Cons. Stato Sez. IV, Sent., 31-05-2011, n. 3314 Edilizia e urbanistica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con l’appello in esame, il Comune di Veglie impugna la sentenza 22 maggio 2009 n. 1281, con la quale il TAR Puglia, sede di Lecce, sez. I, in accoglimento del ricorso proposto dalla soc. "La P. D. C.", ha annullato, tra l’altro, la deliberazione della Giunta Comunale 23 luglio 2004 n. 107, avente ad oggetto "adozione progetto definitivo lavori di adeguamento e completamento della rete pluviale cittadina al d. lgs. 152/1999, complemento di programmazione al POR Puglia 2000/2006".

Secondo la sentenza appellata, " il Comune, pur essendo titolare di ampia discrezionalità nel rivedere le previsioni urbanistiche in sede di disciplina del proprio territorio, incontra il limite dell’irragionevolezza e dell’illogicità della scelta, e nel caso specifico le previsioni palesano evidenti errori di fatto, quanto alla funzionalità dell’opera, e profili di irragionevolezza e arbitrarietà".

Ciò in quanto, mentre la finalità del piano di adeguamento della rete pluviale cittadina era quello di eliminare lo scarico delle pluviali nelle voragini in quanto palese fonte di inquinamento (come si evince dalla relazione tecnica illustrativa del Comune), è risultato che "delle quattro voragini che il progetto si prefiggeva di eliminare solo una è stata eliminata mentre le altre tre sono rimaste, evidenziando così il mancato raggiungimento dello scopo prefissato e l’inadeguatezza del progetto stesso". Peraltro, la soluzione tecnica prevista risulta inadeguata a recepire la quantità d’acqua prevista, con conseguenti allagamenti.

Infine, secondo il primo giudice, il Comune – in presenza di una ipotesi alternativa proposta dai ricorrenti in I grado (sul cui suolo era prevista appunto la collocazione del bacino di recapito fluviale), che si erano dichiarati disposti a cedere bonariamente una diversa area – avrebbe dovuto "effettuare una comparazione dell’interesse pubblico coinvolto con quello del privato… indicando le ragioni che hanno reso non accettabile la proposta e inevitabile il sacrificio imposto al privato".

Avverso tale decisione vengono proposti i seguenti motivi di appello:

a) error in iudicando, in quanto la delibera G.C. n. 107/2004 ha semplicemente disposto l’approvazione del progetto ai fini della presentazione alla Regione Puglia della domanda di finanziamento a valere sui fondi POR 200006 (essendo stato approvato il progetto definitivo con valore di adozione di variante, solo con delibera CC 28 novembre 2006 n. 76. La delibera annullata è, quindi, estranea ala procedura di espropriazione, il che, lungi dal comportare, come affermato in sentenza, la caducazione degli atti successivi per effetto del suo annullamento, "esclude in radice la possibile configurazione di un rapporto di connessione con gli atti successivi";

b) erroneità della motivazione della sentenza; poiché il Tribunale non ha considerato che tra approvazione del progetto definitivo e progetto esecutivo sono intervenuti una riduzione del finanziamento originariamente ipotizzato (e sulla cui base era stato redatto il progetto definitivo) e l’adeguamento del prezzario regionale, di modo che "ne è derivato che, tanto in ragione dell’adozione del succitato prezzario, quanto, soprattutto, in virtù della contrazione della somma oggetto di finanziamento, nel progetto esecutivo, sebbene in puntuale attuazione della progettazione definitiva, è stata prevista la realizzazione solo di una parte delle opere, per un importo corrispondente a quello finanziato", opere che "integrano un primo lotto del totale degli interventi previsti dalla progettazione definitiva, per i quali l’amministrazione ha previsto… l’investimento di ulteriori risorse finanziarie". In ogni caso, l’intervento realizzato, sebbene parziale, "garantisce l’eliminazione di buona parte di acque non trattate che attualmente scaricano in falda";

