Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 05-04-2011) 27-05-2011, n. 21339 Intercettazioni telefoniche

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1) Il Tribunale di Roma, sezione per il riesame delle misure cautelari reali, con ordinanza 24 novembre 2010 ha rigettato la richiesta di riesame del decreto di sequestro preventivo – emesso il 3 novembre 2010 dal Giudice per le indagini preliminari del medesimo Tribunale – nei confronti di D.V.S. nei cui confronti era stata emessa ordinanza di custodia cautelare in carcere per il delitto di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 per l’importazione nello Stato di kg. 13,098 di cocaina con grado di purezza dell’80%.

Il Tribunale ha ritenuto che vi fosse sproporzione tra i redditi dichiarati da D.V. e le sue disponibilità finanziarie (avendo nel 2008 dichiarato un reddito imponibile annuo di Euro 2.000,00) e ha quindi confermato il sequestro preventivo – avente ad oggetto un’autovettura Smart intestata a D.V.V., fratello dell’indagato, cui era pervenuta per acquisto dalla moglie del fratello che, a sua volta, l’aveva acquistata da una società di cui D.V.S. era socio – finalizzato alla confisca ex D.L. 8 giugno 1992, n. 306, art. 12 sexies convertito nella L. 7 agosto 1992, n. 356.

Il Tribunale ha ritenuto che l’autovettura, pur formalmente intestata al fratello, fosse nella disponibilità di D.V.S..

2) Contro il provvedimento del Tribunale ha proposto ricorso D. V.V. il quale ha dedotto, con il primo motivo, la violazione degli artt. 267 e 268 perchè l’ordinanza impugnata avrebbe fondato su un’intercettazione ambientale la prova che l’autovettura era nella disponibilità di D.V.S. senza che venissero acquisiti i decreti autorizzativi delle intercettazioni e senza che le conversazioni intercettate venissero trascritte.

Con il secondo motivo si deduce la violazione dell’art. 192 perchè l’ordinanza impugnata avrebbe ricostruito il contenuto di un’intercettazione ambientale utilizzando una massima di esperienza del tutto congetturale; questa ricostruzione sarebbe smentita dalle dichiarazioni rese da testimoni che confermano che l’acquisto dell’autovettura era avvenuto nel (OMISSIS) e che, solo per un ritardo del PRA, risulta trascritto due anni dopo.

Con il terzo motivo si deduce la violazione del citato art. 12 sexies perchè il ricorrente avrebbe provato sia la disponibilità di un reddito compatibile con gli esborsi effettuati sia la modestia di questi esborsi sia perchè, infine, è stato documentalmente provato lo svolgimento di un’attività lavorativa continuativa.

3) Il ricorso è inammissibile.

Quanto al primo motivo va rilevato che è indubbiamente diritto della difesa richiedere l’acquisizione dei decreti di intercettazione – ove le conversazioni intercettate vengano utilizzate nel procedimento di riesame al fine di ritenere esistenti i presupposti per la conferma del provvedimento cautelare – ed eventualmente la trascrizione delle conversazioni intercettate rilevanti.

Nel caso in esame il ricorrente non ha formulato questa richiesta nè con la richiesta di riesame ma neppure all’udienza tenuta davanti al tribunale per il riesame il 24 novembre 2010 contrariamente a quanto si afferma nel ricorso. Non può dunque il ricorrente proporre questa richiesta, per la prima volta, alla Corte di cassazione che non ha poteri di acquisizione documentale denunziando una mancata acquisizione che non è mai stata richiesta.

Nè potrebbe parlarsi di inefficacia del provvedimento applicativo della misura cautelare reale – giusta il combinato disposto dell’art. 324 c.p.p., comma 7 e art. 309 c.p.p., comma 4 -trattandosi di domanda estranea al procedimento di riesame.

4) Sul secondo motivo di ricorso va preliminarmente rilevato che il ricorso in cassazione contro le ordinanze del tribunale per il riesame, in materia di misure cautelari reali, è proponibile, per l’espresso disposto dell’art. 325 c.p.p., comma 1, solo "per violazione di legge". Ciò vale anche per l’ordinanza del tribunale che si pronunzi sulla richiesta di riesame del decreto del pubblico ministero che abbia convalidato il sequestro operato dalla polizia giudiziaria o sulla richiesta di riesame il sequestro disposto dall’autorità giudiziaria (v. art. 355 c.p.p., comma 3 e art. 257 c.p.p. che rinviano entrambi all’art. 324 con la conseguente applicabilità dell’art. 325 in tema di ricorso in cassazione).

