T.A.R. Lazio Roma Sez. I ter, Sent., 30-05-2011, n. 4848 Detenzione abusiva e omessa denuncia Porto abusivo di armi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

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Svolgimento del processo

Attraverso l’atto introduttivo del presente giudizio, notificato in data 4 novembre 2010 e depositato il 5 novembre successivo, la ricorrente impugna i decreti in data 18 ottobre 2010, con i quali il Prefetto della Provincia di Roma ed il Questore di Roma le hanno rispettivamente revocato la licenza di minuta vendita di prodotti esplodenti nonché la licenza di minuta vendita di armi comuni da sparo, chiedendone l’annullamento.

In particolare, la ricorrente – titolare dell’"A.B." – espone quanto segue:

– di svolgere tale attività da circa 28 anni;

– a seguito di un controllo presso l’Armeria in data 14 ottobre 2010, agenti della Questura di Roma – Divisione Polizia Amministrativa e Sociale procedevano al sequestro di materiale pirotecnico di tipo razzi ed artifizi di IV categoria "per un peso di massa attiva pari ad oltre 5 Kg", per la detenzione del quale non era abilitata, e, dunque, redigevano "informativa di notizia di reato… perché responsabile della violazione all’art. 678 CP";

– nel corso di tale controllo, tali agenti rilevavano, altresì, la violazione degli artt. 9 e 17 TULPS "perché conduceva le attività oggetto di licenza avvalendosi della collaborazione della figlia… non inserita nelle licenze quale rappresentante e priva delle previste capacità ed idoneità tecniche", "perché non aveva provveduto alla registrazione… della vendita di un’arma…", "perché al numero 29 ed al numero 244 del.. registro risultavano iscritte, in carico, due armi non presenti in armeria e non iscritte allo scarico", "perché registrava al numero 255 del registro… un’arma indicandone calibro diverso da quelle effettivo", "perché ometteva di registrare… la cessione di munizioni" ed "il carico dell’ultima consegna di cartucce di armi da caccia", "perché deteneva fuori della prevista cassaforte… munizioni per arme corte", "per non aver mantenuto efficiente il previsto sistema di allarme e la prevista apertura dall’interno della porta di ingresso", "per non aver provveduto, nei tempi previsti, al rinnovo del previsto Certificato di Prevenzione Incendi" ed, infine, "per aver adibito i locali oggetto di licenza a negozio di abbigliamento quale attività primaria";

– in esito a tale controllo, le autorità a ciò deputate procedevano all’adozione dei provvedimenti indicati in epigrafe.

Avverso tali provvedimenti la ricorrente insorge deducendo i seguenti motivi di impugnativa:

VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DI LEGGE. ECCESSO DI POTERE PER DIFETTO DI MOTIVAZIONE. In relazione al rinvenimento del materiale pirotecnico di IV categoria, il Prefetto ha adottato una misura eccessiva, sproporzionata. E’ del pari sproporzionata anche la misura adottata dal Questore, atteso che "il semplice ed unico errore di trascrizione non è sinonimo di cattiva gestione delle armi". Il riferimento alla presenza in armeria della figlia è, poi, inopportuno, visto che quest’ultima era lì per riferire alla madre il risultato della visita effettuata al padre, ricoverato in ospedale in quanto malato grave di tumore. Lo stato di sofferenza e preoccupazione determinato da tale situazione è anche a giustificazione della mancata registrazione delle cartucce e dei rilievi riferiti all’estintore, alla porta di ingresso ed al rinnovo del Certificato di Prevenzione Incendi. In ogni caso, le violazioni riscontrate non sono di gravità tale da richiedere i provvedimenti impugnati e "non possono certo definire la sig.ra B. soggetto poco affidabile", specie ove si consideri che la predetta ha svolto l’attività per circa 28 anni, senza che le venisse formulato alcun rilievo grave.

Con atto depositato in data 16 novembre 2010 si è costituito il Ministero dell’Interno.

Con ordinanza n. 5080 del 26 novembre 2010 la Sezione ha accolto la domanda incidentale di sospensione.

In data 6 aprile 2011 – e, dunque, tardivamente – l’Amministrazione ha prodotto documenti.

All’udienza pubblica del 7 aprile 2011 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
Motivi della decisione

1. Il ricorso è infondato e, pertanto, va respinto.

2. Come esposto nella narrativa che precede, la ricorrente impugna i provvedimenti con i quali le sono state revocate le licenze "di minuta vendita di prodotti esplodenti della 1^ e 5^ categoria gruppo A" e di "minuta vendita di armi comuni da sparo", entrambi attinenti all’esercizio sito in Roma, via Casal dei Pazzi n. 74/B, chiedendone l’annullamento.

