Cons. Stato Sez. VI, Sent., 30-05-2011, n. 3223 Bellezze naturali e tutela paesaggistica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

I) Con distinti ricorsi in appello il signor G. A. chiede al riforma delle sentenze con le quali il Tribunale amministrativo della Campania ha respinto i gravami presentati avverso il provvedimento della Soprintendenza per i beni architettonici e il paesaggio di Napoli recante annullamento della concessione rilasciata dal Comune di Massa Lubrense per la sanatoria di opere edilizie abusivamente realizzate, e avverso l’ordinanza del medesimo Comune di demolizione delle opere stesse.

II) Espone il ricorrente di essere proprietario di un edificio, originariamente destinato a stalla e costituito anche da un solaio adiacente per una volumetria complessiva di circa 237 metri cubi, sito nel territorio del Comune di Massa Lubrense, località Pastena, in zona classificata E4 del piano regolatore generale e 4 del piano urbanistico territoriale; che alla fine degli anni ottanta in tale edificio sono stati eseguiti lavori di ristrutturazione, con lieve ampliamento plano volumetrico; che una precedente proprietaria, con istanza dell’8 gennaio 1994, ha chiesto al Comune il rilascio di concessione in sanatoria per il completamento di alcune opere di ristrutturazione e di ampliamento, accordata con autorizzazione n. 48 dell’11 maggio 1994; che con successiva istanza del 1° marzo 1995 veniva richiesta nuova concessione in sanatoria; che con ordinanza in data 25 ottobre 2007 il Comune ha ordinato il ripristino di opere eseguite in ampliamento rispetto a quanto assentito con l’autorizzazione edilizia n. 48/94, e che tale ordinanza è stata impugnata davanti al Tar, che ha poi respinto il ricorso con la sentenza oggetto dell’appello rgr n. 3484/2010; che con decreto del 27 aprile 2009 il responsabile del servizio condono edilizio ha rilasciato, ai sensi dell’art. 32 legge n. 47 del 1985, concessione in sanatoria in conformità al parere espresso dalla commissione per la tutela dei beni ambientali, trasmettendo alla Soprintendenza la relativa documentazione; che con decreto del 25 giugno 2009, notificato il successivo 15 luglio e oggetto del ricorso deciso dal Tar con la sentenza impugnata con l’appello rgr n. 3483 del 2010, la Soprintendenza ha annullato l’autorizzazione ambientale; che con nota del 26 ottobre 2009, investita dai motivi aggiunti al primo dei ricorsi sopra ricordati, Comune ha informato il ricorrente delle operazioni prodromiche alla demolizione.

III) Gli appelli possono opportunemente essere riuniti, essendo connessi oggettivamente e soggettivamente.

Essi sono infondati.

IV) Giova esaminare per primo il ricorso relativo alla sentenza che ha per oggetto il provvedimento con il quale la Soprintendenza il 25 giugno 2009 ha annullato il parere favorevole rilasciato dal Comune il 27 aprile 2009 per la sanatoria delle opere realizzate senza permesso, in quanto l’eventuale riforma della sentenza stessa comporterebbe la convalida delle opere considerate e priverebbe di interesse il ricorso relativo alla ordinanza di ripristino precedentemente notificata.

In merito, occorre intanto osservare come, attraverso interventi edilizi realizzati in assenza di permesso, e oggetto di ripetute istanze di sanatoria, il manufatto di cui si tratta, originariamente destinato a porcilaia e stalla, è stato ampliato e trasformato in edificio per civile abitazione, non solo con cambio di destinazione d’uso, ma anche con notevole aumento di volumetria.

L’annullamento della Soprintendenza impugnato in primo grado considera che la località interessata dall’intervento abusivo oggetto della sanatoria rilasciata dal Comune ricade in area dichiarata di notevole interesse pubblico dal DM 22 dicembre 1965, in quanto costituente parte terminale della penisola sorrentina, e che sulla base del decreto sindacale n. 46 del 5 aprile 2001 si evince che lo stato dei luoghi e del progetto rappresentati nella pratica di sanatoria non corrisponde alla situazione esistente nell’anno 2001: da tale circostanza deriva, secondo la Soprintendenza, l’illegittimità del rilascio della concessione, che espressamente dichiara di non riferirsi ad opere realizzate successivamente al 31 dicembre 1993; inoltre, il provvedimento comunale esaminato è venuto meno alla funzione indicata dall’art. 32 legge n. 47 del 1985, che è precisamente quella di verificare la compatibilità dell’opera da realizzare con l’esigenza di conservazione dei valori paesaggistici tutelati protetti dal vincolo.

Tali rilievi sono del tutto condivisibili: il provvedimento comunale n. 88 del 27 aprile 2009, infatti, nel dichiarare di condividere il parere favorevole espresso dalla competente commissione, espressamente puntualizza che la sanabilità dell’abuso non si riferisce alle opere realizzate successivamente al 31 dicembre 1993, con ciò omettendo di considerare che gli interventi edilizi da valutare erano precisamente quelli realizzati dopo tale data, come attesta la difformità rispetto a quanto assentito con decreto sindacale n. 46 del 5 aprile 2001, e come è evidente in base alla semplice constatazione che le opere precedenti a tale data erano già state oggetto dell’istanza presentata l’8 gennaio 1994, per le quali era stata rilasciata la sanatoria n. 48 del 1994. E’ quindi inequivocabile la mancata valutazione della compatibilità con il vincolo paesaggistico delle opere realizzate abusivamente dopo la data suddetta: legittimamente, perciò, la Soprintendenza ha annullato il decreto sottoposto al suo esame, non in base ad un nuovo esame di merito, ma in forza di un controllo estrinseco circa la totale insufficienza della motivazione e della illogicità del parere espresso dal Comune.

