Cons. Stato Sez. III, Sent., 30-05-2011, n. 3239 Competenza e giurisdizione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con sentenza 15 maggio 2006 n. 516 (notificata il 3 luglio 2006) il TAR Lombardia Sez. di Brescia, accogliendo il ricorso proposto dall’Istituto ospedaliero di Sospiro (CR), condannava, tra l’altro, il Comune di Sommatino (prov. Caltanissetta) a pagare le rette di degenza della sig.ra B. S. (bisognosa di assistenza per insufficienza mentale grave ed in tale Comune residente) per un importo di euro 119.579, 24, maturato negli ultimi anni fino al 31 marzo 2006 (oltre agli interessi legali dalla data di scadenza delle fatture mensili al saldo), nonché le ulteriori rette dei periodi successivi ove prosegua il ricovero in questione.

Il Comune di Sammartino (non costituito in giudizio in primo grado), con appello ritualmente notificato all’Istituto ospedaliero di Sospiro ed all’Azienda USL n. 2 di Caltanissetta, direttore generale (anche nella veste di commissario liquidatore della soppressa USL n. 16 di Caltanissetta), ha preliminarmente eccepito il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, rappresentando altresì l’opportunità di rimettere la questione all’Adunanza plenaria, ove la Sezione ritenga di conformarsi al principio affermato dall’A.P. n. 5 che, (in contrasto con l’indirizzo espresso dalla Corte regolatrice, giudice del riparto di giurisdizione), ha affermato in materia la sussistenza della giurisdizione amministrativa; nel merito, poi, l’appellante ha chiesto, previa sospensione, la riforma della sentenza per evidente difetto di istruttoria, atteso che il TAR Lombardia avrebbe recepito supinamente certificazioni mediche di parte senza disporre ulteriori accertamenti in contraddittorio; pertanto viene chiesta una CTU al fine di meglio individuare la tipologia di prestazioni di cui ha beneficiato la sig.ra Silvestre nel periodo in questione presso l’Istituto ospedaliero di Sospiro.

1.1 Si è costituita in giudizio la fondazione appellata che, replicando all’eccepito difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, nel merito (quanto al dedotto difetto di istruttoria) ha fatto, altresì, presente che il Comune non si era neanche costituito in giudizio e che la suddetta censura, prima che infondata, presenterebbe consistenti profili di inammissibilità, atteso che, da un lato, ai sensi dell’art. 345 cod. proc. civ., in appello non sono consentite nuove censure (come quelle dirette a modificare la prospettazione dei fatti in contestazione) mentre, dall’altro, non sono ammessi nuovi mezzi di prova, salvo che la parte non dimostri di non averli potuti proporre in primo grado per cause ad essa non imputabili; nel dicembre 2010 con successiva memoria, poi, l’appellato replicava ancora sia sul preteso difetto di giurisdizione sia nel merito, insistendo per la conferma della sentenza di primo grado.

Con motivata ordinanza cautelare 3 ottobre 2006 n. 5068, peraltro, il Consiglio di Stato aveva respinto l’istanza di sospensione della sentenza appellata.

Alla pubblica udienza del 18 febbraio 2011, uditi i difensori presenti per le parti, come da verbale, la causa è passata in decisione.
Motivi della decisione

2. Va preliminarmente esaminata l’eccezione di difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, sollevata dal Comune appellante, secondo il quale la pretesa attiene a crediti pecuniari fatti valere nel 2002, con la conseguenza che, trattandosi di diritti soggettivi, la questione rientrerebbe nella giurisdizione del giudice ordinario. Infatti, ad avviso dell’appellante, non sarebbe applicabile nel caso di specie l’art. 33 del d. lgs. n. 80/1998 (che ha devoluto alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie in materia di appalti di pubblici servizi) la cui portata è stata limitata dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 204/2004 alle sole controversie in materia di pubblici servizi concernenti provvedimenti autoritativi, esclusa ogni questione concernente indennità ed altri corrispettivi; pertanto, cancellata nei sensi esposti la disposizione di cui all’art. 33 d. lgs. n. 80/1998 nel testo originario, ad avviso dell’appellante il TAR Lombardia avrebbe dovuto dichiarare d’ufficio il proprio difetto di giurisdizione in quanto la dichiarazione di illegittimità costituzionale di una norma ne comporta l’annullamento ex tunc (salvi i rapporti esauriti); e dunque, a dire dell’appellante, l’Adunanza plenaria (che nel 2006 con le decisioni nn. 5 e 7 ha ribadito la giurisdizione del giudice amministrativo) si sarebbe pronunciata in materia che, involgendo una questione di riparto di giurisdizione, rientrerebbe nell’ambito della competenza della Corte di Cassazione a Sezioni Unite.

L’eccezione va disattesa.

Come ha ricordato lo stesso Comune appellante (vedi memoria del dicembre 2010), sulla questione della sussistenza o meno della giurisdizione amministrativa in materia di spese di spedalità, almeno fino al 2002 (epoca di proposizione del ricorso innanzi al TAR Lombardia), si è pronunciata, nelle more di questo giudizio, anche l’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato (con decisioni nn. 5 e 7 del 30 luglio 2008) che ha confermato la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, anche successivamente alla parziale dichiarazione di illegittimità dell’art. 33 del d. lgs. n. 80/1998 (come modificato dall’art. 7 legge n. 205/2000) da parte della Corte Costituzionale con la sentenza 6 luglio 2004 n. 204.

