T.A.R. Lazio Roma Sez. I, Sent., 30-05-2011, n. 4819 Pensioni, stipendi e salari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con il ricorso in epigrafe l’istante espone di avere a suo tempo richiesto, con ricorso proposto unitamente ad altri magistrati ordinari dinanzi a questo Tribunale amministrativo regionale, l’applicazione della disciplina degli aumenti periodici di stipendio prevista per i magistrati della Corte dei Conti dall’art. 5, ultimo comma, del d.P.R. n. 1080 del 1970 e dalle norme richiamate dallo stesso.

Con sentenza 4 luglio 1984, n. 597 la I Sezione di questo Tribunale regionale ha accolto il ricorso, condannando le amministrazioni resistenti al pagamento delle somme risultanti dovute, maggiorate della rivalutazione monetaria e degli interessi sulle somme rivalutate.

L’appello avverso detta sentenza veniva dichiarato irricevibile per tardività dalla IV Sezione del Consiglio di Stato con decisione 13 marzo 1989, n. 166.

A seguito di tale contenzioso, con provvedimento 31 luglio 1989 del Ministero di Grazia e Giustizia, da un lato, veniva rideterminato il trattamento economico spettante all’istante e, d’altro lato, era stabilito il riassorbimento, ai sensi dell’art. 10 della legge n,. 425 del 1984, delle somme corrispostegli per differenze stipendiali, rivalutazione monetaria ed interessi.

Con provvedimento della Direzione Provinciale del Tesoro di Frosinone in data 26 giugno 1990 si disponeva in conformità.

Avverso tali provvedimenti l’istante ha proposto il ricorso in epigrafe, deducendo i seguenti motivi di gravame:

1) Violazione dell’art. 10, comma 2, della legge n. 425 del 1984 e dei principi generali vigenti in materia. Eccesso di potere per illogicità, errata valutazione di presupposti, difetto di motivazione.

La previsione contenuta nell’art. 10, comma 2, della legge n. 425 del 1984, statuente il riassorbimento degli importi erogati ai sensi dell’art. 3 della legge n. 27 del 1981 in base a provvedimenti giurisdizionali passati in giudicato non si applica al caso di specie, nel quale il provvedimento giurisdizionale pronunciato in favore del ricorrente è passato in giudicato successivamente alla data di entrata in vigore di detta legge n. 425;

2) Violazione dell’art. 10, comma 2, della legge n. 425 del 1984 e dei principi generali vigenti in materia. Eccesso di potere per illogicità, errata valutazione di presupposti, difetto di motivazione. Illegittimità derivata.

La norma di cui all’art. 10, comma 2, della legge n. 425 del 1984 stabilisce il riassorbimento e non già il recupero delle somme erogate al titolo predetto, come anche confermato dalla Corte costituzionale con sentenza 7 aprile 1988, n. 413. Ad ogni modo il recupero potrebbe riguardare le sole differenze stipendiali corrisposte e non già la rivalutazione monetaria e gli interessi, i quali costituiscono elementi accessori aventi mera funzione di conservazione delle somme dovute rispetto al momento dell’effettiva corresponsione;

3) Violazione dell’art. 1 della legge n. 324 del 1959, in relazione agli artt. 3 e 38 del d.P.R. n. 1032 del 1973 ed all’art. 22 della legge n. 16 del 1975.

Ai fini della determinazione dell’indennità di buonuscita spettante al ricorrente, deve essere computata anche l’indennità integrativa speciale prevista dalla legge 27 maggio 1959, n. 324, oltre alla rivalutazione monetaria ed agli interessi per il ritardo della sua liquidazione.

L’istante ha quindi concluso per l’annullamento, in parte qua, dei provvedimenti impugnati e per il riconoscimento delle pretese economiche come indicato in epigrafe. Con ogni conseguenza di legge anche in ordine alle spese del giudizio.

Per il Ministero di Grazia e Giustizia si è costituita in giudizio l’Avvocatura Generale dello Stato, chiedendo il rigetto del ricorso.

Alla udienza del 6 aprile 2011 la causa è stata ritenuta in decisione.
Motivi della decisione

Il primo motivo di ricorso è infondato.