La sentenza impugnata, che su tali rilievi ha respinto le censure del ricorrente, merita quindi conferma, così come deve essere confermata nella parte in cui respinge il motivo, avanzato dal ricorrente, relativo all’omissione dell’invio di avviso procedimentale.

Sul punto, va ribadito il costante principio giurisdizionale, condiviso dal Collegio, secondo il quale nel sistema successivo all’entrata in vigore del d.lgs. n. 42 del 2004 la comunicazione di avvio del procedimento finalizzato all’annullamento del nulla osta paesaggistico da parte del competente organo statale non richieda più la previa comunicazione ex art. 7 legge n. 241 del 1990.

Tanto, in base al disposto di cui al comma 1 dell’art. 159, d.lgs. 42, cit. il quale (innovando in parte qua rispetto al previgente disposto di cui all’art. 151 del d.lgs. 490 del 1999) stabilisce in modo espresso che la comunicazione relativa all’avvenuto rilascio del nulla osta da parte dell’Ente a ciò competente "costituisce avviso di inizio di procedimento, ai sensi e per gli effetti della legge 7 agosto 1990, n. 241" (per tutte, Cons. Stato, sez. VI, 27 agosto 2010, n. 5980).

L’appello in esame deve, in conclusione, essere respinto in quanto infondato in tutti i suoi mezzi.

V) Né miglior sorte tocca all’appello relativo alla sentenza con la quale il Tar ha respinto il ricorso proposto avverso l’ordinanza comunale n. 524 del 25 ottobre 2007, recante ordine di demolizione delle opere abusive, e avverso la nota con la quale il ricorrente veniva informato delle operazioni conseguenti.

Il Tar ha rilevato che al momento dei sopralluoghi che hanno dato origine al provvedimento impugnato (31 agosto 2007 e 3 settembre 2007) le opere erano in corso, sicché l’atto non può essere riferito ad interventi già autorizzati o per i quali era stato chiesto il condono; che, essendo stato realizzato un aumento di volumetria, era necessario il permesso di costruire; che i provvedimenti repressivi degli abusi edilizi non necessitano di previa comunicazione di avvio del procedimento; che la sanabilità dell’opera procede da una istanza dell’interessato, essendone preclusa all’amministrazione la valutazione d’ufficio; che la natura interamente vincolata del provvedimento di demolizione esclude la necessità di ponderazione di interessi diversi da quelli pubblici tutelati e non richiede motivazione ulteriore rispetto alla dichiarata abusività.

La sentenza merita conferma in ogni sua parte.

Il provvedimento impugnato in primo grado dà puntualmente atto dei parametri, riscontrati dagli agenti nei sopralluoghi del 31 agosto 2007, del 3 settembre 2007 e del 14 settembre 2007, in base ai quali il manufatto oggetto di accertamento, sul quale al 31 agosto 2007 "erano in corso d’opera sostanziali incrementi volumetrici a piano terra, al primo piano e apertura di nuovi vani finestra e porta" doveva essere considerato difforme (per superficie, volume, prospetto e sagoma) da quello considerato nelle autorizzazioni edilizie rilasciate nel 1994 e nel 1997, e che le opere edilizie rilevate erano state realizzate in totale difformità ai grafici progettuali di cui alle autorizzazioni edilizie stesse, e comunque in assenza di titoli edilizi.

A smentire tali rilievi non valgono le censure sollevate con l’appello: invero, l’identità dell’opera con quella descritta nell’istanza di condono del 1995, asserita dal ricorrente, è smentita dalla costanza dei lavori attestata, con valore fidefacente, dal verbale del 31 agosto 2007; l’incremento di volumetria e la modifica dei prospetti mediante l’apertura di finestra e di porta comportavano la necessità del previo permesso di costruire e non possono essere classificati come difformità parziale; la sanzione per l’abuso edilizio è sempre, in via principale, la riduzione in pristino, che può essere evitata, ove previsto, mediante il rilascio di concessione in sanatoria, la quale postula apposita domanda da parte dell’interessato, con la dimostrazione dell’esistenza delle condizioni di legge, e non può essere rilasciata d’ufficio; per consolidato arresto giurisprudenziale (da cui non vi è motivo di discostarsi) non sussiste l’obbligo per l’amministrazione di provvedere alla comunicazione prevista dall’art. 7 della legge 241 del 1990 in materia di irrogazione di sanzioni per abusi edilizi, poiché il procedimento sanzionatorio non prevede la possibilità di valutazioni discrezionali, ma si risolve in un mero accertamento tecnico sulla esistenza delle opere abusivamente realizzate (per tutte, Cons. Stato, sez. IV, 21 febbraio 2011, n. 1085); l’istanza di condono del 1° marzo 1995 è stata esaminata dall’amministrazione, che in relazione alla stessa ha rilasciato il decreto favorevole del 27 aprile 2009, annullato dalla Soprintendenza con il provvedimento oggetto del ricorso sopra esaminato.

Sono, pertanto, infondati tutti i motivi svolti con l’appello che deve, di conseguenza, essere respinto.

VI) La spese del secondo grado del giudizio seguono, come di regola, la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sugli appelli in epigrafe indicati, li riunisce e li respinge.

Condanna l’appellante a rifondere al Ministero resistente le spese del secondo grado del giudizio, nella misura complessiva di 6.000 (seimila) euro.

Spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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