Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 16-12-2010) 30-05-2011, n. 21585 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Il Tribunale di Venezia, con ordinanza del 3 agosto 2010, ha rigettato la richiesta di riesame presentata da C.F. e C.N., confermando per il primo la misura custodiale per il reato di cui al capo 1), per aver venduto circa 1 kg di marijuana ad agente sottocopertura, e per il secondo in relazione al solo reato di cui al capo 7), mentre la medesima ordinanza veniva annullata per il reato di cui al capo 8).

2. Avverso tale ordinanza hanno proposto ricorso per cassazione C.F. e C.N.. Il primo lamenta violazione di legge e difetto di motivazione in ordine alla sussistenza di esigenze cautelari. Sarebbe illogico aver ritenuto l’esistenza di esigenze cautelari che richiedono la custodia in carcere per un fatto di minor gravità di altro, posto in essere nel medesimo arco temporale e relativo a ben più consistenti quantitativi di stupefacente, per il quale sono stati concessi gli arresti domiciliari, senza neppure tenere conto dell’atteggiamento ampiamente collaborativo del prevenuto che ha ammesso le proprie responsabilità ed ha indicato il nominativo della persona che gli aveva fornito lo stupefacente, poi da lui ceduto all’agente sotto copertura; per di più era evidente la continuazione tra i due episodi commessi nel medesimo arco temporale del 2008-2009; l’applicazione della massima misura cautelare appare dunque sproporzionata.

Il secondo contesta la sussistenza di sufficienti indizi di reità rappresentando che unico indizio è il racconto che, per telefono, il coindagato L. fa ad un terzo, dicendo che egli stesso e l’attuale ricorrente detenevano 70 gr, di eroina e che la polizia, pur avendo effettuato un accurata perquisizione, non li aveva trovati; si tratta di un solo indizio, non suffragato da ulteriori dati fattuali certi ma addirittura smentito dalle ulteriori circostanze accertate; infatti nel corso della telefonata L. precisa che la droga sarebbe stata occultata semplicemente sotto delle lenzuola, e cioè in un modo che contrasta con la ritenuta (dai giudici) abilità nel nascondere la sostanza; vi sono elementi per ritenere che L. si sia vantato di un fatto mai avvenuto, atteso che parla del magazzino di un certo T., nome che assolutamente non è riconducibile ad A., titolare del magazzino e di avere nascosto la droga sotto le lenzuola alla presenza degli stessi poliziotti.
Motivi della decisione

1. I ricorsi sono inammissibili in quanto deducono motivi non consentiti e manifestamente infondato.

2. Per quanto riguarda C.F., vengono in contestazione le sole esigenze cautelari che il Tribunale del riesame ha ritenuto sussistenti trattandosi di soggetto che nel corso degli anni ha reiterato il comportamento illecito di spaccio di stupefacenti; il ricorrente non contesta ciò, ma si duole dell’applicazione della più severa misura dal momento che altri giudici lo avevano invece ritenuto meritevole degli arresti domiciliari per fatti anche di maggiore gravità. Un tale ragionamento è, all’evidenza, atto unicamente a sollecitare da questa Corte la rivalutazione della sua posizione, con una prospettazione non consentita dai limiti del ricorso in Cassazione, atteso che non sussiste alcuna illogicità nella valutazione operata dai giudici di questo procedimento nel quale hanno ritenuto che il presente reato, che evidenzia la continuità del comportamento illecito del prevenuto, renda necessaria la custodia in carcere quale unico mezzo di prevenire ulteriori, prevedibili, comportamenti illeciti.

3. Per quanto riguarda C.N. il ricorso si sostanzia in rilievi critici riguardo la sussistenza del quadro indiziario, formulati con riferimento a circostanze di fatto che non emergono direttamente dall’ordinanza cautelare; l’accusa si basa su plurimi indizi, ed in particolare sulla accertata presenza del N. nel magazzino del D.R. e sulla telefonata di L. nella quale egli riferisce ad un amico del fatto che i Carabinieri non si erano accorti che lui e N. avevano nascosto 70 gr. di eroina; il Tribunale ha ritenuto non esservi ragioni per ritenere privo di veridicità quanto da L. raccontato all’amico e l’odierno ricorso, che insiste nel contestare l’attendibilità di L. sulla base di ulteriori aspetti dell’episodio, introduce nel giudizio circostanze di fatto di cui non è consentito l’apprezzamento.

4. Alla dichiarazione di inammissibilità consegue la condanna dei ricorrenti, tra loro in solido, al pagamento delle spese processuali nonchè al versamento, ciascuno, della somma di Euro 1000 (mille), equitativamente determinata in ragione dei motivi dedotti, in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.

dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti, tra loro in solido, al pagamento delle spese processuali, nonchè, ciascuno, al versamento di Euro 1000.000 in favore della cassa delle ammende. La Corte dispone inoltre che copia del presente provvedimento sia trasmessa, a cura della cancelleria, al Direttore dell’Istituto Penitenziario competente perchè provveda a quanto stabilito nell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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