c) error in iudicando in quanto il giudice ha operato una valutazione di inidoneità del sito prescelto "non sulla base di specifici elementi istruttori e/o tecnici previamente acquisiti e relativi alla parte di terreno interessato dai lavori, utili a conferire alla valutazione in parola una portata scientifica o, quanto meno attendibile, bensì sulla della mera analisi di documentazione fotografica acquisita da parte appellata in esito a fenomeni piovosi verificatisi durante l’anno". Peraltro, anche la documentazione fotografica dimostra la ragionevolezza della scelta operata, in quanto il terreno prescelto "consente di poter essere raggiunto attraverso le condotte seguendo la pendenza naturale delle strade";

d) quanto alla omessa valutazione della proposta alternativa avanzata dal ricorrente in I grado, la stessa è pervenuta solo in data 24 luglio 2008, allorchè l’amministrazione "aveva ormai completato tutte le varie fasi procedurali (adozione del progetto, approvazione del progetto definitivo e di quello esecutivo) e provveduto ad attivare tutte le forme di comunicazione e partecipazione prescritte". Peraltro, nonostante la fase avanzata, la proposta è stata comunque vagliata dalla Giunta Comunale, che, con delibera n. 146/2008, ha concluso negativamente, essendo contrario all’interesse pubblico procedere ad una notevole attività di modifica degli atti fino ad allora adottati".

Il Commissariato per l’emergenza ambientale nella Regione Puglia non si è costituito in giudizio.

Si è costituita in giudizio la soc. "La P. D. C.", che ha preliminarmente eccepito la tardività dell’appello, per non essere stato lo stesso proposto entro il termine di 120 giorni ex art. 23bis l. n. 1034/1971, nonostante si trattasse di materia relativa ad espropriazioni per pubblica utilità. Ha comunque concluso per il rigetto del ricorso, stante la sua infondatezza ed ha riproposto (per il caso di accoglimento dell’appello) "tutte le questioni" proposte in I grado e non espressamente rigettate dal TAR, ed in particolare quella "secondo la quale il progetto prevede lo scarico diretto nel sottosuolo, circostanza questa espressamente vietata dall’art. 30 d. lgs. n. 152/1999".

All’odierna udienza la causa è stata riservata in decisione.
Motivi della decisione

2. Questo Consiglio di Stato ritiene necessario, preliminarmente, precisare l’oggetto della presente controversia, con particolare riferimento agli atti oggetto di impugnazione in I grado.

Come si evince dalla stessa epigrafe della sentenza appellata, oggetto del giudizio di I grado è stata la verifica di illegittimità, ai fini del richiesto annullamento, della delibera della Giunta Comunale di Veglie 23 luglio 2004 n. 107 e della nota 21 luglio 2004.

Con il primo di tali atti, la Giunta Comunale ha proceduto alla "adozione progetto definitivo lavori di adeguamento e completamento della rete pluviale cittadina al d. lgs. n. 152/99, complemento di programmazione al POR Puglia 2006".

Nel testo della delibera si legge: "ritenuto di dover adottare il progetto in questione ai fini della presentazione alla Regione Puglia della domanda di finanziamento a valere sui fondi POR". Nel dispositivo della medesima, si prevede espressamente:

a) "di adottare, ai sensi del punto 3, comma 2 lett. a) del bando, il progetto definitivo dei lavori di adeguamento della rete pluviale cittadina… per l’ammissione al finanziamento relativo agli interventi infrastrutturali del completamento di programmazione del POR Puglia 2000/06 – Misura 1.1 – azione 5";

b) di "demandare ogni ulteriore adempimento previsto dalle norme vigenti in relazione al progetto e alla realizzazione dell’opera (es. pareri, atti inerenti gli espropri, ecc.) ad avvenuta eventuale comunicazione di ammissione a finanziamento da parte della Regione Puglia".