A tale fine denuncia violazione di legge ed eccesso di potere per difetto di motivazione.

Tali censure non sono meritevoli di condivisione.

2.1. Come noto, il testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, disciplina la detenzione e la vendita di armi e/o materie esplodenti, prescrivendo l’obbligo del previo rilascio di apposite "licenze", le quali – stante la generale applicazione degli arttt. 10 e 11 del citato decreto – "possono essere revocate o sospese in qualsiasi momento, nel caso di abuso della persona autorizzata" o, comunque, "revocate quando sopraggiungono o vengono a risultare circostanze che avrebbero imposto o consentito il diniego della autorizzazione".

In giurisprudenza è stato ripetutamente affermato che il rilascio e la titolarità dei titoli di polizia in esame – atti a rendere esercitatile la libertà di iniziativa economica nei relativi campi – sono soggetti a particolare rigore, tenuto conto dell’esigenza di salvaguardare la pubblica incolumità e l’ordine pubblico che, in ragione della natura dei prodotti oggetto di commercializzazione, indefettibilmente si prestano a risentire pregiudizio da un’incontrollata circolazione ed utilizzazione di quest’ultimi (cfr., tra le altre, TAR Umbria, Perugia, Sez. I, 25 febbraio 2011, n. 55).

Atteso che – ai sensi delle prescrizioni in argomento – le ipotesi di sospensione e di revoca non risultano tipizzate e, dunque, autonomamente disciplinate, la determinazione da assumere non può che essere ricondotta alla scelta dell’Amministrazione competente, effettuata sulla base della valutazione del complesso di circostanze di volta in volta preso in considerazione.

A tali fini l’Amministrazione dispone, comunque, di ampia discrezionalità, tanto da poter basare i suoi provvedimenti anche su elementi di fatto che – pur se privi della consistenza di prove di sicura reità – si presentano sufficientemente indicativi del carattere anomalo di determinati comportamenti, facendoli ritenere tali da evidenziare l’assenza e/o la non permanenza del requisito di affidabilità.

In altri termini, il giudizio in ordine alla gravità degli abusi posti in essere dal titolare di un’autorizzazione o licenza di polizia costituisce l’esito di valutazioni discrezionali, sindacabili da parte del giudice amministrativo solo sotto profili di travisamento dei fatti o manifesta illogicità.

Nel caso di specie, tali vizi non sono riscontrabili.

I fatti e le connesse violazioni contestate dal Prefetto e dal Questore – tra i quali figurano la detenzione di materiale esplodente "in assenza di qualunque autorizzazione o licenza", l’assenza di armi iscritte in carico, la mancata tempestiva registrazione delle operazioni sull’apposito registro ma anche la palese inosservanza di elementari prescrizioni afferenti la sicurezza, la cui commissione non è posta in discussione – rappresentano di per sé infrazioni di sicura gravità e comunque suscettibili di determinare grave nocumento per la pubblica incolumità, con l’ulteriore precisazione che – a giustificazione delle stesse – nessun rilievo possono assumere le situazioni di carattere familiare addotte dalla ricorrente, tenuto conto della primaria rilevanza degli interessi pubblici coinvolti.

Dall’esclusione del travisamento o della manifesta illogicità delle decisioni amministrative in esame consegue – in linea con quanto già affermato dal Consiglio di Stato (n. 386 del 4 febbraio 2004) – la preclusione in questa sede di legittimità di valutazioni in ordine all’eccessiva afflittività della sanzione, atteso che compete esclusivamente all’autorità di P.S. formulare il giudizio prognostico sull’affidabilità del titolare della licenza e sulla capacità dello stesso di non abusarne.

In definitiva, i fatti contestati – sicuramente numerosi e, in alcuni casi, per nulla confutati (come la trasformazione della destinazione commerciale dei locali da armeria a negozio di abbigliamento) – sono da ritenere più che idonei a supportare i provvedimenti adottati.

3. Per le considerazioni sopra illustrate, il ricorso va respinto.

Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate in Euro 1.500,00 a favore del Ministero dell’Interno.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, Roma, Sezione I ter, respinge il ricorso n. 9433/2010.

Condanna la ricorrente al pagamento delle spese di giudizio, così come liquidate in motivazione.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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