Cons. Stato Sez. VI, Sent., 30-05-2011, n. 3225

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con la sentenza gravata il primo giudice, disattesa l’eccezione di difetto di giurisdizione dedotta dall’Agenzia del Demanio, ha accolto il ricorso proposto dall’odierno appellato per l’annullamento dei provvedimenti di adeguamento del canone di concessione demaniale marittima, rilasciata per la costruzione di manufatti ad uso residenza estiva.

Propone gravame l’Agenzia del Demanio ritenendo l’erroneità della sentenza impugnata di cui chiede l’annullamento.

All’udienza del 15 aprile 2011 la causa è stata trattenuta per la decisione.
Motivi della decisione

Il ricorso va respinto il Collegio non potendo che condividere la posizione espressa dal giudice di primo grado sul profilo del riparto di giurisdizione.

La questione controversa attiene all’applicabilità, in sede di determinazione del canone dovuto dall’appellato, della previsione di cui all’art. 3, comma 1, punto b) 2.1, d.l.. 5 ottobre 1993, n. 400, convertito dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494, come modificato dalla legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria per il 2007), ovvero di quella cui al successivo punto b 2.2 del medesimo articolo, in combinazione con il disposto del punto b 1, che fa riferimento agli indici ISTAT determinati secondo differenti ipotesi.

Opzione, quest’ultima condivisa dal giudice di primo grado che ha ritenuto applicabili i criteri di computo previsti dal citato art. 3, comma 1, ai punti b 1.2 o 1.3, con riguardo alle aree occupate da impianti di facile o difficile rimozione.

Nel caso di specie, l’Amministrazione, ritenendo che i manufatti realizzati sull’area oggetto della concessione demaniale rilasciata ad uso residenza estiva costituiscano "pertinenze destinate ad attività commerciali, terziariodirezionali e di produzione di beni e servizi", ha ritenuto applicabile, in sede di determinazione del canone, il citato art. 3, comma 1, punto b) 2.1, d.l. 5 ottobre 1993, n. 400, convertito in legge 4 dicembre 1993, n. 494, come modificato dalla legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria per il 2007), a tenore del quale "per le pertinenze destinate ad attività commerciali, terziariodirezionali e di produzione di beni e servizi, il canone è determinato moltiplicando la superficie complessiva del manufatto per la media dei valori mensili unitari minimi e massimi indicati dall’Osservatorio del mercato immobiliare per la zona di riferimento. L’importo ottenuto è moltiplicato per un coefficiente pari a 6,5".

Ebbene, come sostenuto dal primo giudice, rientrano nella giurisdizione amministrativa le controversie relative a rapporti di concessione di beni pubblici, tra cui quelle nelle quali si controverte in merito alla qualificazione del rapporto concessorio.

Nel caso di specie, la controversia all’esame attiene alla qualificazione del rapporto concessorio e non unicamente alla determinazione del canone; il canone essendo stato determinato sulla scorta di un’interpretazione che ne qualifica lo specifico oggetto come "pertinenze destinate ad attività commerciali, terziariodirezionali e di produzione di beni e servizi", secondo la definizione del comma 1 punto b 2.1 dell’art. 3 d.l. 5 ottobre 1993, n. 400, convertito dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494, come modificato dalla legge finanziaria per il 2007 ( l. 27 dicembre 2006, n. 296).

Viceversa, il ricorrente in primo grado ha sostenuto che i manufatti realizzati nell’area di una concessione Con maggiore impegno esplicativo, la controversia attiene alla qualificazione del rapporto concessorio (a fini imprenditoriali o ad uso residenziale) l’Amministrazione comunale avendo fatto applicazione di una norma (l’art.1, comma 1, punto b 2.1 cit.) che definisce i canoni con riferimento a una tipologia di concessione demaniale marittima di cui parte ricorrente nega la titolarità.

Né può condividersi quanto sostenuto dall’Amministrazione appellante laddove sostiene che non è in discussione la qualificazione del rapporto concessorio, bensì solo l’effettiva natura dell’attività svolta avvalendosi del manufatto qualificabile come pertinenza; non vi è dubbio, invero, che controversa non è la sola quantificazione del canone, ma a monte la qualificazione del rapporto.

Nessun rilievo può, infine, ascriversi alla questione della compatibilità tra destinazione commerciale e scopo mutualistico delle cooperative attesa la natura degli appellati.

Alla stregua delle esposte ragioni va dunque respinto l’appello.

Nulla per le spese.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Nulla spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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