Cons. Stato Sez. III, Sent., 31-05-2011, n. 3270 Ricorso per l’esecuzione del giudicato

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. La parte ricorrente chiede l’esecuzione della sentenza indicata in epigrafe.

Con tale decisione, il Consiglio di Stato, in riforma della sentenza del TAR per il Friuli Venezia Giulia n. 85/2010, ha condannato il Ministero dell’interno al risarcimento del danno in favore della parte ricorrente.

In forza della sentenza:

– "il danno va quantificato nella misura del mancato utile effettivo, atteso dall’appalto in questione, e desumibile dall’offerta presentata in gara";

– tale misura va decurtata del 50% in considerazione dell’aliunde perceptum o percipiendum, e incrementata di interessi e rivalutazione;

– sulla base di tali criteri, l’Amminstrazione "provvederà, entro sessanta giorni dalla pubblicazione della presente sentenza, a proporre alla ricorrente una somma a titolo di risarcimento del danno", previa verifica "in contraddittorio" dell’offerta presentata in gara e della misura dell’utile effettivo.

2. La ricorrente lamenta che la somma proposta dall’amministrazione, pari a euro 116.972,62, sia inidonea a ristorare il pregiudizio concretamente sofferto. A suo dire, il calcolo compiuto dal Ministero resistente si basa erroneamente, e in contrasto con il giudicato, sulla meccanica applicazione dell’utile di impresa indicato in sede di offerta. L’esatto importo del risarcimento dovrebbe comprendere, invece, anche ulteriori voci di mancato guadagno, correlate, in sintesi:

a) al maggior utile che, "come essa era in grado di dimostrare, avrebbe ricavato dallo svolgimento del servizio in funzione del minor tasso di assenteismo di cui si sarebbe dovuta far carico rispetto a quello considerato per la formulazione dei costi indicati in offerta";

b) all’arricchimento del proprio curriculum, in vista delle prossime gare.

3. Il ricorso è infondato.

In sede di ottemperanza, il giudice deve limitarsi a verificare la corrispondenza tra le determinazioni adottate dall’amministrazione e le statuizioni passate in giudicato. In particolare, nella vicenda in esame, si tratta di stabilire se i conteggi effettuati dall’amministrazione siano rispettosi dei criteri fissati dalla sentenza.

4. In questa prospettiva, anzitutto, non risulta che la pronuncia abbia distintamente considerato la voce aggiuntiva del prospettato danno "curriculare", che non viene menzionato né nella motivazione né nel dispositivo della sentenza. Pertanto, tale pregiudizio non può essere autonomamente riconosciuto in questa sede esecutiva, ai fini della liquidazione della somma spettante alla parte ricorrente.

5. In secondo luogo, la sentenza passata in giudicato indica chiaramente che il mancato guadagno debba essere determinato, in via esclusiva, mediante il riferimento all’utile "effettivo" dell’impresa, in quanto desumibile dall’offerta di gara.

In tal modo, la pronuncia intende evidentemente precisare che il criterio di quantificazione del danno è incentrato sull’accertamento concreto dei contenuti economici dell’offerta presentata dalla ricorrente, mentre non possono trovare applicazione altri parametri di determinazione del mancato guadagno di tipo astratto o forfettario (quali, ad esempio, il 10% dell’offerta economica).

Pertanto, ai fini della esatta quantificazione del danno, operata in attuazione dei canoni indicati dal giudicato, non possono assumere rilevanza gli ulteriori asseriti "risparmi" conseguibili dalla ricorrente e derivanti, fra l’altro, dal minor tasso di assenteismo. Infatti, questo profilo del lamentato mancato guadagno non emerge affatto dalla motivazione della pronuncia di cui si chiede l’esecuzione.

È appena il caso di aggiungere che, a fronte delle inequivoche statuizioni contenute nella sentenza, la quale àncora il mancato guadagno all’offerta economica presentata dalla ricorrente, non potrebbe assumere alcun rilievo la circostanza che, in sede di merito, l’interessata avesse prospettato argomenti analoghi a quelli sviluppati nel presente giudizio di esecuzione.

In conclusione, quindi, l’offerta formulata dall’amministrazione dell’interno risulta perfettamente coerente con le statuizioni passate in giudicato. Ne deriva, quindi, che non sussiste l’asserita violazione del giudicato.

6. In definitiva, quindi, il ricorso deve essere respinto.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza) respinge il ricorso.

Condanna la parte ricorrente a rimborsare all’amministrazione intimata le spese di lite, liquidandole in euro duemila.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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