Ciò comporta in particolare, per quanto attiene ai vizi di motivazione del provvedimento impugnato, che con il ricorso in questa materia non sono deducibili tutti i vizi concernenti la motivazione del provvedimento impugnato previsti dall’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e) ma soltanto la mancanza assoluta, o materiale, della motivazione perchè solo in questo caso può configurarsi la violazione di legge ed in particolare la violazione dell’art. 125 c.p.p., comma 3 che prescrive, a pena di nullità, l’obbligo di motivazione delle sentenze e delle ordinanze in attuazione del disposto dell’art. 111 Cost., commi 6 e 7.

Tra i casi di mancanza assoluta della motivazione può certamente ricomprendersi anche il caso di motivazione meramente apparente o assolutamente inidonea a spiegare le ragioni addotte a sostegno dell’esistenza o meno dei presupposti per il mantenimento della cautela. Non possono invece formare oggetto di ricorso in cassazione le censure dirette ad evidenziare l’insufficienza, l’incompletezza, l’illogicità o la contradditorietà della motivazione.

La giurisprudenza di legittimità è univoca nel senso indicato: cfr. da ultimo Cass., sez. 5, 25 giugno 2010 n. 35532, Angelici, rv.

248129; 13 ottobre 2009 n. 43068, Bosi, rv. 245093; sez. 6, 21 gennaio 2009 n. 7472, Nespoli, rv. 242916; sez. 5, 11 gennaio 2007 n. 8434, Ladiana, rv. 236255; sez. 3, 5 maggio 2004 n. 26853, Sainato, rv. 228738; sez. un. 28 gennaio 2004 n. 5876, Bevilacqua, rv. 226710. 5) Alla luce di questo costante orientamento della giurisprudenza di legittimità (che nel ricorso neppure viene posto in discussione) le censure rivolte dal ricorrente all’ordinanza impugnata con il secondo motivo di ricorso devono essere ritenute inammissibili.

Va premesso anzitutto che irrilevanti si rivelano le censure che riguardano le disponibilità economiche del ricorrente D.V. V.; il sequestro preventivo è stato adottato nei confronti del fratello D.V.S. ed è nei suoi confronti che va valutata la giustificazione della provenienza delle disponibilità.

Nei confronti del ricorrente l’unico tema che può essere esaminato è quello che si riferisce alla disponibilità del bene oggetto del sequestro da parte di D.V.S. ma, su questo aspetto, le censure proposte si rivelano inammissibili per le ragioni già indicate perchè riguardano la motivazione del provvedimento impugnato ed in particolare la sua logicità o le massime di esperienza applicate e non il vizio di violazione di legge, l’unico che può formare oggetto del ricorso in cassazione; anzi, sotto alcuni profili, le censure mirano anche ad una ricostruzione del fatto diversa da quella compiuta dal giudice di merito.

Ciò vale anche per il terzo motivo di ricorso perchè (pur prescindendo dalla sua irrilevanza riguardando le disponibilità del fratello) pur proposta come violazione del ricordato art. 12 sexies, la censura in realtà non evidenzia alcuna erronea interpretazione di questa norma o una sua falsa applicazione ma investe la motivazione del provvedimento impugnato nella parte in cui ha ritenuto l’esistenza della disponibilità di un reddito non giustificato da parte del fratello del ricorrente.

5) Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso conseguono le pronunzie di cui al dispositivo.

Con riferimento a quanto statuito dalla Corte Costituzionale nella sentenza 13 giugno 2000 n. 186 si rileva che non si ravvisano ragioni per escludere la colpa del ricorrente nella determinazione della causa di inammissibilità ai fini della condanna al pagamento delle spese processuali di una somma a favore della Cassa delle ammende in considerazione della palese violazione delle regole del giudizio di legittimità.
P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione, Sezione Quarta Penale, dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille in favore della Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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