Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 07-04-2011) 30-05-2011, n. 21589

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza del 20/4/2010, depositata l’11/6/2010, la Corte di Appello di Napoli ha confermato la sentenza 14/4/2009 del GUP del Tribunale di S. Maria Capua Vetere che aveva condannato C. A., T.F. e Ta.Fr., escluse le circostanze aggravanti di cui all’art. 61 c.p., n. 1 e art. 577 c.p., n. 3, riconosciute le circostanze attenuanti di cui all’art. 62 c.p., nn. 2 e 6 (giudicate per il C. equivalenti alla contestata recidiva), unificati i reati sotto il vincolo della continuazione ed applicata la diminuente del rito, alle pene – rispettivamente – di anni otto di reclusione (il C.) e di anni sei di reclusione (i due T.), oltre alle previste pene accessorie, quali responsabili – in concorso tra loro – dei reati di tentato omicidio in danno di D.D., di lesioni aggravate in danno di M.M., di detenzione e porto illegali di un fucile da caccia, di spari in luogo pubblico e di porto ingiustificato in luogo pubblico di un bastone atto ad offendere.

La Corte di merito, riepilogate le censure proposte con gli atti di appello, ha in primo luogo sintetizzato e condiviso la ricostruzione dei fatti quale operata dal primo Giudice. In proposito ha precisato:

che i fatti si erano verificati all’interno e nei pressi del bar (OMISSIS) a seguito del diverbio intercorso tra il D. ed i tre imputati che disturbavano i clienti del locale intenti a giocare a carte; che per tale ragione e per l’atteggiamento provocatorio dei tre giovani il D. aveva inferto uno schiaffo ad uno di costoro; che dopo una quindicina di minuti, nel mentre il D. si intratteneva a parlare con A.P. a poca distanza dal bar, era giunta una autovettura Renault di colore grigio dalla quale era disceso il giovane che prima di allontanarsi dal bar aveva rivolto all’indirizzo del D’Errico la frase "tu non sai chi siamo noi e da dove veniamo", armato di una mazza da baseball con la quale aveva colpito l’ A.; che il D., nel mentre cercava di togliere dalle mani del giovane la mazza, da baseball, si accorgeva che dall’auto era discesa anche la persona che sedeva sul sedile anteriore destro la quale gli aveva puntato contro un fucile;

che, nel mentre davasi alla fuga, il D. aveva udito l’esplosione di due colpi di arma da fuoco ed aveva avvertito dolore in varie parti del corpo; che, secondo quanto riferito dal proprietario del bar, due dei tre giovani con il quale il D. aveva poco prima avuto il diverbio di cui si è detto erano nuovamente entrati nel locale, pressochè in concomitanza dell’esplosione di un colpo di arma da fuoco, armati uno di un fucile e l’altro di un bastone, chiedendo a gran voce dove si trovasse il loro antagonista; che in base alle effettuate individuazioni fotografiche ed alle deposizioni raccolte, nel C. andava individuato il giovane armato di fucile, nel Ta.Fr. la persona che era stata schiaffeggiata dal D., nel T. F. la persona che aveva pronunciato la frase di minaccia all’indirizzo del D. e che era poi ritornata armata di bastone; che, mentre uno dei colpi aveva raggiunto il D. alla regione lombare, glutei ed arti inferiori, l’altro colpo aveva colpito un passante ad un occhio. La Corte di merito ha ritenuto che fosse esatta la qualificazione giuridica data ai fatti e che in particolare gli imputati avessero agito con intendimenti omicidiari, considerati la dinamica dei fatti, le modalità dell’azione e l’utilizzo di un fucile a canne mozze; ha sottolineato come erroneamente non si fosse fatto riferimento dal primo Giudice alla norma di cui all’art. 82 c.p. e come peraltro, in carenza di impugnativa sul punto da parte della Pubblica Accusa, non potesse effettuarsi in proposito alcuna reformatio in peius; ha infine ritenuto corretto ed equo il trattamento sanzionatorio riservato agli imputati.

Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso il difensore degli imputati T. con atto del 15/10/2010 ed il difensore dell’imputato C. con atto del 30/7/2010.
Motivi della decisione

Ritiene il Collegio che, nel mentre debba essere interamente accolto il ricorso proposto nell’interesse dell’imputato Ta.Fr. e parzialmente accolto quello relativo ad C.A., non meriti alcuna condivisione l’impugnazione afferente la posizione di T.F..

Si esaminano, dunque, distintamente i due ricorsi.

Il ricorso proposto nell’interesse degli imputati T..

Sotto un primo profilo il ricorrente difensore ha censurato, anche sotto il profilo della manifesta illogicità della motivazione, la riconduzione delle condotte oggetto del capo A) alla fattispecie del tentato omicidio, rilevando come in siffatto caso si sarebbe fatto immediato uso del fucile e non si sarebbero diretti i colpi verso il basso. La censura, che pone questioni di ricostruzione dei fatti e di desunzione da essi degli elementi per configurare (a carico dei coimputati) il ritenuto delitto di tentato omicidio, appare nulla più che un inammissibile tentativo di fornire la propria ricostruzione della vicenda, screditando, come poco plausibile, quella formulata dai giudici del merito. La Corte di merito si è fatta carico, nella sentenza impugnata (pag. 9), di esaminare quegli stessi argomenti che il ricorso oggi ripropone (la previa "bastonatura" dell’ A. – l’utilizzazione del fucile a canne mozze – la sequenza dei colpi, il primo a distanza ravvicinata – la precipitosa fuga del D. – le zone del corpo di costui attinte dai colpi) e li ha disattesi motivatamente esponendo, con completezza e congruità logica, le ragioni che inducevano a ritenere integrata la contestazione sub A. Nessuna delle generiche censure evidenzia incompletezza od illogicità di tale motivazione, solo essendo esposti argomenti per accreditare una ricostruzione diversa e più "persuasiva".

Sotto un secondo profilo e quanto a T.F., considerato che costui in realtà aveva fatto uso solo di un bastone, si afferma che la sua responsabilità doveva quanto meno essere mitigata ai sensi dell’art. 116 c.p. (come chiesto con prospettazione affatto ignorata dai giudici del merito). La deduzione appare priva di alcuna consistenza, posto che la posizione del T.F. è stata esaminata e valutata dalla Corte di Appello in un quadro di specifico accordo punitivo ai danni del D. (pag. 8), suffragato dal comportamento tenuto dagli attori dell’aggressione, un quadro che è affatto antipodico rispetto alla ventilata ipotesi del "concorso anomalo": non vi era pertanto da riservare alcuna specifica argomentazione al richiamo all’istituto di cui all’art. 116 c.p. una volta che era stato esposto e accuratamente argomentato il quadro delle ragioni per ritenere integrata l’ipotesi contestata di cui agli artt. 110 e 575 c.p., art. 577 c.p., n. 3 e art. 61 c.p., n. 1.

Corretta è anche la mancata applicazione dell’art. 82 c.p., comma 2 quanto al ferimento del M., sia pure per una ragione diversa da quella addotta nella sentenza impugnata, essendo stato dalla corte di Appello ritenuto che tale ferimento sia avvenuto con dolo eventuale.

Sotto un terzo profilo, afferente Ta.Fr. in relazione a tutti gli addebiti contestati, si afferma che, una volta esclusa la sua presenza sul luogo dell’aggressione, era del tutto carente la prova di un suo contributo di ordine materiale o psicologico a tutte le fasi di ideazione, organizzazione od esecuzione dell’impresa criminosa ovvero di una sua consapevolezza dell’utilizzo di un fucile. Il motivo appare cogliere nel segno. La Corte di Napoli ha ascritto anche a Ta.Fr. l’intera sequenza delittuosa – pur affermando che non sussisteva prova che egli fosse presente alla stessa – sul solo dato di fatto per il quale il giovane, schiaffeggiato dal D., irritato delle sue provocazioni all’interno del Bar, avesse preannunziato che avrebbe fatto ricorso al proprio cugino. La incongruità logica dell’aver desunto solo da tale espressione (sintomaticamente seguita da quella di T. F., certamente spavalda e in qualche modo essa sì minacciosa) la conclusione di una condivisione ideologica della spedizione punitiva – alla quale Ta.Fr. avrebbe avuto semmai una ragione in più per partecipare attivamente – è stata esattamente denunziata e sussiste indiscutibilmente. Essa impone l’annullamento della sentenza, con rinvio alla stessa Corte perchè sulla posizione dell’imputato si proceda a nuovo esame.

