Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 18-05-2011) 01-06-2011, n. 21828 Motivi di ricorso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. La sentenza indicata in epigrafe, ha confermato la sentenza del GUP del Tribunale di Pordenone che, in seguito a rito abbreviato , ha condannato T.F., per i reati di danneggiamento e getto di cose pericolose, unificati dal vincolo della continuazione, riconosciute le diminuenti del vizio parziale di mente e del rito, alla pena di Euro 608 di multa, così convertita la pena di gg. 16 di reclusione.

1.1 Avverso tale sentenza ricorre in proprio il T., chiedendo l’annullamento della sentenza e deducendo il vizio di motivazione sub specie del travisamento dei fatti perchè la Corte di appello non avrebbe riconosciuto il vizio totale di mente pur deponendo per tale deficit la relazione medica della d.ssa L. e, più in particolare per l’assenza dell’elemento soggettivo, la perizia del dr C. che parla di comportamenti incongrui di tipo involutivo regressivo ed attribuisce agli stessi un carattere di totale compulsività, tale da impedire ogni aspetto di vontarietà dell’azione.
Motivi della decisione

2. Il ricorso non è fondato.

2.1 E’ stato inserito in forma incompiuta, nel ricorso, il giudizio tecnico di compulsività, che esclude la volontarietà dell’azione e che si manifesta in comportamenti di tipo involutivo tipicamente reiterativi, sicchè gli atti stessi del T., diventano la testimonianza dello stato morboso in atto.

2.2 Tale giudizio, che si porrebbe in conclamata contraddizione con l’affermazione contenuta in motivazione secondo la quale non emerge prova specifica che l’imputato al momento della realizzazione delle condotte criminose al medesimo contestate si trovasse in fase di effettivo scompenso psicotico conclamato, non può, pertanto, essere compiutamente apprezzato e valutato, da questa Corte, che non è stata posta in grado di prenderne autonoma cognizione, essendosi il ricorrente limitato a riportare brani, neanche completi, nel testo dell’atto di impugnazione, della perizia e della testimonianza del perito.

2.3 Il ricorso, pertanto, non è conforme al principio di autosufficienza del ricorso che, elaborato dalle Sezioni civili di questa Corte di legittimità sulla base della formulazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, deve essere recepito ed applicato anche in sede penale alla stregua della nuova formulazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), a seguito delle modifiche apportate dalla L. n. 46 del 2006, per cui il ricorso può essere valutato solo allorchè alla Corte di legittimità sia consentito di avere adeguata contezza, senza necessità di utilizzare atti diversi dal ricorso medesimo, della materia ad essa devoluta e del contenuto delle deduzioni svolte, con l’inserimento integrale, nel testo del ricorso, dell’atto richiamato ovvero con l’allegazione dello stesso. Sez. 1, Sentenza n. 20344 del 2006 Sez. 1, Sentenza n. 16706 del 2008 – Sez. 4, Sentenza n. 37982 del 2008. 2.4 Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato.

3. Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che rigetta il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *