spese di entrambi i gradi.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata accoglie il ricorso di primo grado ed annulla gli atti impugnati.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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