Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 07-04-2011) 30-05-2011, n. 21587

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza del 14/6/2010 la Corte di Appello di Catanzaro ha confermato la sentenza 5/2/2008 del Gup del Tribunale di Cosenza che aveva condannato B.C. e B.F., riconosciute ad entrambi le circostanze attenuanti generiche con giudizio di equivalenza rispetto alla recidiva, unificati i reati sotto il vincolo della continuazione ed applicata la diminuente del rito, alle pene – rispettivamente – di anni uno, mesi nove e giorni dieci di reclusione ed Euro 300,00 di multa ( B.C.) e di anni due, mesi dieci di reclusione ed Euro 600,00 di multa ( B.F.), quali responsabili dei reati di detenzione e porto di due pistole di diverso calibro e di detenzione di un numero rilevante di munizioni, nonchè B.F. anche di ulteriori detenzione e porto di altre armi da fuoco nonchè di ricettazione delle stesse.

La Corte di merito non ha condiviso le censure in punto di trattamento sanzionatorio, tanto più considerati la parzialità della confessione, la gravita dei fatti ed i plurimi precedenti penali degli imputati.

Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso B.F. ed il difensore di B.C., il primo in data 2/8/2010 ed il secondo in data 28/9/2010.
Motivi della decisione

Ritiene il Collegio che entrambi i ricorsi debbano essere dichiarati inammissibili, con le conseguenze di legge.

Il difensore di B.C. nella sua impugnazione ha ribadito le censure in relazione al trattamento sanzionatorio, chiedendo l’annullamento della sentenza per inosservanza od erronea applicazione di legge ovvero per vizi motivazionali. Il ricorso, lungi dal denunziare alcun effettivo vizio motivazionale, si limita ad una generica riproposizione degli argomenti prospettati nell’appello e neanche prende in specifica considerazione gli argomenti, precisi e chiarissimi, sui quali la Corte di merito ha fondato la sua valutazione di congruità del trattamento sanzionatorio irrogato e di corretta considerazione del modesto apporto collaborativo fornito. Il ricorso appare quindi ictu oculi non ammissibile.

B.F., dal canto suo, oltre a reiterare le censure in punto di trattamento sanzionatorio, ha lamentato, contestando l’ordinanza a verbale 14/6/2010, violazione dell’art. 108 c.p.p. a seguito della mancata concessione di un congruo termine a difesa, avendo la Corte ritenuto di differire il dibattimento soltanto di poche ore. Tale doglianza è manifestamente infondata posto che lo stesso ricorrente è ben consapevole dell’indirizzo di questa Corte, al quale il Collegio intende dare seguito, per il quale la mancata concessione del termine a difesa previsto dall’art. 108 c.p.p. determina una nullità generale a regime intermedio che deve essere eccepita, a pena di decadenza, entro il termine di cui all’art. 182, comma secondo, cod. proc. pen., e, quindi, al più tardi, immediatamente dopo il provvedimento reiettivo della richiesta, e non può essere dedotta per la prima volta con il ricorso per cassazione (in tal senso la massima di Cass. n. 11030 del 2010; conf. Cass. n. 20475 del 2002), sicchè, documentata ex actis l’assenza di alcuna eccezione dopo che la Corte di merito ebbe a disporre la sospensione per sole due ore, ne discende la non deducibilità in questa sede della pretesa violazione. Quanto alle censure afferenti la pretesa laconicità della sentenza sulla valutazione di "non prevalenza" delle attenuanti generiche e di allontanarsi nella determinazione della pena dal minimo edittale, si tratta palesemente di doglianze inammissibili perchè neanche si fanno carico di contestare specificamente le considerazioni sulle quali la Corte territoriale ha fondato l’una e l’altra valutazione (la correlazione delle attenuanti generiche ad una modesta e parziale collaborazione dell’imputato, idonea solo a giustificare una valutazione di equivalenza, e la pessima biografia penale, che sconsigliava una determinazione al minimo edittale della pena irrogata). Anche tale ricorso va quindi dichiarato inammissibile.
P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali ed al versamento di Euro 1.000,00 ciascuno in favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *