Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 28-04-2011) 31-05-2011, n. 21784 Poteri della Cassazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Tribunale di Varese, con sentenza del 17/11/08, dichiarava A. D. colpevole dei reati di cui all’art. 81 c.p. e art. 609 bis c.p.; art. 612 c.p.: art. 594 c.p.: art. 595 c.p.; art. 336 c.p.;

art. 368 c.p.: art. 61 c.p., n. 2, artt. 485 e 489 c.p., e lo condannava alla pena di anni 7, mesi 2 e giorni 25 di reclusione, nonchè al risarcimento dei danni in favore delle parti civili costituite.

La Corte di Appello di Milano, con sentenza del 25/3/2010, in parziale riforma del decisimi di prime cure, ha dichiarato non doversi procedere nei confronti dell’ A. in ordine ai reati di cui agli artt. 612 e 594 c.p., perchè estinti per maturata prescrizione; ha ridelerminato la pena per i residui reati in anni 7 mesi 2 e giorni 10 di reclusione, con conferma nel resto.

Propone ricorso per cassazione la difesa del prevenuto, con i seguenti motivi:

– vizio di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza degli elementi concretizzanti il reato di cui all’art. 609 bis c.p.. nonchè di cui all’art. 368 c.p.;

– non corretta applicazione dei criteri da seguire nella valutazione della prova, non avendo il decidente fornito adeguata giustificazione argomentativa sulla ritenuta attendibilità e credibilità della presunta parte offesa.
Motivi della decisione

Il ricorso è manifestamente infondato e va dichiarato inammissibile.

La argomentazione motivazionale, svolta in sentenza, si rivela del tutto logica e corretta, peraltro, il giudice di merito ha puntualmente riscontrato ogni motivo di appello libellato nel l’interesse dell’imputato, fornendo esaustiva giustificazione sulle ragioni della ritenuta inconsistenza degli stessi.

Con il ricorso si contesta la valutazione attribuita dal decidente alle emergenze istruttorie, in particolare si censura la ritenuta attendibilità della parte offesa e la credibilità del narrato dalla stessa fornito.

Chiaro, pertanto, è l’intento del ricorrente di rivedere analiticamente le emergenze istruttorie, sulle quali, però, al giudice di legittimità è precluso di effettuare un riesame estimativo.

Il giudice di merito, a seguito di attenta analisi della piattaforma probatoria, ha proceduto a ricostruire la vicenda in maniera del tutto plausibile pervenendo nella certa convinzione della consumazione di tutti i reati contestati al prevenuto, ivi compresi quelli di diffamazione e calunnia, perpetrati verso la C., per la piena consapevolezza dell’ A. della falsità del suo racconto, desumibile oltre che dalla produzione della lettera fasulla, anche dalla sua consapevolezza della insussistenza di una relazione sentimentale con la vittima.

Evidenzia il decidente come la C. abbia tollerato le condotte poste in essere dal prevenuto al solo fine di evitare di compromettere la propria vita coniugale e la positiva immagine nell’ambiente politico in cui rivestiva una posizione di spicco.

Sul punto, peraltro, il decidente, a riscontro della veridicità della versione dei fatti fornita dalla donna, richiama episodi riferiti dallo stesso imputato, a sostegno della sua innocenza, che sono stati nettamente smentiti dalle deposizioni dei testi assunti in dibattimento.

Osservasi che il sindacato del giudice di legittimità sul discorso giustificativo del provvedimento impugnato deve mirare a verificare che la relativa motivazione sia: effettiva, ovvero realmente idonea a rappresentare le ragioni che il giudicante ha posto a base della decisione adottata; non manifestamente illogica, ovvero sorretta, nei suoi punti essenziali, da argomentazioni non viziate da evidenti errori nella applicazione delle regole della logica; non internamente contraddittoria. ovvero esente da insormontabili incongruenze tra le sue diverse parti o da inconciliabilità logiche tra le affermazioni in essa contenute; non logicamente incompatibile con altri atti del processo, dotati di una autonoma forza esplicativa o dimostrativa tale che la loro rappresentazione disarticoli l’intero ragionamento svolto dal decidente e determini al suo interno radicali incompatibilità, così da vanificare o radicalmente inficiare, sotto il profilo logico, la motivazione (Cass. 29/3/06. n. 10951).

Peraltro, in tema di controllo sulla motivazione, al giudice di legittimità è normativamente preclusa la possibilità, non solo di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella del giudice di merito, ma anche di saggiare la tenuta logica della pronuncia portata alla sua cognizione mediante un raffronto tra l’apparato argomentativo che la sorregge ed eventuali altri modelli di ragionamento mutuati dall’esterno; ed invero, avendo il legislatore attribuito rilievo esclusivamente al testo del provvedimento impugnato, che si presenta quale elaborato dell’intelletto costituente un sistema logico in sè compiuto ed autonomo, il sindacato di legittimità è limitato alla verifica della coerenza strutturale della sentenza, in sè e per sè considerata, necessariamente condotta alla stregua degli stessi parametri valutativi di cui essa è geneticamente informata, ancorchè questi siano ipoteticamente sostituibili da altri (Cass. S.U. 23/6/2000. n. 12).

Si rileva che la inammissibilità del ricorso per cassazione preclude la possibilità che nel giudizio di legittimità possa essere fatta valere o rilevata di ufficio, ai sensi dell’art. 129 c.p.p., la estinzione del reato per prescrizione maturata in data anteriore alla pronuncia della sentenza di appello, ma non dedotta dalla parte, nè rilevata dal giudice (Cass. S.U. 22/3/05. Bracale). come nel caso di specie, visto per che tutti i delitti per cui è condanna il relativo termine si è consumato prima della sentenza impugnata, resa il 25/3/2010.

Tenuto conto, poi, della sentenza del 13/6/2000, n. 186, della Corte Costituzionale, e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che l’ A. abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, lo stesso, ai sensi dell’art. 616 c.p.p.. deve essere altresì condannato al versamento di una somma, in favore della Cassa delle Ammende, equitativamente fissata, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di Euro mille.
P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento in favore della Cassa delle ammende della somma di Euro mille, nonchè alla rifusione delle spese del grado in favore della parte civile, liquidate in Euro 1.500,00, oltre accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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