Sotto un quarto profilo il difensore ricorrente ha lamentato il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche in favore di entrambi gli imputati. Nel mentre la censura, relativamente alla posizione di Ta.Fr., resta assorbita nell’accoglimento del relativo ricorso, la stessa deve essere esaminata con riguardo alla posizione di T.F.: ma tale censura appare inammissibile posto che alle considerazioni congrue della sentenza si limita ad opporre la propria irrilevante interpretazione dei fatti per la quale nessuna pericolosità sarebbe stata desumibile dalla reiterazione di mere "provocazioni giocosè" nei riguardi degli avventori del bar.

In conclusione, se il ricorso di Ta.Fr. va accolto con rinvio, l’impugnazione di T.F. va rigettata con la sua condanna al pagamento delle spese processuali.

Il ricorso proposto nell’interesse dell’imputato C.. Tale ricorso merita solo parziale accoglimento.

Il difensore del C. ha con un primo motivo lamentato violazione di legge e vizi di motivazione con riferimento alla ravvisata sussistenza degli elementi costitutivi del delitto di tentato omicidio, rilevando che il primo colpo, contrariamente a quanto argomentato nella sentenza impugnata, non era stato esploso da distanza ravvicinata, che tra il primo ed il secondo colpo il C. era entrato nel bar puntando verso terra il fucile e quindi con intendimenti esclusivamente di minaccia, che solo il secondo colpo, esploso da distanza non ravvicinata, aveva colpito il D’Errico in zone del corpo non vitali, che proprio tenuto conto della caratteristica apertura a raggiera della munizione l’esplosione di un colpo da distanza non ravvicinata è inidonea a cagionare la morte.

Le censure sono prive di alcun fondamento. Esse si affidano ad argomenti in gran parte già esaminati e disattesi con riguardo alla posizione del coimputato T.F.. Si aggiunge invece l’argomento per il quale l’animus necandi sarebbe escluso dall’avere il C. sparato (la seconda volta) in direzione del D’Errico con un fucile caricato a pallini ed a canne mozze da distanza non ravvicinata, posto che sarebbe notoria l’inidoneità di un siffatto sparo a cagionare la morte. L’argomento appare fuor di segno posto che mira ad escludere il dolo nella vicenda di omicidio tentato sulla base dell’incongruo argomento per il quale il secondo colpo verso il malcapitato in fuga sarebbe stato esploso non da presso ed attingendo il destinatario in zone non vitali, quali gambe, glutei, lombi (argomento che vale solo a spiegare la ragione per la quale l’omicidio……non è stato consumato).

Il ricorrente ha altresì censurato, con un secondo motivo, la mancata esclusione della recidiva così come contestata e ravvisata (reiterata e specifica). Il motivo è fondato posto che dalle risultanze del certificato penale, qual apprezzate e valutate dalla stessa sentenza impugnata, emerge che non poteva essere contestata una recidiva reiterata e specifica. La pronunzia va, per tale ragione, annullata con rinvio e nell’effetto rescindente della pronunzia resta compresa la necessità di sottoporre a riesame il trattamento sanzionatorio applicato al C. (del quale va, per ogni altro profilo, respinto il ricorso).
P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata nei confronti di Ta.Fr. e, limitatamente al carattere della recidiva ed al trattamento sanzionatorio, nei confronti di C.A., e rinvia per nuovo giudizio al riguardo ad altra sezione della Corte di Appello di Napoli. Rigetta nel resto il ricorso del C..

Rigetta il ricorso di T.F. che condanna al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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