Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 16-12-2010) 30-05-2011, n. 21584 Misure cautelari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Ricorre per cassazione il difensore di fiducia di R. S. avverso l’ordinanza in data 16.8.2010 del Tribunale di Catania in funzione di Giudice del riesame, con la quale veniva confermata l’ordinanza emessa il 19.7.2010 dal GIP del Tribunale di Catania applicativa della misura della custodia cautelare in carcere nei confronti di R.S. per plurimi delitti di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73.

Deduce la violazione di legge ed il vizio motivazionale in relazione alla ritenuta adeguatezza della misura custodiale carceraria laddove il R. da oltre sette mesi si trovava in detenzione domiciliare per espiazione di una pregressa pena definitiva, non dando adito ad alcun rilievo ed in pieno rispetto delle prescrizioni impostegli.

Si duole, in proposito, anche del richiamo fatto nell’ordinanza impugnata alla condotta di un coimputato che deteneva nella sua abitazione lo stupefacente, circostanza che non poteva influire sulla valutazione della personalità del ricorrente.

Il ricorso è infondato.

Invero, si è affermato che in tema di impugnazione delle misure cautelari personali, il ricorso per cassazione è ammissibile soltanto se denuncia la violazione di specifiche norme di legge ovvero la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento secondo i canoni della logica ed i principi di diritto, ma non anche quando propone, come nel caso di specie, censure che riguardino la ricostruzione dei fatti ovvero che si risolvano in una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito (Cass. pen. Sez. 5^, 8.10.2008 n. 46124, Rv. 241997).

Deve riconoscersi, infatti, come il provvedimento impugnato abbia apprezzato ed adeguatamente valutato gli aspetti, ritenuti significativi, della personalità dell’indagato che ne denunciano un grado elevato di pericolosità al punto da imporre la misura cautelare carceraria come unica adeguata a scongiurare il pericolo di reiterazione nel reato.

L’art. 275 c.p.p. attribuisce al giudice poteri discrezionali ampi, ma non assoluti, nella scelta della misura cautelare da applicarsi all’indagato. E’ vero che il giudice, oltre che degli elementi oggettivi, soggettivi e della pericolosità, deve tener conto della specifica idoneità della misura prescelta a soddisfare nel caso concreto le esigenze cautelari di cui all’art. 274 c.p.p.: ma nel caso di specie il Tribunale ha addotto adeguata motivazione immune da vizi logici, come tale insindacabile in questa sede di legittimità, in ordine all’adeguatezza della misura carceraria rispetto al ravvisato grado di pericolosità dell’indagato e della molteplicità e gravita dei fatti contestati, compiutamente analizzando anche la circostanza della pregressa restrizione domiciliare e della buona condotta tenuta dall’indagato nonchè spiegando anche come tale emergenza non escludesse la possibilità di occultamento dello stupefacente all’interno della propria abitazione.

Il richiamo alla condotta del coindagato S. non vale ad incidere nella valutazione della personalità del ricorrente, per altri versi già sufficientemente apprezzata come pericolosa, ma solo ad rappresentare la possibilità di una emulazione in tal guisa da parte del R. e tanto al limitato fine di individuare la misura cautelare più adeguata al caso concreto. E ciò e senza dire che la detenzione domiciliare di una pena definitiva (relativa a fatti trascorsi) è cosa (ed istituto) ben diversa, poggiando altresì su differenti e peculiari presupposti, dalla custodia cautelare imposta dalla recente commissione di plurimi reati che la consentono.

Consegue, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. Non comportando la presente sentenza la rimessione in libertà dell’indagato, si deve disporre che la cancelleria, ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter, trasmetta copia di questo provvedimento al Direttore dell’istituto penitenziario competente.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

La Corte dispone inoltre che copia del presente provvedimento sia trasmesso al direttore dell’istituto penitenziario competente perchè provveda a quanto stabilito dall’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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