Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 14-04-2011) 27-05-2011, n. 21313 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

uale ha concluso per l’accoglimento.
Svolgimento del processo

Il Gup presso il Tribunale di Venezia, con sentenza del 2/12/09, resa a seguito di rito abbreviato, dichiarava C.C. colpevole del reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 1 e lo condannava alla pena di anni 4 di reclusione ed Euro 20.000.00 di multa.

La Corte di Appello di Venezia, chiamata a pronunciarsi sull’appello avanzato nell’interesse del prevenuto, in parziale riforma del decisum di prime cure, ha concesso la attenuante di cui all’art. 73, comma 5 ed ha quindi rideterminato la pena in anni 2 di reclusione ed Euro 6.000.00 di multa, con revoca della confisca della somma di denaro in sequestro: conferma nel resto.

Propone ricorso per cassazione la difesa del prevenuto con i seguenti motivi:

– violazione delle norme in tema di valutazione delle prove e segnatamente, dell’art. 192 c.p.p., rilevata la illogicità di motivazione sul punto di responsabilità del C., dopo che il decidente ha ritenuto che parte dello stupefacente doveva considerarsi destinata ad uso esclusivamente personale, per poi fondare il giudizio di colpevolezza sulla base del solo indizio costituito dalla quantità della droga:

– violazione del principio dettato dall’art. 533 c.p.p.;

– vizio di motivazione in ordine al diniego delle attenuanti generiche e alla quantificazione della pena, che appare sicuramente eccessiva.
Motivi della decisione

Il ricorso è manifestamente infondato e va dichiarato inammissibile.

La argomentazione motivazionale. adottata dal giudice di merito, si palesa del tutto logica, corretta ed esaustiva, in particolare nel puntuale richiamo delle emergenze istruttorie, convalidanti la convinzione nel decidente di seconde cure della esatta configurazione della condotta posta in essere nella ipotesi contestata all’imputato, a cui era già pervenuto il Tribunale.

Con la prima censura avanzata la difesa del ricorrente ritiene illogico il ragionamento, sviluppato dalla Corte territoriale, in punto di affermazione di responsabilità del C., in quanto, pur riconoscendo che la sostanza stupefacente rinvenuta in capo al prevenuto fosse destinata ad uso personale dello stesso, considera che detta droga era anche, destinata a terzi, senza fornire sul punto adeguata giustificazione.

Dal vaglio di legittimità a cui è stata sottoposta la motivazione della impugnata sentenza emerge, in maniera inequivoca, la totale infondatezza della dedotta contestazione.

Infatti, il giudice di merito, pur riconoscendo lo stato di tossicodipendente abituale dell’imputato, ha correttamente rilevato che la quantità della sostanza stupefacente detenuta, la qualità di essa, che rappresentava un grado di purezza pari al 41.35%, il verbale redatto dai militari che procedettero all’arresto del prevenuto, costituivano tutti elementi acclaranti la parziale destinazione allo spaccio della droga rinvenuta.

Inoltre, a supporto del quadro già evidenziato, la Corte di merito osserva, a giusta ragione, la inconciliabilità del valore della sostanza stupefacente de qua con lo stato economico-finanziario del C., titolare di reddito da lavoro subordinato pari a Euro 1.300,00 mensili, che. di certo, non avrebbe permesso a costui di disporre di somma adeguata per approvvigionarsi di una tale "scorta" di droga.

Quanto rilevato in ordine al primo motivo di ricorso si ripercuote, di conseguenza, sulla seconda doglianza avanzata dalla difesa dell’imputato: appare, infatti, evidente che non può ravvisarsi alcuna violazione dell’art. 533 c.p.p.. visto che l’iter logico seguito dal giudice di merito permette di rilevare che esso decidente perviene nella convinzione della colpevolezza del C. non evidenziando incertezze sulla rilevanza della piattaforma probatoria, assolutamente confermante la tesi accusatoria. ed esclude ogni dubbio sulla ritenuta responsabilità dell’imputato.

Va osservato sulle due prime censure esaminate che le stesse si palesano non solo alquanto generiche, ma tendenti ad una analisi rivalutativa della prova, su cui al giudice di legittimità è precluso di procedere a nuovo esame estimativo.

Esula, infatti, dai poteri di questa Corte quello di una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è riservata esclusivamente al giudice di merito, al quale spetta di individuare il punto di individuazione del quadro probatorio e di spiegazione del proprio convincimento sulla ricostruzione dei fatti; il giudice di legittimità, che è giudice della motivazione e della osservanza della legge, non può divenire giudice del contenuto della prova, in particolare non competendogli un controllo sul significato concreto di ciascun elemento di riscontro probatorio (ex plurimis Cass. 6/3/03. Di Folco).

Del pari inammissibile è da considerare la ulteriore doglianza, attinente alla mancata concessione delle attenuanti generiche e alla ritenuta eccessività della pena: infatti la Corte territoriale fornisce una esauriente e convincente giustificazione, indicando tutti gli elementi ritenuti inibenti la concessione delle attenuanti predette e la rideterminazione del trattamento sanzionatorio, col sottolineare anche il reticente comportamento processuale adottato dal prevenuto e i precedenti penali dello stesso, nonchè la quantità e la ottima qualità della cocaina di cui lo stesso era in possesso.

Tenuto conto, poi, della sentenza del 13/6/2000, n. 186, della Corte Costituzionale, e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che il C. abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di non punibilità, lo stesso, ai sensi dell’art. 616 c.p.p.. deve, altresì, essere condannato al versamento di una somma, in favore della Cassa delle Ammende, equitativamente fissata, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di Euro 1.000.00.
P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento in favore della Cassa delle Ammende della somma di Euro 1.000,00.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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