Con il secondo degli atti impugnati (nota 21 luglio 2004), il Comune di Veglie ha comunicato di avere avviato il procedimento finalizzato alla richiesta di finanziamento per la realizzazione dei predetti lavori.

Tanto precisato, appare evidente come il giudizio de quo, in quanto riferito ad una azione di annullamento degli atti aventi il contenuto innanzi precisato, esula dalla materia della espropriazione per pubblica utilità, con la conseguente inapplicabilità ad esso della disciplina prevista dall’art. 23.bis e, in particolare, della diversa previsione dei termini decadenziali per la proposizione del ricorso in appello, con conseguente rigetto della eccezione di irricevibilità per tardività avanzata dall’appellata.

Né, ai fini di una diversa valutazione dell’eccezione proposta, assume rilievo l’affermazione contenuta in sentenza (e richiamata dall’appellata), in ordine alla caducazione dei "successivi atti consequenziali", a causa del disposto annullamento dell’atto di approvazione del progetto definitivo dei lavori di adeguamento della rete pluviale; e ciò sia per la genericità dell’affermazione, sia per la già chiarita natura della controversia, sia per le considerazioni di seguito svolte sulla sentenza appellata, in relazione ai motivi di impugnazione proposti.

3. Nel merito, l’appello è fondato e deve essere, pertanto, accolto, con conseguente annullamento della sentenza impugnata.

Nondimeno, proprio la verificata natura degli atti impugnati in I grado, pone al Collegio il problema della ammissibilità del ricorso introduttivo del giudizio di I grado, con riferimento alla sussistenza dell’interesse ad agire.

Ed infatti, quanto alla nota impugnata, appare del tutto evidente la sua natura di atto endoprocedimentale di mera comunicazione, come tale non impugnabile.

Quanto alla delibera n. 107/2004 della Giunta Comunale, proprio la sua rilevata estraneità alla materia delle espropriazioni per pubblica utilità, esclude che la medesima – contenente l’approvazione del progetto di opera pubblica ai soli fini della richiesta di finanziamento – possa produrre ex se effetti lesivi nella sfera giuridica di coloro che, nelle previsioni progettuali, si vedranno destinatari di ulteriori atti ablatori, essendo una parte dell’opera pubblica collocata in un terreno di loro proprietà.

Ed infatti, appare evidente come l’interesse ad agire difetti, nel caso di specie, del requisito dell’attualità, non derivando, come si è detto, dalla delibera di Giunta Comunale n. 107/2004 alcun effetto lesivo immediato della sfera giuridica della ricorrente in I grado. L’atto in oggetto ben può costituire (eventualmente) oggetto di successiva impugnazione, unitamente agli ulteriori provvedimenti emanati ed effettivamente lesivi, ma non può esso, da solo ed immediatamente, formare oggetto di ricorso.

Orbene, mentre da tali considerazioni in punto di ammissibilità del ricorso di I grado può prescindersi per effetto dell’accoglimento dell’appello nel merito per le ragioni di seguito esposte (in disparte ogni considerazione in ordine alla rilevabilità di ufficio in appello delle cause di inammissibilità del ricorso di I grado, in mancanza di riproposizione con motivo di appello delle eccezioni respinte o non esaminate dal I giudice), nondimeno esse sono necessarie ai fini del decidere sugli ulteriori motivi di ricorso proposti in I grado, cui questo Giudice deve procedere per effetto dell’accoglimento dell’appello principale, stante la loro riproposizione da parte dell’appellata (v. pagg. 32 e 3437 memoria di costituzione).

A tali fini, e con riferimento ai soli motivi di ricorso proposti in I grado e riproposti in appello, il ricorso introduttivo del giudizio di I grado deve essere giudicato inammissibile.

4. La precisata natura degli atti impugnati consente anche di comprendere meglio l’error in iudicando della sentenza in esame, denunciato con i motivi di appello.

