Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 14-04-2011) 31-05-2011, n. 21794 Riparazione per ingiusta detenzione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte di Appello di Reggio Calabria, pronunciandosi nel procedimento di riparazione per ingiusta detenzione promosso da F.F., con istanza del 24/6/05, ha condannato il Ministero dell’Economia e delle Finanze al pagamento, in favore dell’interessato, della somma di Euro 148.094,96.

Propone ricorso per cassazione l’Avvocatura Distrettuale dello Stato nell’interesse del Ministero soccombente, con i seguenti motivi:

– vizio di motivazione e conseguente violazione dell’art. 315 c.p.p. in ordine alla quantificazione dell’indennizzo, in quanto appare di palese evidenza la contraddittorietà della argomentazione giustificativa sul punto adottata dal decidente, allorchè, prima, afferma di condividere l’orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo cui la liquidazione dell’indennizzo per la riparazione della ingiusta detenzione è svincolata da parametri aritmetici rigidi, dovendosi basare su una valutazione equitativa che tenga globalmente conto, non solo della durata della custodia cautelare, ma anche, e non marginalmente, delle conseguenze personali e familiari scaturite dalla privazione della libertà, per, poi, quantificare l’indennizzo nella misura giornaliera massima di Euro 235.82. importo questo determinato in rigida applicazione del c.d. criterio matematico; – ha errato il decidente nel non tener conto della documentazione inoltrata in atti dall’Avvocatura, da cui emergeva la sussistenza di precedenti penali a carico del F., uno dei quali specifico, nonchè la frequentazione dello stesso con il capo di una cosca dedita al traffico di stupefacenti.

Il Procuratore Generale presso questa Corte ha inoltrato in atti requisitoria scritta nella quale conclude per il rigetto del ricorso.

L’Avvocatura Generale dello Stato ha inoltrato in atti memoria, in cui evidenzia la illogicità e la erroneità della motivazione, adottata dal decidente a sostegno della quantificazione dell’indennità determinata in favore del F.: nonchè la non corretta verifica da parte della Corte distrettuale della ravvisabilità nella condotta tenuta dall’istante, che determinò la privazione della libertà dello stesso, di dolo o colpa.

La difesa del F. ha depositato in alti memoria, nella quale, dopo avere esaminato eroicamente le censure poste a sostegno del ricorso, conclude per la inammissibilità dello stesso.
Motivi della decisione

Il ricorso è infondato e va rigettato;

La argomentazione motivazionel, svolta nella ordinanza impugnata, si rivela del tutto logica e corretta.

Quanto alla determinazione dell’importo riconosciuto in favore del F., si rileva che in tema di riparazione per ingiusta detenzione il controllo sulla somma liquidata è sottratto al sindacato di legittimità, potendo la Cortesi Cassazione soltanto verificare se il giudice del merito abbia adeguatamente motivato il suo convincimento – come nel caso che ci occupa – a meno che la decisione non si discosti in modo così rilevante dai criteri usualmente seguiti da risultare manifestamente arbitraria (Cass. 7/4/09, n. 14986; Cass. 6/4/07, n. 14459).

Di poi, si osserva che la quarta sezione penale di questa Corte, con l’annullare la ordinanza del 30/11/07 della Corte di Appello di Reggio Calabria, rinviava a detta Corte distrettuale aftinchè verificasse la sussistenza di altri elementi indicativi di una colposa connivenza del F. con i familiari, al di fuori dalla pura convivenza: tenendo, altresì conto che la precedente condanna per spaccio, subita dall’interessato, non poteva costituire indizio di comportamento gravemente colposo in quanto relativa a un fatto diverso, esauritosi in epoca precedente a quello oggetto di esame. Dal vaglio di legittimità a cui è stata sottoposta la ordinanza assoggettata a ricorso emerge che il giudice di rinvio ha rilevato la mancanza di elementi utili per ritenere la colpa grave o il dolo nel comportamento adottato dal F., giustificanti la misura restrittiva personale applicata, dando contezza di avere fatto buon governo del dettato normativo.

Infatti, in tema di riparazione per ingiusta detenzione il giudice di merito, per valutare se chi l’ha patita vi abbia dato o concorso a darvi causa, con dolo o colpa grave, deve apprezzare, in modo autonomo e completo, tutti gli elementi probatori disponibili, con particolare riferimento alla sussistenza di condotte che rivelino eclatante e macroscopica negligenza, imprudenza o violazione di leggi o regolamenti, fornendo del convincimento conseguito adeguata motivazione; il giudice deve, inoltre, fondare la deliberazione conclusiva su fatti concreti e precisi e non su mere supposizioni, esaminando la condotta tenuta dal richiedente sia prima che dopo la perdita della libertà personale.; indipendentemente dalla eventuale conoscenza che quest’ultimo abbia avuto dell’inizio della attività di indagine, al fine di stabilire, con valutazione ex ante, non se tale condotta integri estremi di reato, ma solo se sia stata il presupposto che abbia ingenerato, ancorchè in presenza di errore, della autorità procedente. la falsa apparenza della sua configurabilità come illecito penale, dando luogo alla dedizione con rapporto di causa a effetto.
P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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