Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 07-04-2011) 30-05-2011, n. 21586

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S Fausto che ha concluso per il rigetto dei ricorsi.
Svolgimento del processo

Con sentenza del 26/3/201 depositata il 10/5/2010 il Tribunale di Bari, riconosciute le circostanze attenuanti generiche con giudizio di prevalenza sulle contestate aggravanti, ha applicato:

– nei confronti di P.V. e di Pe.Vl. la pena di anni tre di reclusione ed Euro 60.000,00 di multa in relazione ai reati – che ha ritenuto avvinti dal vincolo della continuazione – previsti dal D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 12, commi 1 e 3, lett. d), comma 3 bis, lett. a), comma 3 ter, lett. b), e dall’art. 61 c.p., comma 1 e art. 497 bis c.p., comma 2;

– nei confronti di V.D. la pena di anni due e mesi otto di reclusione ed Euro 50.000,00 di multa in relazione al reato previsto dall’art. 12, commi più sopra indicati, D.Lgs. n. 286 del 1998.

Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso sia P.V. in data 8/6/2010 sia, con atto unico in data 9/7/2010, Pe.

V. e V.D..
Motivi della decisione

Il P. ha lamentato violazione dell’art. 84 c.p. a seguito della indebita condanna per il reato di cui all’art. 497 bis c.p., comma 2, essendo esso assorbito dall’ulteriore reato, per il quale vi era stata condanna, di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina mediante utilizzo di documenti contraffatti.

Il Pe. e la V. hanno con un primo motivo lamentato inosservanza od erronea applicazione di legge per omessa notifica a loro mani dell’ordinanza di custodia cautelare e per omessa traduzione in lingua nota agli impugnanti di tale ordinanza, della sentenza e di ogni altro atto processuale, così come previsto per legge e dalle Convenzioni internazionali e come imposto dal diritto di difesa costituzionalmente sancito, con conseguente nullità dell’ordinanza di custodia cautelare e di tutti gli atti successivi.

Con un secondo motivo i ricorrenti hanno dedotto violazione, inosservanza ed erronea applicazione di legge per omessa valutazione dell’ipotesi di cui all’art. 129 c.p.p. e per mancanza di motivazione in ordine al mancato riconoscimento delle attenuanti generiche nella forma della prevalenza. Con un terzo motivo il Pe. ha infine prospettato la medesima censura avanzata dal P..

Ritiene il Collegio che siano privi di alcun fondamento i primi due motivi del ricorso Pe. e V. nel mentre meriti piena condivisione la censura, comune al ricorso P. ed al terzo motivo del ricorso Pe., afferente la violazione dell’art. 84 c.p. Manifestamente infondata è infatti la censura (primo motivo del ricorso 9/7/2010) afferente la nullità della ordinanza applicativa della misura cautelare, del successivo decreto di citazione a giudizio e della sentenza emessa all’esito del relativo giudizio per violazione dell’art. 143 c.p.p. (non essendo stata l’ordinanza nè il decreto tradotti): invero è la stessa sentenza impugnata ad attestare che, non essendo stato tradotto l’atto introduttivo del giudizio, ne era stata disposta la integrale traduzione e la notificazione agli imputati, sicchè, non riproposta alcuna eccezione ed anzi alla udienza del 26/3/2010 concordatasi la pena secondo le richieste sottoscritte ed in atti, non si scorge alcuna possibilità di proporre innanzi a questa Corte una questione afferente la traduzione del titolo custodiale e degli ulteriori atti. Altrettanto inconsistente è la censura, posta al secondo motivo dello stesso ricorso, di sussistenza delle condizioni per un proscioglimento ai sensi dell’art. 129 c.p.p.: la doglianza infatti si limita a richiamare i precedenti arresti di questa Corte ed a dolersi della assenza di una verifica officiosa da parte del Tribunale della inesistenza di ipotesi escludenti la responsabilità, ma ben si guarda dall’addurre dati o valutazioni che facciano revocare in dubbio le considerazioni al proposito sviluppate dal Tribunale alle pagine tre e quattro della sentenza.

La inconsistenza evidente dei motivi primo e secondo del ricorso 9/7/2010 obbliga a dichiarare inammissibile la impugnazione proposta dalla V. che solo su tali censure si fonda: dalla inammissibilità discendono le conseguenze di legge.

Meritano invece condivisione il ricorso P. ed il terzo motivo del ricorso Pe., dovendosi affermare che la fattispecie di cui al capo B, afferente la ipotesi del concorso continuato ed aggravato nella esibizione dei documenti personali contraffatti dei sette cittadini iracheni illegalmente introdotti nello Stato (art. 497 bis c.p., comma 2), resta assorbita nella più grave ipotesi contestata al capo A di procurato ingresso illegale nello Stato dei predetti cittadini extracomunitari attraverso la utilizzazione di documenti di identità contraffatti (D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 12, comma 3, lett. D sostituito dalla L. n. 94 del 2009, art. 1, comma 26, lett. B), essendo il concorso nella detenzione dei documenti di identità contraffatti elemento costitutivo del reato di procurato ingresso clandestino degli stessi stranieri (cfr. a tal ultimo proposito sent.

S.U. n. 7537 del 2010). Devesi quindi per tal ragione annullare senza rinvio la sentenza impugnata, emessa ai sensi degli artt. 444 e 445 c.p.p., e disporsi la trasmissione al Tribunale di Bari per l’ulteriore corso nei riguardi dei predetti imputati.
P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di P. V. e di Pe.Vl. e dispone la trasmissione degli atti al Tribunale di Bari per l’ulteriore corso. Dichiara inammissibile il ricorso di V.D. che condanna al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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