T.A.R. Lazio Roma Sez. II ter, Sent., 30-05-2011, n. 4867 Demolizione di costruzioni abusive Edilizia e urbanistica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con il ricorso, notificato il 27 settembre 2001 e depositato il successivo 13 ottobre, le società I.S. Srl e C.G.A., quali, rispettivamente, proprietaria e locataria dei locali commerciali situati presso l’immobile di Via Monti di Primavalle in Roma, hanno impugnato gli atti meglio specificati in epigrafe perché lesivi del loro interesse connesso al mantenimento delle opere realizzate in data 6.4.1995 conformemente alla dichiarazione di inizio attività prevista dalla normativa vigente.

Al riguardo, le medesime hanno prospettato come motivi di impugnazione la violazione di legge e l’eccesso di potere sotto svariati aspetti sintomatici.

Si è costituito in giudizio il Comune di Roma, il quale ha eccepito genericamente l’infondatezza delle doglianze prospettate.

Nella Camera di Consiglio del 15 novembre 2001 con ordinanza n. 6984/2001 questo Tribunale ha accolto la domanda di sospensione degli effetti dei provvedimenti impugnati.

All’udienza del 20 aprile 2011 la causa è stata posta in decisione.

Con il primo motivo di gravame le parti istanti assumono che il procedimento adottato dall’Amministrazione comunale (finalizzato all’adozione di un ordine di demolizione) sia di per sé viziato perché posto in essere senza controdedurre alle osservazioni formulate nella memoria di chiarimenti fornita dalle società ricorrenti in relazione a lavori che erano stati compiuti ben sei anni prima, valutati comunque abusivi per assenza della concessione edilizia e soggetti ad un puntuale ordine di demolizione.

Infatti, l’invocato art. 10 della legge n. 241 del 1990 stabilisce che: "I soggetti di cui all’articolo 7 e quelli intervenuti ai sensi dell’articolo 9 hanno diritto:

a) di prendere visione degli atti del procedimento, salvo quanto previsto dall’articolo 24;

b) di presentare memorie scritte e documenti, che l’amministrazione ha l’obbligo di valutare ove siano pertinenti all’oggetto del procedimento.".

Ciò avrebbe dovuto comportare per il Comune di Roma il rispetto di un principio generale valevole in materia di adozione dei provvedimenti amministrativi: l’obbligo di esame delle memorie e dei documenti, ex art. 10, comma 1, lett. b), della L. n. 241/1990, si deve ritenere non come un’analitica confutazione in merito ad ogni argomento utilizzato dalle parti interessate, ma come un onere ad un iter motivazionale che renda nella sostanza percepibile la ragione del mancato adeguamento dell’azione dell’Amministrazione alle deduzioni difensive del privato (Cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 17 gennaio 2008 n. 17).

Sul punto gioca un ruolo decisivo la descrizione della consistenza e della tipologia di opere realizzate dalle società ricorrenti.

Da tale descrizione deriva che la doglianza è senz’altro fondata poiché né la realizzazione di un impianto tecnologico, né il semplice cambio di destinazione d’uso sono di per sé, nel caso di specie, sufficienti a giustificare un ordine di demolizione. Ciò è ancora più evidente se l’ordine di demolizione è adottato a distanza di sei anni dalla realizzazione delle opere ritenute abusive.

Infatti, non è necessario il permesso di costruire – come nel caso in esame in cui si è realizzato di un impianto di condizionamento posto a servizio di un locale commerciale preesistente e collocato in una intercapedine tra la muratura dell’edificio ed il muro di contenimento di un terrapieno – in relazione alle opere che non comportano nuova volumetria né aumento di superfici (come nel caso del lucernaio) o che comportano la realizzazione di un semplice volume tecnologico (Cfr. Tar Campania, sede di Napoli, Sez. VII, 19 febbraio 2009 n. 968).

Per tale evenienza, il provvedimento gravato si presenta viziato quantomeno per un difetto di motivazione anche nella parte in cui il provvedimento stesso si limita a rimarcare un semplice cambio di destinazione d’uso per la sola presenza del citato impianto.

Per tale aspetto è sufficiente osservare che il cambio di destinazione d’uso di un manufatto preesistente non richiede il previo rilascio del permesso di costruire quando l’intervento su di esso realizzato ne assicura la conservazione della destinazione d’uso (il locale preesistente a servizio del quale è realizzato l’impianto di condizionamento era e rimane locale commerciale), della collocazione e delle caratteristiche fisiche identificative; per contro il cambio di destinazione d’uso con rilevanti opere di ristrutturazione, che interviene tra categorie edilizie funzionalmente autonome e non omogenee e che integra, quindi, una modificazione edilizia con effetti incidenti sul carico urbanistico, è soggetto al permesso di costruire (Cfr., in termini, Cons. Stato, Sez. V, 29 gennaio 2009 n. 498).

Per tutte le ragioni espresse, il Collegio, ritenendo prevalente ed assorbente il primo motivo di impugnazione, accoglie il ricorso e conseguentemente annulla i provvedimenti impugnati perché viziati da violazione di legge ed eccesso di potere per difetto di motivazione.

Sussistono, per la particolarità della procedura posta in essere, giusti motivi per compensare fra le parti le spese di giudizio.
P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla i provvedimenti impugnati nei termini di cui in motivazione.

Compensa integralmente fra le parti le spese di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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