Cass. pen., sez. VI 30-10-2008 (01-10-2008), n. 40575 Parametri della quantità, delle modalità di presentazione e delle altre circostanze dell’azione – Reciproca autonomia

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

FATTO E DIRITTO
1.-. Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Trento ha proposto ricorso per Cassazione avverso la sentenza, con la quale, in data 8-11-07, il GUP presso il Tribunale di Trento ha assolto M.F. dal reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 a lui ascritto per insussistenza del fatto.
Il ricorrente deduce la violazione del citato D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 1 bis.
Rileva che la motivazione del provvedimento impugnato sarebbe basata essenzialmente su due affermazioni, e cioè in primo luogo che nella detenzione di sostanze stupefacenti il superamento del parametro quantitativo non è sufficiente a fare ritenere automaticamente la destinazione ad uso non esclusivamente personale, e, in secondo luogo, che, in presenza di tale superamento quantitativo, "quand’anche gli altri parametri normativi, ulteriori rispetto a quello quantitativo (confezionamento e circostanze dell’azione), non confortino una destinazione ad uso esclusivamente personale, deve ritenersi non provato che la droga detenuta appaia non destinata esclusivamente ad uso personale (formula letterale utilizzata dal legislatore), in assenza di ulteriori elementi a supporto del dato quantitativo". Ne deriverebbe la necessità, anche in assenza di allegazione da parte dell’imputato dell’uso esclusivamente personale ed in assenza di elementi che inducano a ritenere tale uso esclusivo, che l’accusa provi ulteriormente quella apparenza di destinazione ad uso non esclusivamente personale indicata dal legislatore.
Il ricorrente (dopo avere proceduto ad una accurata esegesi della nuova normativa in materia di stupefacenti, introdotta dalla L. n. 49 del 2001), condivide la conclusione del Tribunale che il superamento dei quantitativi di principio attivo stabiliti dal decreto interministeriale non determini di per sè la rilevanza penale della condotta, sottolineando che il criterio quantitativo è solo uno dei tre parametri (quantità; confezionamento; circostanze dell’azione) indicati dal D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 1 bis, lettera a), per valutare se la sostanza stupefacente appaia o meno destinata ad usi non esclusivamente personali. Aggiunge che i tre parametri suindicati hanno in linea astratta un ugual peso e che sarà solo la valutazione da effettuare caso per caso, con adeguata motivazione, a fissare quale di essi debba in concreto prevalere.
Passando all’esame del caso di specie, il Procuratore della Repubblica di Trento puntualizza che ci si trova in presenza di sostanza stupefacente superiore per più del doppio al limite quantitativo stabilito dal decreto ministeriale e consistente in "tre frammenti di hashish, due pezzi più consistenti della medesima sostanza, un frammento di marijuana e delle foglie di marijuana".
Ne deriverebbe, a suo avviso, che il primo dei parametri di valutazione (quello quantitativo) sarebbe nella fattispecie "indiscutibile", mentre il secondo (il confezionamento) sarebbe "nel caso concreto quanto meno non favorevole all’imputato". In presenza del parametro quantitativo, poichè nel caso di specie nessuno degli altri due parametri sarebbe in grado, per stessa ammissione del Tribunale, di neutralizzarne la conducenza, avrebbe dovuto ritenersi sussistente la apparenza di destinazione ad un uso non esclusivamente personale, richiesta dalla legge.
2.-. Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza.
L’assunto dell’Ufficio ricorrente, secondo cui, una volta accertato che il quantitativo detenuto supera i limiti massimi tabellari, e una volta che nessuno dei due residui parametri (confezionamento e circostanze dell’azione) sarebbe nel caso concreto in grado di neutralizzarne la conducenza, la condotta di detenzione deve ritenersi per il solo fatto del superamento dei quantitativi minimi automaticamente finalizzata a un uso non esclusivamente personale e quindi penalmente rilevante, non può essere condiviso.
Come questa Corte ha già chiarito (sez. 6, sentenza n. 17899 del 29/01/2008, rv. 239932, P.M. in proc. Corrucci), stando al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 comma 1 bis, lett. a), inserito dalla L. 21 febbraio 2006, n. 49, art. 4 bis, in sede di conversione del D.L. 30 dicembre 2005, n. 272, la detenzione di sostanze stupefacenti costituisce reato se le sostanze detenute "appaiono destinate ad un uso non esclusivamente personale". Tale previsione, rettamente intesa, non contiene elementi di sostanziale novità rispetto alla disciplina previgente, che, in base al combinato disposto del D.P.R. n. 309 del 1990, artt. 73 e 75, sanzionava penalmente la detenzione di sostanze stupefacenti che non fosse finalizzata all’"uso personale". Erano allora quindi punibili, al pari di ora, condotte di detenzione di sostanze stupefacenti che non "appaiono destinate ad un uso non esclusivamente personale"; fermo restando che allora (come ora) la detenzione della parte destinata a uso personale non poteva (e non può) essere assoggettata a sanzione penale.