La genericità del richiamo contenuto nell’art. 10, comma secondo, della legge 6 agosto 1984, n. 425 ai "provvedimenti giudiziali passati in giudicato" senza alcuna altra specificazione, mostra all’evidenza come la norma abbia inteso sganciare detto riferimento da qualsiasi limitazione temporale e, dunque, avere riguardo tanto ai provvedimenti giudiziali passati in giudicato antecedentemente all’entrata in vigore della legge, quanto a quelli passati in giudicato successivamente.

Del resto, lo scopo perequativo della disposizione resterebbe sicuramente vanificato ove la sua applicazione fosse circoscritta nel senso sostenuto dal ricorrente, legando la persistenza o meno del beneficio ex art. 5 del d.P.R. n. 1080 del 1970 alla mera circostanza, di carattere del tutto accidentale, costituita dal momento di conclusione del giudizio che lo ha riconosciuto.

Il secondo motivo dedotto è parzialmente fondato.

Rileva, in primo luogo, il contenuto della disposizione contemplata dall’art. 10, comma 2, sopra cit. nella parte in cui ha stabilito che gli importi a qualsiasi titolo erogati o da erogare ai magistrati in esecuzione di provvedimenti giudiziali passati in giudicato sarebbero dovuti rimanere "attribuiti a titolo personale" ed avrebbero dovuto essere "riassorbiti con la normale progressione economica e nelle funzioni" ed inoltre, se necessario, operando le conseguenti "detrazioni a conguaglio a carico dell’indennità di buonuscita".

La Corte Costituzionale, con sentenza n. 413 del 7 aprile 1988, ha riconosciuto la legittimità costituzionale della norma anzidetta, in quanto "mira ad eliminare, con il meccanismo della gradualità temporale proprio del riassorbimento nella progressione economica, esiti privilegiati di trattamento economico riproduttivi di disparità non tollerabili nel quadro di intenti costituzionalmente legittimi della volontà legislativa".

A sua volta l’Adunanza Plenaria del Consiglio (decisione n. 2 dell’11 maggio 1998), nel dare atto della portata applicativa della disposizione in discorso (alla cui operatività consegue la conservazione a titolo personale degli importi erogati o da erogare, salvo riassorbimento con i successivi miglioramenti), ha individuato, quale corretta modalità di esecuzione del giudicato ad opera dell’Amministrazione, la computabilità nella base pensionabile degli aumenti periodici con accessiva conservazione a titolo personale, salvo riassorbimento con i futuri miglioramenti economici.

Le svolte considerazioni inducono, con ogni evidenza, ad escludere la fondatezza del gravame, laddove – come si è avuto modo di ripetere – le dedotte doglianze vengono appuntate avverso la determinazione con la quale l’Amministrazione della Giustizia, dopo aver rideterminato il trattamento economico spettante all’interessato, ne ha statuito il riassorbimento ai sensi della disposizione predetta.

Tanto non giustifica, però, l’estensione dei provvedimenti anche alle somme liquidate ed erogate per rivalutazione monetaria e interessi corrispettivi.

Se è vero infatti che queste ultime ineriscono esclusivamente al ritardo nella corresponsione della somma capitale, deve conseguentemente ritenersi che esse siano insuscettibili di riassorbimento, onde deve in tali limiti essere ritenuta l’illegittimità dei provvedimenti predetti.

Quanto infine al terzo motivo dedotto, volto ad ottenere la riliquidazione dell’indennità di buonuscita con inclusione dell’indennità integrativa speciale nella base di calcolo, trova applicazione l’art. 4, comma 1, della legge n. 87 del 1994, secondo il quale "i giudizi pendenti alla data di entrata in vigore della presente legge aventi ad oggetto la riliquidazione del trattamento di fine servizio comunque denominato con l’inclusione dell’indennità integrativa speciale sono dichiarati estinti d’ufficio con compensazione delle spese fra le parti" (cfr. Cons. St., sez. VI, 24 febbraio 1999, n. 210 e Corte Cost., sentenza 22 marzo 1995, n. 103).

Come sopra delimitata l’accoglibilità del gravame, la parziale soccombenza evidenzia la presenza di giusti motivi per compensare fra le parti le spese di lite.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima), accoglie, nei limiti di cui in motivazione, il ricorso indicato in epigrafe e, per l’effetto, in tali limiti annulla i provvedimenti impugnati.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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