2.1 Infatti (come ha illustrato l’Adunanza plenaria dal cui orientamento questa Sezione non ha motivo per discostarsi, tenuto anche conto di quanto stabilito dall’art. 99, 3 comma, del Codice di rito) la specifica disposizione dell’art. 29 del R.D. n. 1054/1924, richiamata anche dall’art. 7 della legge n. 1034/1971 istitutiva dei TAR, non era stata abrogata (neanche implicitamente) dal successivo art. 7 legge n. 205/2000 (modificativo dell’originario testo dell’art. 33 d. lgs. n. 80/98): in conseguenza, quando la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo sui pubblici servizi è stata ridimensionata dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 204/2004, in realtà quest’ultima non ha minimamente inciso in materia di spese di spedalità, dove la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo è rimasta immutata, in quanto sostenuta da una specifica base di legge, costituita dal citato art. 29 R.D. n. 1054/1924, disposizione vigente nel 2002 ed espressamente abrogata soltanto nel settembre 2010 con l’entrata in vigore dell’art. 4 allegato 4 del d. lgs. 2 luglio 2010 n. 104 recante l’adozione del c.d. codice del processo amministrativo.

2.2 Né tale abrogazione esplica alcuna rilevanza sulla questione all’esame poiché, per il principio della perpetuatio jurisdictionis, il giudizio resta incardinato presso il giudice adito all’atto dell’instaurazione del giudizio anche nell’ipotesi di jus superveniens che modifichi la competenza o la giurisdizione (vedi art. 5 c.p.c.).

Né tanto meno il collegio ritiene sussistenti i presupposti per una nuova remissione della questione all’Adunanza plenaria, visto che l’ambito della giurisdizione sui pubblici servizi è stato oggetto del recente intervento sistematico ad opera del d. lgs. n. 104/2010 citato.

2.3 Nel merito l’appello appare infondato perché non sussiste il difetto di istruttoria, dedotto come unico motivo di impugnazione avverso la sentenza del TAR Lombardia.

Invero, premesso che il Comune appellante (pur ritualmente intimato) non si era costituito in primo grado, il collegio ritiene che la sentenza appellata correttamente ha ritenuto esaustivi gli elementi conoscitivi forniti dall’Istituto di Sospiro nella relazione medica concernente le condizioni della paziente S. B., che, dato lo stato di insufficienza mentale cronica, necessitava di prestazioni di sorveglianza ed assistenza di natura socio assistenziale, e non sanitaria, prevalentemente sostitutive dell’assistenza familiare.

D’altra parte il Comune appellante, più che contestare la condizione di infermità mentale della sig.ra Silvestre (iscritta nella popolazione residente nel proprio territorio), si limita a dedurre la pretesa mancata valutazione in giudizio delle stesse certificazioni mediche prodotte dall’Istituto di ricovero; e ciò solo al fine evidente di porre in dubbio la natura socioassistenziale delle prestazioni erogate dalla fondazione a favore della sig.ra Silvestre.

Pertanto, a prescindere dai profili di inammissibilità della richiesta di disporre una CTU (ai sensi dell’art. 345 c.p.c.), la richiesta medesima non può essere accolta poiché non sussiste né l’incertezza sulle condizioni psicofisiche della paziente, ospite fin dal 1959, dell’Istituto, né la necessità di ulteriori elementi conoscitivi sulle prestazioni erogate per tipologia e durata, atteso che il ricovero fu all’epoca richiesto per disabilità psichica proprio dalla provincia di Caltanissetta, ente all’epoca competente in materia di assistenza agli alienati mentali residenti nel proprio territorio.

2.4 Dagli atti di primo grado risulta che la provincia di Caltanissetta (in osservanza dell’assetto normativo previgente alla cd. riforma del SSN del 1978) aveva regolarmente assolto gli oneri di pagamento delle rette di ricovero della inferma in questione fino al 1982, mentre per il periodo successivo fino al 1998 (salvo qualche periodo) avevano provveduto prima la USL 16 e poi l’Azienda USL n. 2 di Caltanissetta.

2.5 Infine, per completare il quadro normativo di riferimento, va rilevato che (secondo la consolidata giurisprudenza) in base al disposto dell’art. 30 legge n. 730/1983 e del DPR 8.8.1983 artt. 2 e 6 le prestazioni in favore dei pazienti infermi di mente configurano, in sé stesse considerate, attività socioassistenziale di natura sostitutiva dell’assistenza familiare e, pertanto, sono a totale carico degli enti locali, cioè, nel caso di specie, del Comune di Sammartino (prov. CL) – ultima residenza della sig.ra Silvestre all’epoca del ricovero nell’istituto di Sospiro in applicazione del regime normativo dettato (per gli oneri dei Comuni della Sicilia in materia socioassistenziale), dalla legge regionale Sicilia 9.5.1986, n. 22 (concernente il riordino dei servizi socioassistenziali).

3. Concludendo, precisato che l’appello è limitato alle statuizioni della sentenza del TAR Lombardia relative al Comune di Sammartino, preliminarmente respinta l’eccezione di difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, nel merito l’appello va respinto e, pertanto, va confermata, per quanto di interesse dell’appellante, la sentenza in epigrafe.

Considerate le caratteristiche della fattispecie, ricorrono giusti motivi per compensare le spese di lite del presente grado di giudizio.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, respinge l "appello e, per l’effetto, conferma la sentenza in epigrafe.

Spese del grado di appello compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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