Per il vero, la fattispecie incriminatrice di cui si discute (comma 1 bis, lett. a), indica ora dei parametri sulla base dei quali apprezzare la destinazione ad uso "non esclusivamente personale": e cioè, la "quantità", le "modalità di presentazione" o "altre circostanze dell’azione". Ma si tratta di indici che già in passato venivano giudiziariamente impiegati per stabilire la destinazione della sostanza detenuta, e quindi di meri criteri probatori idonei a orientare la valutazione del Giudice e, prima ancora, quella della Polizia Giudiziaria e del Pubblico Ministero; dovendosi peraltro notare che l’ultimo di essi, per la sua vaghezza, rende di per se inane l’intento di rigida tipizzazione formalizzato nella norma.
Potrebbe a prima vista opinarsi che i tre parametri della "quantità" o delle "modalità di presentazione" o delle "altre circostanze dell’azione" siano reciprocamente autonomi, sicchè basterebbe che uno solo di essi sia accertato perchè la condotta di detenzione sia penalmente rilevante. Ma non può essere in via di stretta logica così da intendersi, perchè l’oggetto dell’accertamento penale (diversamente da quanto derivava dal combinato disposto del D.P.R. n. 309 del 1990, artt. 73 e 75, precedentemente al referendum popolare del 1993, allora ancorato al concetto di "dose media giornaliera") resta esclusivamente quello di una detenzione destinata "ad un uso non esclusivamente personale"; sicchè, pur in presenza di date "quantità" o di "modalità di presentazione", di per sè tali da autorizzare l’ipotesi di una destinazione "ad un uso non esclusivamente personale", tale ipotesi può bene essere smentita sulla base di "altre circostanze dell’azione" (tra le quali, è bene precisare, non potrebbe non essere compreso l’eventuale stato di tossicodipendenza o anche solo l’uso abituale di droghe), considerate dalla norma paritariamente rispetto ai primi due indici, non potendosi considerare ermeneuticamente significativo, come invece vorrebbe l’Ufficio ricorrente, il fatto che i tre parametri siano sintatticamente separati nella disposizione normativa dalla disgiuntiva "ovvero". Così, pur in presenza di quantità non esigue, o di confezioni plurime, o di entrambe le situazioni, potrebbero essere apprezzate "altre circostanze dell’azione" tali da radicalmente escludere un uso non strettamente personale (ad esempio, potrebbe risultare accertato indiscutibilmente che il detentore, forte consumatore di droga, fosse solito acquistarla in quantitativi non modesti frazionatamente preconfezionati).
Resta da stabilire cosa intenda il legislatore nella parte in cui, indicando il parametro della "quantità", specifica che di esso debba tenersi conto in particolare se superiore ai limiti massimi indicati con decreto del Ministro della salute emanato di concerto con il Ministro della giustizia". In attuazione di tale previsione, con D.M. Salute 11 aprile 2006, sono stati appunto indicati i "limiti quantitativi massimi delle sostanze stupefacenti e psicotrope, riferibili ad un uso esclusivamente personale" (QMD: "quantitativi massimi detenibili"). Escluso che ciò valga a invertire l’onere della prova a carico dell’imputato, o a introdurre una sorta di presunzione, sia pure non assoluta, circa la destinazione della droga detenuta a uso non personale, a pena di violazione del principio di stretta riserva di legge in materia penale, di cui all’art. 25 Cost., comma 2) nonchè di quello di presunzione di non colpevolezza (art. 27 Cost., comma 2), va osservato come la locuzione in particolare", posta a incipit dell’inciso, riveli chiaramente che l’intento del legislatore sia solo quello di imporre al giudice un dovere di particolare attenzione, che si risolve in un dovere accentuato di motivazione, nel caso in cui, appunto, le quantità detenute siano, secondo una valutazione basata su nozioni tossicologiche ed empiriche di cui sono espressione le tabelle ministeriali, normalmente non confacenti a "un uso esclusivamente personale".
Ciò posto in linea di diritto, va osservato che nella specie i giudici del merito hanno valutato vari elementi che deponevano per la plausibilità di un uso personale, quali il fatto che la droga non era preconfezionata in dosi pronte per la cessione, l’atteggiamento dell’imputato non indicativo di attività di spaccio, il mancato ritrovamento di strumenti per la suddivisione in dosi della sostanza e la modesta quantità di denaro rinvenuta, compatibile con la condizione economica della famiglia del prevenuto.
Questi apprezzamenti in punto di fatto non sono stati sottoposti al vaglio della Corte quanto alla loro logicità e completezza, posto che l’Ufficio ricorrente non se ne è doluto, riversando le sue critiche alla decisione esclusivamente sul profilo della errata applicazione della legge, sulla base di una interpretazione del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 1 bis, che, per quanto sopra esposto, deve ritenersi infondata.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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