Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 07-04-2011) 30-05-2011, n. 21588

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

SANTIS Fausto che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Svolgimento del processo

Con sentenza del 13/7/2010 il Giudice di Pace di Vicenza ha condannato B.S. alla pena di Euro 4.000,00 di ammenda, sostituita con la misura dell’espulsione dallo Stato per un periodo di anni cinque, quale responsabile del reato di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 10 bis.

Avverso tale sentenza ha proposto ricorso il difensore dell’imputato in data 13/10/2010 deducendo – sotto plurimi profili – questioni di illegittimità costituzionale della norma, per violazione del principio di ragionevolezza, del principio di necessaria offensività, del principio di colpevolezza, del principio di personalità della responsabilità penale e del principio di solidarietà, nonchè inosservanza dei vincoli derivanti dall’Ordinamento Comunitario e dagli obblighi internazionali e violazione dei principi di diritto internazionale generalmente riconosciuti.
Motivi della decisione

Il ricorso può essere esaminato da questa Corte di legittimità ma l’esame dell’impugnazione conduce alla declaratoria della sua inammissibilità.

Sotto il primo profilo, deve rilevarsi che non sussistono le condizioni per qualificare come appello l’impugnazione proposta dal difensore del B. avverso la sentenza del Giudice di Pace di Vicenza che, accertata la responsabilità per il reato di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 10 bis, ha irrogato la pena dell’ammenda di Euro 4.000,00 sostituendola, D.Lgs. n. 274 del 2000, ex art. 62 bis (disposizione aggiunta dalla L. n. 94 del 2009, art. 1, comma 17, lett. D), con quella della espulsione dallo Stato per anni cinque: il ricorrente difensore, che pure avrebbe potuto svolgere censure afferenti il merito della accertata responsabilità e della pena irrogata, come tali prospettabili nel secondo grado di giudizio di merito (ammissibile nella specie essendo stata irrogata con la avvenuta sostituzione una sanzione diversa da quella pecuniaria, in ragione della quale, soltanto, è previsto il solo ricorso per cassazione – cfr. Cass. sent. n. 43956/2010), ha inteso proporre ricorso diretto denunziando soltanto questioni di legittimità costituzionale della disposizione di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 10 bis aggiunto dalla L. n. 94 del 2009, art. 1, comma 16, lett. a, la cui cognizione diretta da parte di questa Corte di legittimità è certamente consentita.

Sotto il secondo profilo, l’impugnazione va dichiarata inammissibile stante la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale che essa pone, questioni sulle quali si è, notoriamente, pronunziata la Corte Costituzionale con la sentenza n. 250 del 5/7/2010, pubblicata ben prima del deposito del ricorso in disamina, sentenza nella quale la Corte ha escluso che la norma introduca una presunzione assoluta di pericolosità sociale, o che essa violi i principi di offensività, di eguaglianza, di solidarietà, di ragionevolezza ed ha dichiarato inammissibili le questioni afferenti la incongruità della previsione di sanzione espulsiva-sostitutiva di quella pecuniaria meno grave (posto che esse venivano poste, come nella specie pone il ricorso in disamina, ignorando che la disposizione autorizzante la sostituzione risiede nelle diverse previsioni di cui all’art. 16 del T.U. e del D.Lgs. n. 274 del 2000, art. 62 bis). Quanto alla questione del giustificato motivo esimente dalla responsabilità ascritta, il ricorso, che avrebbe potuto porla nel concreto della sussistenza di detta esimente (in tal caso dovendosi l’impugnazione convertire in appello), la indica come ragione di illegittimità di una norma che non ne consentirebbe la valutazione: ma è sempre la indicata decisione della Corte Costituzionale a ritenere infondata la questione, sul rilievo per il quale la mancata previsione espressa non sarebbe ragione per escludere la sua applicazione quale ipotesi della esimente generale dell’art. 54 c.p. o quale vicenda di ignoranza incolpevole o di inesigibilità concreta. Dalla inammissibilità del ricorso discendono le conseguenze di legge.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di Euro 1.000 in favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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