Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 03-03-2011) 27-05-2011, n. 21396

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Avverso la sentenza indicata in epigrafe che ha confermato l’affermazione di penale responsabilità dell’imputato per il delitto di estorsione in danno della madre e, riconosciute le attenuanti generiche, ha ridotto la pena nella misura di anni tre e mesi quattro di reclusione ed Euro 344,00 di multa,inflitta dal Tribunale di Termini Imprese, con sentenza del 22.11.2007, ricorre la difesa di Peri Giovanni deducendo come unico motivo la violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. b) ed e), in relazione all’art. 192 c.p.p., art. 530 c.p.p., commi 1, 2, 3, e artt. 85, 89, 95 c.p., e art. 27 Cost., perchè i giudici avrebbero dato corpo e valore alla distinzione tra intossicazione acuta da sostanze stupefacenti ed intossicazione cronica, che una recente sentenza della Corte Costituzionale ha peraltro messo in dubbio per quanto riguarda la cronicità dell’uso che si tratti di malattia mentale non reversibile, precisando che la corretta interpretazione da dare all’art. 95 c.p., è quello di uno stato soggettivo non più dominabile dalla persona, attesa anche l’oggettiva differenza delle conseguenze che provocano l’uso di sostanze stupefacenti e l’uso di sostanze alcoliche. La perizia inoltre soffre di una concezione medico – organicistica tradizionale che riconosce solo la malattia mentale in senso psichiatrico in essa ricomprendendo anche gli stati morbosi transeunti ai quali non attribuisce autonoma rilevanza del pari disconoscendo valore al rapporto di causalità psichiatrica che deve intercorrere tra il fatto ed il suo autore. Secondo il ricorrente la motivazione della sentenza impugnata merita censura perchè ha omesso di motivare secondo gli indirizzi medico legali più evoluti e, pur attestandosi sulla negazione dello stato di astinenza, si è ben guardata dal dare precisi indici di riferimento che individuino tale stato.
Motivi della decisione

2. Il ricorso è manifestamente infondato.

2.1 A parere del collegio le censure mosse alla motivazione della sentenza non si correlano alle argomentazioni della Corte di merito perchè i giudici di merito hanno posto in rilievo l’assenza di qualsiasi prova dell’ asserita crisi di astinenza, che il ricorrente,invece, da per scontata.

2.2 Ne consegue che il ricorso è privo dei requisiti di specificità richiesti dall’art. 291 c.p.p., comma 1, lett. c), e che si sostanziano nella critica meditata della motivazione della sentenza La mancanza di specificità del motivo di impugnazione, invero, dev’essere apprezzata non solo per la sua genericità, come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità conducente, a mente dell’art. 591, comma 1, lett. c), all’inammissibilità. Rv. 210157 3. Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, il ricorrente che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della cassa delle ammende della somma di mille Euro, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di mille Euro alla cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *