Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 15-02-2011) 27-05-2011, n. 21335 Misure cautelari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1 – T.F., indagato ex D.P.R. n. 309 del 1990, artt. 73 e 80, ricorre avverso l’ordinanza del Tribunale di Roma, dell’11 ottobre 2010, che ha respinto la richiesta di riesame dallo stesso avanzata avverso il provvedimento di custodia cautelare in carcere emesso dallo stesso Tribunale di Roma il 30 settembre 2010.

Secondo quanto emerge dalla lettura del provvedimento impugnato, il T. e F.F., quest’ultimo non ricorrente, sottoposti a perquisizione personale nei pressi dell’ingresso del centro sociale "(OMISSIS)", sono stati trovati in possesso, ciascuno, di alcuni grammi di hashish, al tribunale che ha provveduto ad interrogarli, i due hanno dichiarato di avere acquistato la droga per uso personale.

I giudici del riesame, nell’esaminare le doglianze proposte dall’indagato, il quale aveva negato la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza e di esigenze cautelari, nonchè dell’aggravante contestata, hanno rilevato: a) che gravi e precisi elementi di colpevolezza erano emersi in esito alla perquisizione personale dell’imputato, grazie alla quale è stata accertata la presenza della droga; b) che, essendo già stata fissata a breve l’udienza per la celebrazione del giudizio, in detta sede sarebbero stati sciolti i dubbi circa la destinazione dell’hashish e la sussistenza dell’aggravante. Quanto alle esigenze di cautela, sono state ricordate due precedenti condanne per analoghe violazioni, ritenute significative in termini di pericolo di recidiva specifica.

Avverso tale ordinanza ricorre, dunque, il T., che deduce violazione dell’art. 125, comma 3, e art. 25, comma 4, e mancanza di motivazione in punto di sussistenza di una causa ostativa all’applicazione della custodia cautelare in carcere; sostiene il ricorrente di essere padre di una bambina nata il (OMISSIS), che la madre, affetta da malattia su base ansiosa, non è nelle condizioni di accudire; su tale circostanza e sulla conseguente richiesta di revoca del provvedimento custodiale, il tribunale non si sarebbe in alcun modo espresso.

2 – Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

Deve, anzitutto, denunciarsi la tardività del proposto ricorso.

Risulta, invero, dagli atti che, a fronte della notifica all’odierno ricorrente dell’ordinanza impugnata in data 15.10.2010, presso la casa circondariale "Regina Coeli" di Roma, il ricorso risulta depositato presso l’ufficio matricola dello stesso istituto di pena in data 2.11.2010, cioè oltre il termine di cui all’art. 311 c.p.p., comma 1.

Lo stesso ricorso è, comunque, ugualmente inammissibile nel merito.

Se è vero, infatti, che il tribunale non ha approfondito la sussistenza, in capo al T., di esigenze familiari riconducibili al disposto dell’art. 275, comma 4, è anche vero che ciò è dipeso dal fatto che l’istanza di riesame, nei termini in cui è stata formulata, non conteneva una esplicita richiesta di annullamento, a quei fini, della misura custodiale.

In realtà, nella richiesta di riesame il T. ha solo genericamente accennato – nel contesto dell’esposizione delle censure afferenti la sussistenza del pericolo di reiterazione e la violazione del principio di proporzionalità e di adeguatezza della misura – all’opportunità di gradare la misura custodiale per consentire all’imputato di fornire adeguata assistenza al proprio nucleo familiare, cioè alla figlioletta appena nata ed alla moglie che, a causa della recente gravidanza, aveva evidenziato problemi di salute.

In tale contesto, il giudice del riesame ha legittimamente ritenuto che i riferimenti alle esigenze familiari fossero volti solo alla illustrazione di esigenze familiari di carattere generale e non di quelle specificamente indicate nell’art. 274, comma 4, oggi invocato.

Alla declaratoria d’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma, in favore della cassa delle ammende, che si ritiene equo determinare in Euro 1.000,00. La cancelleria provvedere agli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p..
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000,00 in favore della Cassa delle ammende.

La Corte dispone, inoltre, che copia del presente provvedimento sia trasmessa al direttore dell’istituto penitenziario competente, perchè provveda a quanto stabilito dall’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *