Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 23-03-2011) 27-05-2011, n. 21328 Violenza sessuale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

so Aurelio, che ha concluso per il rigetto.
Svolgimento del processo

Il Tribunale del Riesame di Catania con ordinanza del 17 giugno 2010 ha confermato l’ordinanza cautelare emessa dal GIP presso il Tribunale di Siracusa in data 20 maggio 2010 a carico di C. A. per il reato di violenza sessuale di cui all’art. 609 quater c.p., comma 3, commesso nel (OMISSIS), in danno della nipote minorenne S.G..

L’indagato ha proposto ricorso per Cassazione per i seguenti motivi:

1. Violazione dell’art 609 quater c.p., comma 4 in relazione all’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), per non avere applicato la circostanza attenuante del fatto di minore gravità in quanto gli episodi addebitati all’indagato sono stati due o tre ed hanno riguardato meri toccamenti ad una minorenne di sedici anni. In relazione alla qualità dell’atto compiuto, alla età della minore ed alle sue condizioni fisiche e psichiche, che le permettono di potere comprendere la natura del gesto e le conferiscono la capacità di difendersi, la lesione al bene oggetto di tutela appare di lieve entità. 2. Inosservanza dell’art. 133 c.p. in relazione all’art. 606 c.p.p., lett. b). Il Tribunale ha ritenuto che i fatti denotino particolare pericolosità sociale dell’indagato senza tenere conto degli elementi di cui all’art. 133 c.p..

3. Violazione dell’art. 191 c.p.p. in relazione all’art. 606 c.p.p., lett. c. A sostegno della colpevolezza del C. è stato considerato quale grave indizio di colpevolezza la registrazione audio, effettuata ad opera del S.G.. Tale registrazione sarebbe inutilizzabile in quanto mai trascritta e neanche ascoltata dal Giudice del Riesame, nè è stata fatta perizia atta ad individuare nel C. l’altro soggetto interlocutore, nonchè a comprendere se vi siano state manipolazioni.

4. Violazione dell’art. 189 e 191 c.p.c. in relazione all’art. 606 c.p.p., lett. c). E’ stato affermato dalla persona offesa che anche la cugina sarebbe stata vittima delle stesse attenzioni (dichiarazioni confermate dalla madre). Ma tale cugina non è stata sentita come teste, nè risulta aver riferito nulla alla propria madre. Tali dichiarazioni sarebbero quindi inutilizzabili. Nè è stata acquisita una presunta registrazione di una conversazione telefonica intervenuta tra C.C. e il nonno nella quale quest’ultimo avrebbe fatto delle proposte oscene alla nipote.

5. Violazione dell’art. 125 c.p.p. in relazione all’art. 606 c.p.p., lett. e). A fronte di un possibile movente delle calunnie ordite dalla famiglia S. contro l’indagato per appropriarsi della sua casa, il giudice del riesame avrebbe svolto una motivazione che contrasta con le acquisizioni processuali, facendo riferimento all’assenza di un movente calunnioso. Non sarebbero state inoltre chiarite le ragioni della mancata applicazione dell’ipotesi prevista dall’art. 609 quater c.p., comma 4: il giudice ha affermato che non può essere concessa la sospensione condizionale della pena per la gravità dei fatti contestati, mentre dal combinato disposto dell’art. 609 quater c.p., commi 2 e 4 e art. 62 bis c.p., in caso di condanna, potrebbe essere comminata una pena inferiore agli anni due.

6. Violazione degli artt. 274 e 275 c.p.p. in relazione all’art. 606 c.p.p., lett. b) ed e).

Il Tribunale del riesame si sarebbe riferito per relationem alla motivazione dell’ordinanza del G.I.P. Non sussisterebbero invece, gli elementi richiesti dall’art. 274 c.p.p., lett. c): le modalità e circostanze dei fatto sono di minima gravità e l’indagato è incensurato ed è affetto da gravissime patologie mediche.
Motivi della decisione

Il ricorso è infondato.

1. L’ambito del controllo che la Corte di Cassazione esercita in tema di misure cautelari non riguarda la ricostruzione dei fatti, nè le valutazioni, tipiche del giudice di merito, sull’attendibilità delle fonti e la rilevanza e/o concludenza dei dati probatori, nè la riconsiderazione delle caratteristiche soggettive delle persone indagate, compreso l’apprezzamento delle esigenze cautelari e delle misure ritenute adeguate: tutti questi accertamenti rientrano nel compito esclusivo e insindacabile del giudice cui è stata richiesta l’applicazione della misura cautelare e del tribunale del riesame.

Il giudice di legittimità deve invece verificare che l’ordinanza impugnata contenga l’esposizione delle ragioni giuridicamente significative che hanno sorretto la decisione e sia immune da illogicità evidenti: il controllo investe, in sintesi, deve riguardare la congruenza delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento (in tal senso, Sez. 6, n. 3529 dell’1/2/1999, Sabatini, Rv. 212565; Sez. 4, n. 2050 del 24/10/1996, Marseglia, Rv. 206104).

2. L’ordinanza oggetto della presente impugnazione è sorretta da logica e corretta argomentazione motivazionale e risponde a tali due requisiti. Il Tribunale nel motivare la gravità del quadro indiziario, già presa in considerazione dal GIP, ha analiticamente esaminato le censure sopra indicate, sia in riferimento alla valutazione di gravità dei fatti (primo motivo di ricorso), che in relazione alla valutazione della personalità dell’indagato (secondo motivo).

3. Inoltre i giudici del riesame hanno fornito la loro argomentata valutazione circa l’attendibilità delle dichiarazioni rese dalla minore e della valenza dei riscontri estrinseci costituiti dalla testimonianze allo stato assunte e dalla registrazione di una conversazione intercorsa tra il padre della persona offesa e l’indagato, conversazione contenente un’affermazione confessoria dell’indagato stesso (terzo motivo di ricorso). Tale telefonata non è stata ritenuta, ex se, grave indizio, come asserito nell’impugnazione, ma semplice elemento di riscontro delle dichiarazioni accusatorie provenienti dalla persona offesa e dai testi: la trascrizione della conversazione e l’eventuale perizia fonica potranno costituire semmai elemento di discussione nell’ambito della valutazione probatoria che sarà esperita nel giudizio di merito, ma non possono avere ingresso in questa fase cautelare per la quale è richiesta la presenza di un quadro meramente indiziario, seppure connotato dal carattere della gravità, quadro che il Tribunale del riesame ha ancorato a ben diversi elementi di accusa, assai più consistenti.

Occorre poi ribadire che in sede di legittimità non è possibile svolgere un autonomo giudizio circa l’attendibilità della testimonianza della persona offesa: nel caso di specie i giudici hanno espresso la loro valutazione circa tale profilo delle dichiarazioni della minore con argomentazioni di sicura tenuta logica. Nè tale attendibilità può essere scalfita dal fatto che in relazione ad un analogo fatto che dovrebbe riguardare una cugina della persona offesa, riferito dalla S.G., risulti allo stato delle indagini solo il riscontro della testimonianza de relato della madre della persona offesa e non risulti ancora assunta come teste la cugina stessa. Tale testimonianza de relato è comunque utilizzabile nella fase delle indagini preliminari come dato di riscontro della testimonianza della vittima, salvo futura valutazione nel corso del giudizio, una volta acquisita anche la testimonianza diretta della cugina stessa.

4. Nè può sostenersi, come assunto nel ricorso (quarto motivo) che la mancanza agli atti della registrazione di una telefonata intercorsa tra nonno e nipote possa inficiare, in questa fase cautelare, la tenuta argomentativa dell’ordinanza impugnata quanto alla valutazione dell’attendibilità della vittima.

Risulta poi congrua, logica e convincente la motivazione con la quale è stata disattesa l’adombrata eccezione circa l’esistenza di un movente calunnioso nei suoi confronti da parte della giovane nipote e della di lei famiglia (quinto motivo di ricorso).

5. Da respingere, del pari, il lamentato vizio di motivazione in quanto svolta per relationem (sesto motivo di ricorso). Le Sezioni Unite di questa Corte (sentenza n. 17 del 21/9/2000, Primavera e altri, Rv. 216664), hanno chiarito che la motivazione per relationem di un provvedimento è legittima in presenza dei seguenti requisiti:

1) deve fare riferimento, recettizio o quale semplice rinvio, ad un atto legittimo del procedimento, la cui motivazione risulti congrua rispetto all’esigenza di giustificazione necessaria e specifica del provvedimento assunto; 2) deve fornire la dimostrazione che il giudice abbia preso cognizione del contenuto sostanziale delle ragioni del provvedimento di riferimento, l’abbia meditato e ritenuto coerente con la propria decisione; 3) l’atto richiamato, quando non venga allegato o trascritto nel provvedimento da motivare, deve essere conosciuto (od almeno conoscibile) dall’interessato, quanto meno al momento in cui si renda attuale l’esercizio della facoltà di valutazione, di critica ed, eventualmente, di gravame e, conseguentemente, di controllo dell’organo della valutazione o dell’impugnazione. E’ stato correttamente osservato che il rispetto di tali condizioni presuppone che la motivazione per relationem rinvii ad altri provvedimenti dello stesso procedimento, atteso che solo in tal caso è possibile per il giudice dell’impugnazione controllare l’iter logico e giuridico che sorregge la decisione impugnata attraverso l’esame degli atti del fascicolo (in tal senso Sez. 3, 25 maggio 2001, n. 33648, Cataruzza).

Naturalmente l’orientamento della giurisprudenza di legittimità è particolarmente rigoroso nel consentire il ricorso alla motivazione per relationem da parte del tribunale del riesame in riferimento al contenuto dell’ordinanza di applicazione della misura cautelare impugnata, in quanto è stata sottolineata la necessità che il giudice del riesame non accolga acriticamente le valutazioni già effettuate, anche perchè deve dare conto, e dare risposta, alle doglianze avanzate dalle parti (si veda Sez. 2, n. 44378 del 16/12/2010, Schiavulli, Rv. 248946). Nel caso di specie, di contro, il Tribunale del riesame ha dato puntuale risposta a tutte le deduzioni difensive e ha fornito autonoma valutazione in punto di gravità indiziaria, condividendo le argomentazioni del G.I.P. circa la sussistenza delle esigenze cautelari, peraltro ritenute dal Collegio del riesame tutelate adeguatamente con la restrizione degli arresti domiciliari.

Il ricorso deve pertanto essere rigettato ed al rigetto consegue, ex art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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