In buona sostanza, il primo giudice ha rilevato l’eccesso di potere per irragionevolezza ed arbitrarietà della scelta effettata dal Comune di Veglie, in ordine alla collocazione del bacino di recapito fluviale, non già attraverso un esame delle finalità che l’amministrazione intendeva proporsi per il tramite della realizzazione dello opera pubblica e della rispondenza a queste delle decisioni tecniche adottate, bensì attraverso un giudizio ex post, effettuato con riferimento a quanto effettivamente realizzato.

Con evidente inversione logica, l’inadeguatezza del progetto viene desunta, appunto ex post, dalla parziale realizzazione del medesimo (anziché ex ante, dalla verifica tecnica delle adeguatezza ai fini perseguiti delle scelte progettuali adottate), nonché da documentazione fotografica esibita dalla ricorrente in giudizio, dalla quale si desumerebbe "l’inidoneità del sito a recepire la quantità d’acqua individuata", atteso un "fenomeno di allagamento", risultate dalle fotografie.

Proprio perché la sentenza appellata ha fondato le proprie conclusioni per il tramite di fatti successivi, risulta fondato l’appello laddove lamenta, innanzi tutto un "equivoco cognitivo" da cui muove la sentenza di I grado, nonchè la opinabilità delle stesse specifiche conclusioni, poiché il I giudice non ha considerato fatti ulteriori intervenuti successivamente all’adozione dell’atto impugnato, quali la riduzione del finanziamento e l’adozione di un nuovo prezzario regionale, che ha comportato l’adeguamento in aumento delle singole voci, circostanze ambedue comportanti una riduzione dei lavori originariamente programmati.

Allo stesso modo, è fondato il motivo di appello (sub c) dell’esposizione in fatto), con il quale si lamenta il difetto di presupposti istruttori della decisione assunta in ordine alla inadeguatezza del sito, decisione basata "non sulla base di specifici elementi istruttori e/o tecnici previamente acquisiti e relativi alla parte di terreno interessato dai lavori, utili a conferire alla valutazione in parola una portata scientifica o, quanto meno attendibile, bensì sulla della mera analisi di documentazione fotografica acquisita da parte appellata".

La documentazione in esame, infatti, non può di per sé offrire alcun conforto alla valutazione della inadeguatezza delle soluzioni tecniche prescelte dall’amministrazione, potendo anzi dalla stessa pervenirsi (così come ha fatto l’appellante) anche a conclusioni di segno totalmente opposto.

Altrettanto fondato è il motivo di appello (sub d) dell’esposizione in fatto), con il quale si contestano le conclusioni cui è pervenuta la sentenza circa una omessa valutazione della proposta alternativa avanzata dai ricorrenti in I grado, e ciò sia in quanto – come affermato dall’appellante e non contestato, quanto all’esistenza della circostanza, dall’appellata – la proposta è stata, invece, vagliata con ampia considerazione delle ragioni di interesse pubblico ostative al suo accoglimento (in disparte ogni considerazione in ordine alla necessità di impugnazione di tale atto), sia in quanto essa è successiva all’atto della cui legittimità si è discusso in I grado.

Per tutte le ragioni sin qui esposte, l’appello deve esser accolto, con conseguente annullamento della sentenza impugnata.

Quanto all’esame dei motivi assorbiti in I grado e riproposti nella presente sede, conseguente all’accoglimento del ricorso in appello, si è già provveduto ad evidenziare l’inammissibilità del ricorso in I grado, nei sensi e limiti sopra esposti.

Stante la natura delle questioni trattate, sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese, diritti ed onorari del doppio grado di giudizio.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

definitivamente pronunciando sull’appello proposto dal Comune di Veglie (n. 6519/2010 r.g.), lo accoglie e, per l’effetto, annulla la sentenza impugnata.

Compensa tra le parti spese, diritti ed onorari del doppio grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *