Cass. pen., sez. V 29-10-2008 (02-10-2008), n. 40374 Falsa attestazione – In sede di istanza di partecipazione a gare per l’affidamento di lavori pubblici

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

FATTO E DIRITTO
I.P. ricorre avverso la sentenza 5.3.08 della Corte di appello di Trento con la quale è stata confermata quella del locale tribunale, in data 16.2.07, che lo ha condannato, in concorso di attenuanti generiche, alla pena – dichiarata interamente condonata – di mesi quattro di reclusione, per il reato di cui all’art. 483 c.p., consistito nell’avere, quale legale rappresentante della s.r.l.
"Beton Asfalti", falsamente attestato, nelle dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà allegate a cinque domande di partecipazione a gare per l’affidamento di lavori pubblici, che non esisteva alcuna delle cause di esclusione previste dalla legge, mentre invece ad I.A., amministratore della società nel triennio precedente e componente del c.d.a., era stata applicata, ex art. 444 c.p.p., e ss., la pena, con sentenza 16.4.03, per i reati di falsità ideologica in atto pubblico, truffa in danno di ente pubblico e corruzione attiva propria.
Con il primo motivo il ricorrente deduce violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), in relazione alla L.P. n. 26 del 1993, art. 35, comma 1, Regolamento alla L.P. n. 26 del 1993, art. 20, e art. 483 c.p., in quanto, con riferimento alle gare di appalto c.d.
"sotto soglia comunitaria" (capi C e D della rubrica), e quindi disciplinate dalle leggi provinciali della provincia autonoma di Trento, andava dichiarata, per la partecipazione alle gare di appalto, ai sensi della L. n. 26 del 1993, artt. 35 e art. 20 del relativo regolamento L.P., solo "la posizione penale degli amministratori muniti di rappresentanza per le società di capitali nonchè di direttori tecnici e degli eventuali procuratori che rappresentino l’impresa nella procedura di gara", ma poichè all’epoca delle dichiarazioni ((OMISSIS)) I.A. – come risultava dal verbale del c.d.a. della "Beton Asfalti" del (OMISSIS) – non aveva alcun potere di rappresentanza per la società (cessato dal 26.4.03, cioè dieci giorni dopo aver patteggiato la pena di cui al precedente ritenuto non dichiarato), essendo solo munito di deleghe di carattere esclusivamente interno non riferite ai rapporti contrattuali con le pubbliche amministrazioni, quindi senza la rappresentanza della società in sede di gara, affidata al solo I.P., presidente del c.d.a., e poichè per la punibilità ex art. 483 c.p. occorre la preesistenza di una norma di legge che imponga al soggetto l’obbligo di dire la verità in ordine alla diversa dichiarazione trasfusa nell’atto pubblico, poichè I. A. non possedeva il requisito previsto dalle suindicate norme di legge, i suoi precedenti penali non dovevano essere indicati nella dichiarazione sostitutiva di atto notorio.
Con il secondo motivo si deduce violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), per mancanza e/o insufficiente motivazione con riferimento alla dichiarazione resa al Comune di Trento il (OMISSIS) per la partecipazione alla gara per gli interventi stradali sulla strada provinciale n. (OMISSIS), lotto (OMISSIS) (proc. n. 1230/06, poi riunito a quello n. 138/07), avendo operato i giudici territoriali una anomala estensione della fattispecie penale, senza sufficiente argomentazione giuridica, dal momento che l’avere omesso che era stata pronunciata sentenza di condanna di I.A., passata in giudicato, per non esserne a conoscenza, non poteva essere considerato penalmente rilevante per la generica motivazione, che ampliava il concetto espresso dalla legge, secondo cui scopo della normativa provinciale era quello di evitare l’instaurazione di rapporti contrattuali tra pubblica amministrazione e società di diritto privato governate da amministratori di dubbia affidabilità morale e professionale, laddove proprio due mesi prima della dichiarazione resa al Comune di Trento il 15.12.04 il c.d.a. della società aveva ribadito che la rappresentanza della stessa in capo ad I.A. era limitata alla mera definizione della strategia aziendale di ricerca e sviluppo di nuovi mercati e alla rappresentanza del c.d.a. per la qualità, selezione dei fornitori e sviluppo delle trattative di acquisto, selezione del personale e sua formazione. Con il terzo motivo si deduce violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), per inosservanza ed erronea applicazione del D.P.R. n. 544 del 1999, art. 75, comma 1, lett. b) e c), in relazione all’art. 45, c.p., con riferimento alla dichiarazione intervenuta il (OMISSIS) (capo A) relativa alla partecipazione a gare c.d. "soprasoglia", inusuali per la "Beton Asfalti", che operava solo in ambito locale. In tale contesto, il contenuto della dichiarazione sostitutiva di atto notorio era stato il frutto di un errore di fatto in quanto il dichiarante aveva in quel periodo la convinzione che la sentenza di patteggiamento emessa il 16.4.03 a carico di I. A. non fosse divenuta irrevocabile poichè non compariva sul certificato del casellario giudiziale, quale unico documento ufficiale richiesto cui fare riferimento per conoscere e dichiarare la qualità di terzi.
Non appena avvedutasi dell’errore, la società aveva provveduto a revocare l’offerta presentata rendendo così privo di conseguenza l’errore materiale commesso, per cui andava esclusa la sussistenza dell’elemento soggettivo del reato.
Con il quarto, ed ultimo motivo, si deduce violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), per erronea applicazione del D.P.R. n. 544 del 1999, art. 75, comma 1, lett. b) e c) e D.P.R. n. 445 del 2000, art. 46, con riferimento alla dichiarazione (capo B) in cui l’imputato aveva affermato "di non essere a conoscenza del verificarsi delle situazioni di cui al D.P.R. n. 544 del 1999, art. 75, comma 1, lettere B e, C riguardo, fra gli altri, a I. A.", cioè aveva dichiarato di ignorare il passaggio in giudicato della sentenza di patteggiamento, circostanza vera poichè l’unico elemento cui la società si era potuta riferire era stato il certificato del casellario giudiziale che indicava "nulla", laddove inoltre in applicazione del citato D.P.R., art. 75 l’amministrazione richiedeva che venissero dichiarati non tutti i precedenti penali, ma solo quelli da ritenersi pregiudizievoli in quanto incidenti "sull’affidabilità morale e professionale" dei soggetti titolari o legali rappresentanti dell’impresa, anche cessati, in tal modo imponendo al dichiarante di fornire una valutazione di esclusiva spettanza invece della p.a., come tale non suscettibile di essere definita come vera o inveritiera.
Si chiedeva pertanto l’annullamento dell’impugnata sentenza.
Il ricorso è infondato.
Quanto al primo motivo, non vi è stata la lamentata violazione di legge, avendo la Corte di merito correttamente osservato che I. A., al momento delle dichiarazioni sostitutive di atto notorio, rilasciate dall’imputato il 25.6.04 (capo C) e il 12.7.04 (capo D), rivestiva la carica di vicepresidente della "Beton Asfalti" (da cui si è dimesso solo il (OMISSIS)), in virtù della quale era legittimato a sostituire il presidente in ogni affare sociale, senza limiti di delega. I.A. aveva inoltre, al momento delle dichiarazioni "incriminate", i poteri di rappresentanza conferitigli dal c.d.a. del 25.3.04, nell’ambito delle "deleghe per la definizione della strategia aziendale, ricerche e sviluppo di nuovi mercati, rappresentante del CDA per la qualità, selezione dei fornitori, sviluppo delle trattative di acquisto, selezione del personale e formazione marketing immagine aziendale, gestione dei rapporti bancali", rientrando pertanto nella previsione normativa di cui alla L.P. n. 26 del 1993, art. 35 e relativo regolamento L.P., art. 20, quale "amministratore munito di rappresentanza per le società di capitali" in ordine al quale era fatto obbligo di indicare le sentenze di condanna emesse a suo carico, tra cui devono farsi rientrare anche quelle di applicazione della pena su richiesta (Cass., sez. 5, 24 febbraio 2004, Vittoria, in C.E.D. Cass., n. 228021), nella specie quella emessa dal G.u.p. di Trento il 16.4.03 per i delitti di concorso in falsità ideologica commessa da p.u., truffa e corruzione, reati cioè che minano l’affidabilità morale e professionale di un amministratore di società".
In ordine al secondo motivo non possono che valere le superiori argomentazioni, dovendosi considerare assolutamente adeguata e logica la motivazione della Corte trentina secondo cui scopo della normativa provinciale richiamata è quello di evitare l’instaurazione di rapporti contrattuali tra p.a. e società di diritto privato governate da amministratori di dubbia affidabilità morale e professionale, dal momento che l’art. 20 del regolamento della Provincia di Trento prevede che, proprio al fine di determinare le cause di elisione di cui alla L.P. n. 26 del 1993, art. 35, comma 1, lett. c), "deve essere dichiarata la posizione penale degli amministratori muniti di rappresentanza per le società di capitali", ragion per cui, essendo I.A. depositario dei poteri di rappresentanza della "Beton Asfalti", nei termini sopra indicati, l’imputato ne avrebbe dovuto indicare l’intervenuta condanna.
In ordine al terzo motivo, concernente la ritenuta sussistenza di un errore di fatto, cui si era posto rimedio, una volta accertato, con la revoca della offerta presentata, è irrilevante l’assunto della buona fede basato sulla circostanza per cui l’ignoranza della definitività della sentenza di patteggiamento emessa nei confronti di I.A. derivava dalla omessa annotazione sul certificato del casellario giudiziale richiesto, dal momento che la dichiarazione del 30.9.03 (capo A) – come perspicuamente rilevato dalla Corte di merito – è intervenuta ben dopo il passaggio in giudicato della sentenza a carico di I.A. (3.6.03), in epoca quindi in cui la notizia era facilmente attingibile e senza che possa avere rilievo neanche la asserita completa dissociazione, dal momento che – come ancora osservato dai giudici di secondo grado in maniera logica ed esaustiva sul punto – se pure l’assemblea dei soci il (OMISSIS) aveva deliberato l’azione di responsabilità contro I.A., tale delibera non era però mai stata eseguita fino a quel momento, ma addirittura, con delib. 25 marzo 2004, I.A. era poi stato reintegrato nel c.d.a. e nominato vice presidente.
Nè può avere rilevanza, sempre ai fini di escludere l’elemento soggettivo del reato, l’intervenuta revoca della domanda di partecipazione alla gara di appalto, dal momento che il reato di cui all’art. 483 c.p. deve ritenersi integrato anche nel caso in cui quanto dichiarato possa essere altrimenti verificato dal successivo destinatario dell’atto, dal momento che in tale ipotesi deve escludersi la configurabilità del falso innocuo, atteso che l’innocuità del falso in atto pubblico non va ritenuta con riferimento all’uso che si intende fare del documento – che non è necessario ad integrare la condotta incriminata – ma solo se si esclude l’idoneità dell’atto falso ad ingannare comunque la fede pubblica (Cass., sez. 5, 30 settembre 1997, Brasola, in Cass. pen. 1999, p.856), circostanza che nella specie non ricorre.
Infine, quanto al quarto motivo di gravame, non possono che valere le precedenti osservazioni, non potendosi ritenere corrispondente al vero la dichiarazione dell’imputato, rilasciata il 6.2.04 (capo B), "di non essere a conoscenza del verificarsi delle situazioni indicate dal D.P.R. n. 544 del 1999, art. 75, comma 1, lett. b) e c) riguardo a I.A., legale rappresentante cessato", in quanto nei confronti di I.A. era già stata emessa il 16.4.03 la sentenza ex art. 444 c.p.p., e ss., (irrevocabile il 3.6.03), circostanza nota all’imputato sia per la sua posizione apicale all’interno della "Beton Asfalti", sia perchè – come del tutto logicamente evidenziato dalla Corte di appello – l’I.A. proprio a motivo di tale sentenza (e dopo soli dieci giorni dalla sua pronuncia) aveva rassegnato le dimissioni dagli incarichi direttivi ricoperti.
Obbligo dell’odierno ricorrente – secondo il dettato di cui al D.P.R. n. 544 del 1999, art. 75 – era pertanto quello di indicare, nella dichiarazione sostitutiva dell’atto notorio del 6.2.04, la sentenza con cui ad I.A. era stata applicata la pena "patteggiata" dal G.u.p. di Trento per i reati di concorso in falsità ideologica commessa da p.u., truffa e corruzione, certamente incidenti sull’affidabilità morale e professionale dell’ I.A., giudizio che peraltro non era di certo richiesto al dichiarante in sede di autocertificazione, al quale era invece imposto solo l’obbligo di riferire un "fatto", appunto l’intervenuta condanna di I.A. a pena patteggiata, spettando poi alla p.a. ogni valutazione al riguardo sull’affidabilità morale e professionale del soggetto raggiunto da siffatta pronuncia. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
La Corte, rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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